Lo Stato Moderno - anno V - n.7 - 5-15 aprile 1948

168 LO .STATO MODERNO Bastian Il convegno milanese del 4 aprile per la « terza for– za> ha costituito il punto d'incontro fra quattro correnti: la « repubblicana storica», il gruppo dei « liberali di si· nistra >, le due socialiste, di « Unità socialista» e di « Critica sociale», queste ultime predominanti. Assisten– dovi, mi sono convinto che la « terza forza » è, così con– cepità, un'utopia. A parole, il liberal-laburismo di Caran– dini, è molto prossimo al marxismo professorale di Mon– dolfo, e le dichiarazioni antistataliste e antipianificatrici di Ernesto Rossi, possono conciliarsi benissimo col vacuo economico del P.RI . Ma quando i saragatiani avranno rimesso ali e penne, chi li terrà legati? E come assicurar– ci contro un rigurgito crociano dei nuovi liberali? Dire ai nostri amici repubblicani di rinunciare all'elmo di Scipio di Facchinetti e alla barba di Mazzini, adottando esclusivamente il positivismo di Cattaneo, è suscitare un vespaio. Non parliamo dei buoni anarchici, che hanno af· fisso un manifesto contro i « ludi elettorali>. Il mio vec– chio chiodo che, senza un partito radicale moderno, dot– trinalmente basato su Cavour, Cattaneo e Giolitti, faremo ballare quattro noci in un sacco, è più vivo che mai, dopo il convegno di Milano. Ostinarsi a mettere insieme gente · di div~rsa formazione mentale e culturale, di origini e tradizioni contrastanti, che di comune hanno solo una aspirazione laica e vagamente umanitaria, gli uni senza il senso dello Stato e gli altri senza quello della buona amministrazione, è impresa che può attrarre lo spirito paradossale dell'amico Paggi. Per me. non ci sto. Con tutto il rispetto che posso avere per Blum (grazie allo Stendhal d le 1:1,eylisme al Du mari.age, ma non certo per la sua politica) conosco troppo bene i socialisti, per non attenderli al ponte dell'asino del bilarrcio. E quando Carandini pensa alla Federazione europea, ha ragione; però, io non ci credo. Salvemini mi mancia un suo sfogo del dicembre scor– so, che è pieno di cose giuste e gustose. Ma egli è conge– nialmente pessimista, e pigliò Giolitti pel « ministro della malavita», in un accesso di mazzinianesimo pugliese. Noi piemontesi siamo più freddi, e neppur lo jettatore Salan– dra ci ha mai impressionato. Facciamo la politica au jour le jÒur, divertendoci dello spiritaccio demagogico di un Brofferio, delle caricature del Pasq1cino, e coglionando il filosofo Gioberti precursore di quello di Pescasse.roli. A cura di Giovanni Ansaldo, che col suo editore Leo Longanesi, della vecchia Italia scostumata è intenditore sopraffino, è uscita un'antologia di Cesare Cantù, che si intitola Il cim4tero dell'O,ttocertto, Legga (o meglio rileg– ga, chè certo lo conosce) Salvemini il capitolo su Cavour., intriso di fiele, e troverà schedati i vizi che noi conside– riamo virtù, e su cui vorremmo proprio fondare il neo– partito radicale, ossia un piccolo partito borghese (demo· craticamente aphto) e laicissimo, spregiudicato in econo– mia, parlamentare sino all'osso, repubblicano senza decla– mazioni, che avrebbe per ideale primo il pareggio del bi– lancio, e la riforma dell'amministrazione pubblica. Di po– litica estera non c'interesseremmo. e col nostro Cattaneo ci studieremmo d'imitar la neutralità della Svizzera, con qualche maggior licenza in fatto di costumi, data l'indole meridionale degli abitanti. Sono purtroppo sogni, come quelli che facevamo da svegli in tempo di guerra. Io non so perchè, per esempio, • contrario vagheggiavo il giorno in cui il giornale «Luce> mi avrel>– be permesso - cosa piuttosto ridicola al cinematografo - di applaudire Churchill, che mi è sempre stato così simpatico; e quando il sogno si avverò, nella sala non ci furono che fischi, giacchè i gaglioffi del fronte po– polare concepivano Churchill, l'uomo senza il quale sa- I rebbero a marcire nei" campi di concentramento nazifa– scisti, come un « conservatore » nemico, che voleva to– glier loro il merito d'aver vinta la guerra con l'ANPL Immaginatevi quindi quale fiducia si possa avere nella costituzione di un serio Partito Radicale, in un paese siffatto! Pensate che mi tocca indignarmi per l'affare Alvaro, sebbene dopo Gen.le in Aspro11V0'1tte, non abbia letto nulla di ragguardevole uscitogli dalla penna, lo sappia premiato e pubblicato in tempo fascista, e via dicendo. Ma il mio diavoletto liberale è saltato fuori nella faccenda Alvaro– COMiere, perchè se cominciamo a discriminare gl'iscritti al Fronte o all'Antifronte, alla Alleanza moscovita o alla Santa Alleanza, la libertà di stampa e di pensiero è fini– ta, e possiamo -chiamare a gran voce il defunto (credo) Polverelli affinchè ci metta il giogo. Ho degli amici in tutti i partiti, e nessuna intenzione di schedarli, o di pren– der delle precauzioni quando voglio scrivere loro, parlare o telefonare. I più neri clericali e i più verdi mangiapreti stanno a fianco a fianco negli scaffali della mia libreria e si fanno ottima compagnia, giacchè siamo gente civile e letterata, che lascia le scomuniche e gl'interdetti ai gazzet– tieri da dozzina tipo Goebbels, o ai birri. La mentalità di certi buffoncelli che si credono umoristi, è la stessa che nel 1919, a suon di quattrini dell'industria pesante (e che continua, grazie all'IRI, a pesar sulle nostre tasche di contribuenti), ci fabbricò il fascismo, il quale avrebbe po· tuto, se preso in tempo, abortire farsescamente, come il dannunzianesimo di Sem Benelli, o le manovre del gene• raie Azzi. Per chi dunque, levandoci da letto la mattina del 18 aprile, andremo a votare? Per conto mio, la scelta è fatta. Tra l'economia socialista e la mia testa, c'è la stessa in– compatibilità che tra la filosofia e l'estetica di Benedetto Croce e la mia critica. Rien à faire. I clericali sono gente soavissima se penso all'amico Trompeo; ma ho da ra· gazzo passato troppe ore sulla Ro·me di Zola, e sono come quel personaggio che alla sera guardava sotto il ·tetto per veder se c'era nascosto un gesuita. Il guazzabuglio qualunquista nittiano, dietro a cui si profila il forcajolismo di Lucifero, è l'ill}.IT1aginedi una donna a tre gambe, che piacerà al paese di De Caro, m_a non al mio, dove, tutt'al più, abbiamo l'ideale di quel li– bertino del Seicento che così si esprimeva: Passer l(/J n11it e?lire deux cuisses Et tout le j•our entt'e deicx vin.s. Se Giannini-Pasquariello fosse solo, potrei forse lasciar– mi traviare dalla mia passione pel teatro napoletano (ma no, deve pur espiare il salvataggio dei fascisti nel 1945!). Se Nitti fosse solo, il pensiero del bilancio, caccerebbe probabilmente quello della sua razza meridionale. Lucife– ro, agente crociano, nè solo nè in compagnia, mi si_addice: E allora, il Fronte? Ahimè, altre dolenti note. Nenni

RkJQdWJsaXNoZXIy