Lo Stato Moderno - anno V - n.7 - 5-15 aprile 1948

60 LO STATO MODERNO s ituzionale e che traducano in atto le molte postulazioni di carat– tere sociale in essa contenute, ma con affermazioni meramente di orincipio; sono da concretare tutte quelle sostanziali e innovatrici tiforme capaci di realmente costituire nel nostro Paese uno Stato moderno e democratico degno di questo nome. Ora se, in sede parlamentare, la e terza forza > non vorrà scre– ditarsi e limitarsi a discutere i disegni di legge sottoposti àlle Ca– mere dal Governo, bensì esercitare attivamente il potere d'inizia– tiva legislativa, è ovvia la necessità di stretta, e stavo per dire continuativa, collaborazione dei gruppi parlamentari. E poichè è notorio che questi ultimi sara11110oberati da un imponente e forse eccessivo lavoro, uno dei più realizzatori primi passi per la costi– tuzione di uno schieramento di e terza forza>, dovrebbe essere la creazione di un organo tecnico - lo si chiami come si vuole - del quale facciano parte esponenti ed esperti di tutti i partiti, correnti e movimenti della e terza forza>. Suo compito dev'essere quello di prestare valida consulenza sui progetti legislativi - com– presi quelli altrui -, e suggerire ai gtuppi parlamentari temi e tesi per l'efficace esercizio della propria iniziativa. Di fronte alla demagogia e alla inconcludenza legislativa di altri partiti, la e ter– za forza> - per autorità di intelligenza, di competenza, di sen– sibilità :_ dovrà essere in grado di indicare le soluzioni più 'pra– tiche, più realistiche, più costruttive, più autenticamente demo- \ cratiche, più concretamente aperte alle realizzazioni sociali. Il che sarà naturalmente arra per i successi futuri. Infine proprio la e terza forza> dovrà rimettere in auge un par– ticolare aspetto dell'attività parlamentare che sembra sia caduto in oblio: e cioè il pubblico controllo sull'amministrazione. E' un pro– blema di t,:.cnica ed è un problema di costume. - on possiamo tol– .crare che i Ministeri e i pubblici uffici siano coperti da ermetiche cappe che troppe volte celano l'inefficienza, lo sperpero, il disor– dine, quando non addirittura connivenze politiche. Il popolo ha da sapere come funziona la macchina che per lui è creata; il con– tribuente ha diritto di conoscere come vengono impiegati i mezzi che egli fornisce; il cittadino deye poter accertare quale uso - chè ha da essere costruttivo uso - si faccia dei prestiti esteri o degli aiuti cl•'!'E.R.P. Analogo discorso - necessità di un intimo affiatamento politico; di un comune inquadramento programmatico; di una valida con– sulenza tecnica - va fatto per l'altro presumibile campo di atti– vità della e terza forza>: l'opera di governo. Le possibilità d'a- 1ione in questo campo non si possono precisare oggi nè porre in tnodo astratto: dipendono da una molteplicità di fattori, primo di tutti il s~ccesso· elettorale dei partiti ed uomini che attualmente rappresentano la e terza forza > ; e può sempre darsi che, in certe condizioni, a una paralizzatrice partecipazione al governo in con– dizioni d'assoluta inferiorità, convenga sostituire wia costruttiva e rnmbattiva 01,posizione, che esplichi, in senso autenticamente demo– cratico, funzione di critica politica. Ma se al governo gli uomini della e terza forza> dovranno restare, dovranno adempiere a quei t'ompiti c!i. propulsione e di controllo nelradempimento del pro– gramma governativo che abbiamo prospettato per l'attività parla– mentare; e in questo caso l'affiancamento di un comune organo tecnico di consulenza potrà servire - specie nel campo economi– co - di conegamento con l'iniziativa e la volontà dei partiti, alla tor·o volta interpreti di più vasti strati popolari, ciò che sinora lia sempre fatto difetto. Per la legislazione economica e sociale, il P.S.L.I. - ma noi riteniamo che tutto lo schieramento di « terza forza> dovrebbe ap– J>Oggiarlo- si è fatto sostenitore della necessità ed urgenza di con– rretare istituzionalmente quel Consiglio Nazionale dell'Economia ~ del Lavoro che la Costituzione ha rinviato al Parlamento. Anche ui si tratta, ma su di un terreno non già di partito, di un organo te,·nico di consulenza sia del Parlamento sia del Governo, costi– tuito da esperti del mondo della produzione e del lavoro, più imme– cl,atamente in contatto con i problemi e le esigenze della vita pra– ti ·a. Ma siamo d'avviso che accanto all'attività puramente consul– tiva sugli argomenti economici e sociali che al governo piaccia sottoporgli, il Consiglio Nazionale dell'Economia e ciel Lavoro deb– ba esplicare poteri d'iniziativa legislativa, specie nella elaborazione dei piani economici, e poteri di controllo sull'attività economica del governo. Se molte difficoltà tecnico-legislative vanno superate per fare di' esso un organo ad un tempo rappresentativo ed efficiente, senza illusioni corporative, sta di fatto che il Parlamento troppo spesso avrebbe una troppo scarsa competenza tecnico-economica per varare leggi organiche, valide e conseguenti; e d'altra parte l'affidare questo delicatissimo ramo della legislazione al governo, significherebbe rimettersi nelle mani della burocrazia, troppo spésso scarsamento sensibile ai problemi dell'economia e del lavoro. Una serie di problemi Ciò posto, può essere tracciato un programma della < terza for– za>, sia pure a scopo orientativo? Debbo confessare che a questo punto mi trovo molto imbarraz– zato. Non è soltanto il timore di sconfinare in argomenti che sa– ranno trattati, e con maggiore approfondimento e competenza, da altri che interverranno nelle nostre discussioni; oppure quel tanto di scetticismo che si può avere per dei programmi, fatalmente astrat– ti e generici: è piuttosto un'esperienza concreta a lasciarmi du– bitoso. Vedete: il nostro Istituto Studi del P.S.L.I. l'estate scorsa si è accinto alla redazione di· un programma, con impegno di se– rietà, con spirito molto realistico, desiderando limitarsi ad un pro– gramma di emergenza (previsioni non oltre ir quinquennio), esclu– dendo la trattazione di problemi di secondaria importanza, trattan– do gli altri in maniera più che schematica, evitando di scendere in particolari troppo minuti e di impegnarsi in costruzioni troppo rigide. Ebbene: dopo lunghe discussioni e dopo varie redazioni, ne è venuto fuori un opuscoletto di ben 54 pagine, che è appena indi– cativo e non ha la pretesa di essere esauriente. Non intendo certo nè propinarvene la lettura, nè fornirvene un sunto. S_.!!mmai- poichè fermamente ritengo che nel suo insieme <lUesto nostro programma, anche per il suo empirico concretismo, potrebbe essere accettato da qualunque esponente della « terza for– za» - esso potrà in altra sede ed in altra occasione· fornire lo spunto e la piattaforma per discutere un orientamento program– matico ,comune, o servire da punto di partenza per la trattazione di particolari argomenti. Mi limiterò quindi ad indicare, - a scopo meramente enunciativo, senza entrare nel merito dei problemi e meno che meno delle loro soluzioni, e più che altro per riportarci sul terreno delle cose concrete e inquadrare ulteriori interventi - alcuni dei più essenziali problemi che la « terza forza> è impegnata ad affrontare. 1) Il problema della efficienza dello Stato,. interprete e tutore della colle~tività, specie sotto il duplice profilo della riforma L>uro– cratica (sia per l'opportuno decentramento, sia per la creazione di un apparato controllabile. atto ad assolvere i problemi tecnico– economici) e della riforma tributaria, con la messa a punto del- 11apparato fiscale, anche in vista del risanamento finanziario; 2) Il problema - estremamente arduo - della stabilità di go– verno. E' ovvio che in difetto di un governo che possa contare su rii una relativa durata, diventano una illusione le riforme demo– cratiche a vasto respiro e non si possono impostare seriamente piani economici, destinati ad essere sconvolti o vanificati ad ogni muta- 111e1ltodi ministero. 3) Il problema del Mezzogiorno, inteso nel suo aspetto ~ociale– produttivo-tecnico, anche in funzione del risanamento di aree eco– nomicamente depresse. Esso dovrà essere portato avanti come uno dei pii, essenziali per la conquista della democrazia in Italia. 4) Il problema della sicurezza sociale, sia nel senso di una più razionale e meno onerosa distribuzione delle risorse assisten– ziali, sia nel senso di una razionale riforma dagli istituti e dei metodi all'uopo creati e seguiti, sia nel senso di un possibile syi– luppo della previdenza oltre l'ambito del lavoro dipendente. E non crediamo di farci illusioni, se accenniamo alla possibilità di vaste iniziative rivolte a questo fine, grazie agli aiuti dell'E.R.P. 5) Il problema della pianificazione econorttica, anche in funzio– ne degli aiuti dell'E.R.P., e in rapporto alla rlecessità per l'econo– mia italiana di adeguarsi agli impegni assunti per l'aiuto rer.iproco tra le sedici nazioni aderenti. 6) Il problema della erogazione del credito, così essenziale alla ripresa economica ed a quegli sviluppi produttivistiçi che sono pre– .messa per ogni riforma sociale. 7) Il problema del riordinamento di quello che potrebbe chia-

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