Lo Stato Moderno - anno VI - n.3 - 5 febbraio 1949

LO STATO MODERNO 51 dottrina, sovrastruttura solo col .fascismo. E allora la co– scienza storiografica potrà approfon.dirsi in tutto il cor– so eéolare del tr:tvaglio italiàno. 1 " · Il fascismo ;iffonda dunque le radici in questo seco– lare, 'fondamentale, sostanziale corporativismo. E non è un caso che la Chiesa, organismo tradizionalmente sele– zionato, e capace di assimilare nei suoi quadri elementi di tutti gli strati socia.Ji - dalla nobiltà alla borghesia ai contadini - imposti anzitutto la sua politica di ricon– quista e di rivincita con l'Azione Cattolica, milizia laica, che, come l'ordine ·dei gesuiti riconquistò terreno .alla Chiesa o la difese nell'età delle mònarchie assolute na– zionali, agisce nel-l'età della democrazia, con una certa concretezza sociale che facilmente batte la mentalità il– luministica, propria di ogni moto di emancipazione ai suoi inizi. Così accadde che proprio in Italia si riorganizzò la nuova ondata della conlrorifoi,ma. In Italia risorse il to– mismo, a Napoli e a Roma, negli ambienti del legittimi– smo cattolico, della rivendicazione teocratica sullo Sta– to, che poi si organizzarono intorno a La Civiltà Cattoli– ca. Se il tomismo si sviluppò in ·parie fuori d'Italia, ciò si dovette al predominio negli studi fll'osoflci italiani del– le correnti umanistiche che avevano influenzato gli stes– si cattolici, spingendoli verso zone ereticali durante il risorgimento. Ma tutta l'azione internazionale di controri– forma filosofica e sociale parte dall'Italia, dove si rior– ganizzano intorno alla Chiesa tutte le forze antiliberali, antidemocratiche, antisocialiste, che avevano trovato nel Sillabo un'espressione teorica dei moderni errori. Tutta l'azione internazionale del Papato è guidala dall'unica classe politica esistente in Italia. L'esperienza del partito popolare o cattolico di don Sturzo ha dietro di se tutti questi preceden.ti ; ed anzitut– to la sociologia cristiana corporativista e il confusionismo cattolico-liberale della dèmocrazia cristiana di Romolo Murri, del modernismo, dei moderati. Cominciò allora la politica, su linee apparentemente parallele ma in realtà divergenti, dei cattolici italiani. Dopo il '70 i clericali usarono persino i dialctli nella loro lotta contro la mo– narchia liberale. Era la ,politica del popolo contro la bor– ghesia, la crociata del cardinale Ruffo. Politica reaziona· ria nel pensiero e rivoluzionaria ne-Ila pratica. La borghe– sia e la monarchia vinsero la partita, per il momento; ma l'organismo clericale riempiva di se la forma vuota del nuovG ·Stato unitario: organizzando le masse evocate dal– !~ democrazia liberale e dalla tecnica moderna, imponeva il suo ricatto. La borghesia capitolò dinanzi ai sette punti dell'U– nione Elettorale Cattolica guidata nel 1913 dal conte Vin– f'cn ro Ottolino Gentiloni. Fu una capitolazione ;,ostanzia– le. (':Ire alla rinuncia alla tradizione laica (rinuncia as– sotutn al. divorzio., ammissione delle scuole confessional:. insegnamento religioso nelle scuole elementari comunali), b borghesia accordò la pariteticità ai -cattolici nei su– ,irerni Con.sigli dello Stato e nelle organizzazioni econo– miche e sociali. Le leve di comando dello Stato, dell'eco– nomia nuova cadevano in mano dei clericali. Era la ri– ,·rnrita del corporativismo sul tentativo liberale di Ca– vour e di Sella. L'insistenza di Gobetti sul liberismo in fnnz10ne liberale, e perciò anche sul liberismo del prole– tariato in funzione comunista, nasconde la coscienza del– la soffocante realtà della conservazione corporativa. Sarà il •SaJvemini a svelare il fondo corporativo del riformi– smo socialista - la collusione operai-industriali del Nord a svantaggio dei contadini analfabeti de-I Sud - prose– guendo su una pista aperta -dai critici (destra storica e liberali-radicali) del liberalismo tradizionale italiano. Don Sturzo vuole la riforma dello Stato in senso cor– porativo e combatte il fascismo, associa conservatorismo e migliolismo. Il partito popolare al congresso di Bolo– gna respingé il classismo nella sostanza, conservandolo solo n'ell'etichetta, ed inaugura la ,prassi corporativista. La 'rivolta socialistoide ,del· dopoguerra rappresenta una t1pica crisi italiana che ricorda il 1796-99 e il 1848-49. La rivolta si trasforma in colpo di stato. La piccola. bor– ghesia fu allora l'ago della bilancia e fornì i quadri del– la manovra delle classi corporativiste. Il classismo fu frantumato; l'unità sindacale 'concluse nel patto di Pa– lazzo Vidoni, per cui il fascismo riconosceva solo i sin– dacati governativi. La prima grossa scissione era staia provocata dai quadri dei sindacali bianchi. Don Sturzo a un certo momento polemizzò con l'ala del partito popolare che sosteneva il governo fascista - e che egli stesso chiamava clericalfasclsta - ma in fondo ciò era nella dialettica sociale, nella logica ,politica: Stur– zo stesso ne aveva costruito le premesse. Il cle·ricalfasci– smo era in fondo un fenomeno molto più ampio di quan– to il prete siciliano non sospettasse. Ma già il Vaticano aveva sconfessato e disperso il partito popolare. Il fasci– smo si spingeva' oltre nella controrivoiuzion.e, dava un. affi<lamento maggiore perchè non aveva più un equivoco liberale o socialista o comunque radicale nel suo· seno (la tendenzialità repubblicana er:i <lurata appena qualche giorno, prima del colpo di stato). Ormai il partito popo– lare, colle sue masse, diventava pericoloso. La prassi cor– porativa poteva avanzare solo con una direzione piccolo·- · borghese, immettendo un nuovo strato sociale nella vita del paese. L'esperienza corporativa di Mussolini giunse al col– mo quando, dopo la guérra d'Etiopia, burocrazia e capi– talismo si fusero in un unica classe egemone. Stato e Chie– sa si erano ormai confusi. Se ci fu dissidio fra il ditta– tore e il papa, che portò ad affermazioni ora laiche ora teocratiche, la realtà dominante fu la confusione dei po– teri specie alla periferia, alla base, fra il' PO])Olo.Vescovi ·e federali furono tutt'una; soltanto quando l'azione catto– lica s'immischiò nell'affare Lauro De Bosis, tentando le– gare a se la monarchia e il popolo scavalcando il partito fascista, sorse un nuovo conflitto. Il tono di quella ·col– laborazione, e di quella confusione, è incarnato nell'alta– lena della dialettica missiroliana. Caduto il fascismo, la vecchia alleanza clÙico-bor– ghese ereditò tutto. E l'usurpazione dericale continua perchè nulla è mutato: perchè il grosso della borghesia è ancora alleato col clero, IJ)erchè .J'intelligenza laica di centro sinistra non. conta socialmente nulla, mentre la coalizione internazionale antisocialista domina ancora il Pae·se. Mussolini poteva ancora contrastare le pretese teo– cratiche di Pio XI sull'e-ducazione della gioventù, e ma• gari arrestar-le, per convinzione; De Gasperi non lo fa più nemmeno per opportunità. E' il trionfo maggiore dei 'Ge– suiti. In Italia riforma, umanesimo e rivoluzione liberale sono battuti. Soltanto oggi acquista chiarezza questa real– tà storica e sociale. Podrecca stampava, 'Ilei '13 su l'Asino, una caricatu– ra di Gabriele Galantara in cui i preti, dopo aver ottenu– to la firma di tutti i monarchici, impongono l'abdicazio– ne a Vittorio Emanuele III: « Il re non sono io, ma è Pio>. Mentre De Gasperi celebra il ventennale della Con– ciliazione, senza alcuna amarezza si può pensare che Mus– solini, fortuna volendo, avrebbe potuto farlo ancora me– glio; e che la ·bor-ghesia ha in fondo ereditato la parte di Vittorio Emanuele III: i padroni sono i preti. • La visita di De Gasperi al Pontefice segna l'estremo limite dell'usurpazione clericale. Ma, se è vero che solo dalla coscienza storica nasce una coscienia politica in un popolo o in una classe, nulla è ancora perduto. ENZO SANTARELLI "' .. ' ,

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