Lo Stato Moderno - anno VI - n.3 - 5 febbraio 1949

LO STATO ~ODERNO 63 «Celere». La Camera del Lavoro ha cercato di favo– rirli attraverso gli spacci cooperativi, che hanno cedu– to ad essi dei generi a credito ; ed ha tentato anche di mobilitare in loro favore i contadini delle· campagne: i quali però si sono limitati a delle offerte che sono state poco più che simboliche. Perdurando la. situazione, aumenta il disagio ed il malcontento degli operai che hanno perso il posto e di 'quelli delle altre aziende metalmeccaniche che te– mono analoghe rappresaglie alla loro « non collabora– zione». Tanto che la Camera del Lavoro ha dovuto da– re ordine a ·questi ultimi di sospendere questa loro for– ma di protesta, anche dove era applicata in una forma molto blanda. I sindacati liberi hanno preso l'iniziativa per promuovere fra gli operai un «referendum» sulla < non collaborazione». La Camera del Lavoro sarebbe stata disposta· ad aderire alla iniziativa purchè il « re- ' ferendum » fosse attuato per alzata di mano: e non ne ha voluto sapere di procedere con scrutini segreti. I dirigenti delle cooperative, peraltro, ormai espo– ste per forti cifre, non intendono fare più credito agli ex dipendenti della « Waldevit ». Questi perciò si agi– tano. La Camera del Lavoro ha pagato ad essi dei sus– sidi sotto forma di «acconti». _Ma, col passare dei giorni, la situazione sta diventando insostenibile. La direzione della Waldevit intanto continua a li– mitare le assunzioni dei disoccupati, perchè aspetta. fi– duciosa il t-itorno dei « figli prodighi». Soltanto di quel– li che sono stati traviati: non degli elementi più fana– tici che, insieme a.I loro capo del sindacato, sono i veri responsabili di questa vertenza che sta compromettendo il prestigio dei « sindacati rossi» nella cittadella emi– liana del partito comunista. ERNESTO BASSANELLI LA PARITA LIRA - DOLLARO 1. - Fino a un paio di mesi fa la nostra stampa quo– tidiana è andata ripetendo come un ritornello che i no– ·stri costi di produzione sono eccessivi rispetto ai costi esteri. Le statistiche del commercio estero, aggiornale, ha~no poi posto in evidenza il largo quantum è.i falsità racchiuso in tali affermazioni. (E meriterebbe conto dav– vero di soffermarsi su questa stampa e sulla sciocca sol– lecitudine con la quale conclama come uragani nazionali ogni stormir di fronda della opaca foresta capitalistica.) Ma sono stati segnalati anche casi precisi, per tipiche in– dustrie nazionali « di esportazione>, tali da indurre a ritenere che qualcosa di vero ci dovrebbe pur essere. E questo sospetto aumenta leggendo che i nostri costi sa– rebbero superiori non solo nel settore industriale, ma an– che nel campo agricolo. Ora, è pacifico che quando una situazione siffatta si riscontra diffusamente e anche per prodolli in cui in passato si sopportavano comparativa– mente (nel senso ricardiano) i minori costi - per cui rientravano fra i nostri tipici prodotti di esportazione - non è più corretto parlare di costi, perchè il discorso de– ve spostarsi su altro piano: il piano della valutazione in– ternazionale della moneta. Se tali affermazioni, sia pure in parte, sono vere, segno è che la lira, ai cambi odierni, è , sopravalutala>. 2. - Azzardarsi sul terreno di quella che è, o che dovrebbe essere in una ipotetiea < situazione rii equili– brio>, la valutazione odierna di una moneta è impresa quasi disperata. Quali infatti i criteri da applicare a mo– nete puntellate dai granls e dai loa11s ad un. livello che è in funzione di ipotetici sviluppi futuri quadriennali ad– ducenti ad un allrellanto ipotetico traguardo finale? Per dare una base all'indagine, cominciamo col par– tire dalla premessa che l'equilibrio monetario mondiale - o meglio, del mondo < occidentale > e delle sue appen– dici politiche ed economiche - sia oggi un derivato del– l'equilibrio monetario statunitense: che non più l'oro, ma il dollaro sia la misura internazionale dei valori.· Questa premessa è valida solo fino ad un certo punto. Ma per ._ora accettiamola. €onsegue da questa impostazione che, supposta la stabilità del cambio del dollaro (quello attuale o altro <:ambio), la polilica monetaria nostra, interna, deve es– sere una conseguenza della politica monetaria statuniten– se, e cioè: il nostro sistema di prezzi deve muoversi in armonia col sistema di prezzi statunitensi. Se questo mu– tasse, dovrebbe mutare pure il nostro; ma, a prescindere da questa eventualità di mutamenti futuri, rimane il fat– to pregiudiziale che il nostro attuale livello di prezzi de– ve essere in armonia col sistema di prezzi statunitense: e livellato > sui prezzi statunitensi. Ma livellato su che base? I granls e i loa11s con.sentono - e, data la loro fina– lità, impongono - rii parlare « come se > oggi la nostra bilancia dei pagamenti fosse capace di sostenersi da sè. Lo scopo dei granls e dei loa11s però è appunto di con– durre in un quadriennio o poco più a trnsformm·e 011<'– sta finzione in realtà. E allora la domanda da porsi è la seguen.le : il cambio alluale del dollaro, perdurando im– mutato, quale parità monetaria della lira, è· tale da Doler consentire la realizzazione di tale obbiettivo? Cioè anco– ra: col dollaro a 575, si potrà ricondurre la nostra bilan– cia dei pagamenti in pareggio senza che si debba verifi– care, perchè ciò possa avvenire, una deflazione all'inter– no? (Lasciamo fuori questione l'ipotesi opposta; che non dipende da noi abbia a doversi verificare). In altre paro– le: lo sviluppo produttivo necessario per l'attuazione del– lo scopo dell'E.R.P. non potrebbe trovarsi ad uri.are con– tro una polilica deflatoria compressiva degli stimoli e delle possibilità dello sviluppo medesimo? E se il lasso di cambio attuale fosse pur tale da preservare la parità dei poteri di acquisto delle due monete nell'anteguerra, tale «livellamento> sarebbe idoneo a consentire entro tre anni o poco più il pareggio della nostra bilancia dei conti con l'estero? La questione è condotta perciò a questi due punti: 1) l'attuale cambio del dollaro a 575 lire preserva la pa– rità dei poteri di acquisto di anteguerra? 2) taJe preser– vamento può essere un obbiettivo da perseguire o, piulto• sto, non sarebbe invece tale da sopravalutare la nostra moneta? 3. - Cominciamo col vedere il primo punto. Fra il 1938 (media annua) e la fine del 1948 il rapporto fra gli indici dei prezzi all'ingrosso in Italia e negli Stati Uniti è salito da 1 a 27,5. Il rapporto di cambio fra le due mo– nete è aumentato a 30 -volte. Apparentemente, il cambio attuale sottovaluta la lira. Il rapporto dì cambio del 1938 però (dollaro a 19) non corrispondeva al rapporto fra i poteri di acquisto delle due monete. La lira, dopo la svalutazione dell'otto– bre 1936, si era andata di nuovo rapidamente deprezzan– do sia all'interno sia di fronte all'estero: la parità lira– dollaro esistente nel 1928-30 si era ripristinata nel 1937, ma già più non sussisteva nel 1938. In quest'anno la pari– tà lira-dollaro risultante dal rapporto fra i li\'elli dei prezzi in Italia e negli Stati Uniti risultav-.i eguale a 22,5 anzichè a 19. Assumendo questo rapporto di 22,5 come indicativo del e cambio di equilibrio> del 1938, l'attuale cambio a 575 rappresentereblie. un aumento· da 1 a 25,5 cioè sarebbe tale da sopravalutare la lira. , Estendenèlo ulteriormente nel tempo l'indagine, que– sto risultato viene confermato. Il rapporto fra i1 livello dei prezzi in Italia e negli Stati Uniti, riferito al periodo I

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