Lo Stato Moderno - anno VI - n.3 - 5 febbraio 1949

64 LO STATO MODERNO 1928-31 preso come periodo di equilibrio, è aumentato da 1 a 32 nei rispetti del 1928, da 1 a 33,6 nei rispelli del 1930, e in misura intermedia nei rispetti del 1929 e 1931. Il cambio era allora a 19, come nel 1938; e quindi è au– mentalo in misura inferiore. Questo ragionamento non è completo se non si con– sidera. ancora che anche nel 1928 la lira era alquanto so– pravalutata in causa della drastica rivalutazione attuata nella seconda metà del 1927; e l'andamento del rapporto fra i livelli dei prezzi italiani e statunitensi di allora lo conferma perchè, con un cambio stabile (anzi in lieve rialzo, da 19,02 a 19,17), tale rapporto è andato declinan– do da 3,67 nel 1928 a 3,55 nel 1929 e a 3,50 nel 1930. Si può quindi riassumere così: sulla base dell'equi– librio del 1929-30 il cambio dovrebbe essere aumentato da 1 a 33 anzichè da 1 a 30; e sulla base della parità teo– rica dei poteri di acquisto nel 1938 dovrebbe essere au– mentato da 1 a 27,5 anzichè da 1 a 25,5. L'ipotetico cam– bio di equilibrio odierno dovrebbe essere del 10% più elevato del cambio attuale. Le prudenti riserve con cui vanno accolti i risultati cui si perviene con indagini di questo tipo restano in parte sopravanzate dalla constatazione che, utilizzando l'indice dei prezzi all'ingrosso della Camera di Commer– cio di Milano anzichè l'indice dell'Istat da noi utilizzato, il risultato raggiunto risulterebbe ancor più accentuato. La risposta alla nostra prima domanda risulterebbe quindi negativa: il cambio attuale del dollaro sopravalu: terebbe la nostra moneta. 4. - Per rispondere alla seconda domanda, bisogna fari:, due ordini di considerazioni. Il primo concerne le modificazioni di produttività che dovrebbero essersi ve– rificate in Italia e negli Stati Uniti, e per le quali dob– biamo rimetterci in buona misura ai suggerimenti del buon senso. Questo ci dke che è da presumere, a pre– scindere dai dati di fatto noti concernenti singoli settori di attività, che la produttività in Italia si sia ridotta com– parativamente alla produttività negli Stati Uniti. Non in– tendiamo con ciò riferirci solo alle manifestazioni con– tingenti derivanti dalla guerr,a. Intendiamo riferirci so– prattutto alle durature possibilità della produzione quan– do le conseguenze immediate della guerra saranno supe– rate. Allora emergerà tutto il progresso tecnico acquisi– to dag1i Stati Uniti da un lato, e tutto il peso dell'esube– ranza della mano d'opera in Italia dall'altro. E questo di– scorso vale non solo per l'industria; vale anche per l'a– gricoltura, campo in cui la nostra produttività è dimi– nuita e potrà risollevarsi solo lentamente, mentre negli Stati Uniti è notevolmente aumentata. Il distacco tecnico già esistente nell'anteguerra, beo. lungi dal ridursi, è au– mentato e andrà aumentando. Preme in questo senso l'e– suberanza di mano d'opera, attraverso le scarse possibi– lità di formazione del risparmio e l'alto prezzo del ri– sparmio esistente, e quindi attraverso la comparativa maggior convenienza ad occupare mano d'opera anzich~ a potenziare gli impianti. La politica degli alti salari, sia industriali che agricoli, perseguita dalla C.G.I.L., dovreb– be bensì agire nel senso di ripristinare la convenienzà degli investimenti. in beni-capitali, cioè in impianti; ma questa politica non può essere spinta troppo oltre, per– chè inciderebbe sulla disoccupazione e creerebbe un di– vario str.idente fra proletari e privilegiati > (quelli occu– pati) e proletari é: disel'edati > (quelli disoccupati); e per– chè l'esigenza •di contenere la disoccupazione impone la politica cfe1 blocco dei licenziamenti. Il blocco (di fatto) da un lato non può non contrastare con l'effettiva perse– guibilità di una politica di alti salari - la produzione non è il pozzo di San Patruzio -; e dall'altro impedisce alle direzioni delle imprese di poter volgersi comparati– Tamente verso nuove attrezzature anzichè verso la man9 d'opera. Inoltre i nuov'i investimenti vengono in larga misura manovrati ,dallo Stato e diretti verso attività e set– tori e e metodi > produttivi scelti in base al criterio de.Ila loro idoneità ad assorbire in modo diretto ed immediato .-uanta più mano d'opera è possibile piuttosto che in base al criterio della produttività economica. Questi orie'nta– menti e questi e metodi > non spingono evidentemente nel senso del progresso tecnico. Questa prima considerazione porta alla conclusione che il rapporto ili anteguerra fra il livello dei nostri prez– zi e il· livello dei prezzi statunitensi non può essere il rapporto e di equilibrio> per il dopoguerra. Il progresso tecnico conseguito dagli Stati Uniti, comparativamente mnggiore del nostro, volge la ragione di scambio contro di noi, cioè determina un peggioramento del tasso di cambio. E' importante rammentare che questo fenomeno si è gta registrato in conseguenza della prima guerra mon– diale. Il rapporto fra il livello dei prezzi nostri e statuni– tC'llsi, rapportalo all'indice del cambio effettivo, da 100 nel 1913 e 98,5 nel 1914 è sceso a una media di 89,5 n.el sesstnnio 1921-26. Nel 1927, con tale rapporto a 102,7 si è nel pieno della crisi di sopravalutazione. Nel 1928, con il rapporto a 101, la crisi perdura, flnchè nel 1930 il rap– porto regredisce a 9Ci,2. Lo sviluppo dopo il 1927 è elo– quente, e mostra che sarebbe infondato ascrivere il basso livello del rapporto fra il 1921 e il 1926 solo a una sotto– valutazione della nostra moneta determinatasi come ri– flesso del deprezzamento monetario interno. Fra la fine del 1920 e la fine del 1923 la circolazion è scesa da 22,7 a 20,4 miliardi, e il livello dei prezzi interni si è mante– nuto stabile; ma in questo triennio il nostro rapportn segna 91,5. Nel triennio successivo il deprezzamento mo– netario interno, poi -riassorhito troppo violentemente, ha bensì dato origine ai consueti fenomeni della con.trazione delle riserve liquide e dell'aumento dei prezzi e della do– manda di valute estere con più che proporzionato deprez– zamento del cambio, ma il rapporto scende a 87,6. L'equi– librio raggiunto nel 1921-23 e per contro lo squilibrio del 1927-28 palesano che il peggioramento della ragione di scambio era ti'n dato di fatto persistente e n.on un feno– meno monetario. In questo dopoguerra i'l peggioramento della ragione di scambio dovrebbe essere ancora più marcato, in cau– sa delle conseguenze -della guerra enormemente maggiori, per la nostra economia, di quelle della guerra scorsa. E' bensi vero che l'E.R.P. ha - da questo angolo visuale - appunto la funzione di ovviare a queste conseguenze, ma può ovviare a quanto vi è in esse di contingente, legato agli immediati danni di guerra con le relative conseguen– .ze suìla immediata capacità produttiva ,della nazione, e non a quanto vi è in esse di durevole. L'E.R.P. non. è un vantaggio nei confronti di venti anni fa. Il suo program– ma tende, in fondo, ad attuare quanto pervenne a con– seguire - e potè pervenirvi da sola - l'economia euro– pea nell'altro dopoguerra. Oggi, purtroppo, occorre l'E. R.P.; e il risultato è più dubbio. 5. - La seconda considerazione da farsi concerne le partite invisibili della bilancia dei pagamenti. Un accre– sciuto saldo attivo consente al 'livello dei prezzi interni d sostenersi rispetto al livello dei prezzi esteri, a parità di cambio, o consente al cambio di migliorare a parità di livello di prezzi: in ambo i casi, la ragione interna– zionale di scambio migliora. Perciò, supposto immutato il cambio del dollaro a 575, il rapporto dianzi considera– to fra i livelli dei prezzi interni e dei prezzi statunitensi pot-rebbe salire oltre il rapporto di aumento del cambio qualora il saldo della bilancia dei pagamenti miglioras– se nei confronti dei 1938 e del 1928-31. Anche su questo argomento si possono solo azzarda– re congetture su un tenue filo di buona logica. Nel 1952 la nostra flotta dovrebbe essere tornata al tonnellaggio di anteguerra: questo al~eno è il programma, ma ci pare dubbia la sua attuazione. Gli sviluppi dell'emigrazione sembrano favorevoli, ma si tratta finora soprattutto di emigrazione temporanea, che presenta un notevole mar– gine di saturazione; gli sviluppi futuri non sono preve– dibili su scala troppo favor-evole, perchè, fra l'altro, non _ dipendono neppure solo dalla comprensione altrui (com– prensione sulla quale si può fare discreto assegnamento). Gli sviluppi del turismo non sono brillanti e non: saranno

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