Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

132 LO STATO MODERN€> è provato il contrario) che la sovranità politica sia la condizione indispensabile di una civiltà. E' questo il senso del nostro europeismo, e non ci sem– bra il caso di nasconderlo. Non è una avarizia di timidi, un sintomo di vecchiaia: l'Europa l'ha sempre conosciu– ta, questa· combinazione rivoluzionario-conservatrice. Ed è il nosro modo oggi di sentirci «politici>, ossia la ri– luttanza a entrare in una Lega. Motivo ben diverso dallo smarrimento, dall'indifferenza, dall'agnosticismo. Quando a un certo punto siamo costretti a optare, optiamo, tra due intolleranze, per quella che ci promette di essere più tolleranti. Niente altro che questo è il significato della vocazione democratica dell'Europa. L'Europa non è tut– ta guerre di religione, è anche Erasmo e Miche! l'Hopital. Sappiamo, sappiamo, la moderazione è cinese. Ma il fa– natismo è indiano, indù e maomettano. La nostra lolle- ranza è tanto poco disarmata che è sempre stata un com– battimento su due fronti. La ricerca, un tempo, di unità nazionali e oggi di un'unità europea, è la ricerca di una condizione che ci permetta di seguitare ad essere disu– niti. Per questo i veri europei - confessiamolo - ogni volta che sono messi alle strette fanno il giuoco della reazione. Chi? Erasmo, Montaigne? Dite pure i « ceti me– di>, la « terza forza>, l'« unità socialista>, quel che più vi piace nello stile 1948. -Peggio per chi non ne vuol tener conto. In ogni caso questo dopoguerra non lascerà a lungo dubbi: sapremo se l'Europa si è salvata o si è condannata. Non vi sarà una intermedia e incerta soluzione, perchè questa (qualunque fosse) sarebbe già una delle due, quel– la negativa e catastrofica. GUIDO MORPURGO TAGLIABUE SVILUPPIDEL 2 LUGLIO 1947 Quando la radio diffuse, nove mesi or sono, la noti– zia che l'ennesima conferenza interalleata di Parigi, quella che avrebbe dovuto prendere in considerazione il piano Marshall, era ilichiaratamente fallita, noi sentim– mo subito che quella era una data storica. Non perchè ci si avviasse alla guerra, chè forse la guerra sarebbe stata meglio evitata nella nuova situazione che si ve– niva così determinando: ma perchè si cominciavano a porre finalmente i rapporti fra i grandi vincitori su una base ili chiarezza e di sincerità. senza di che nessuna civile convivenza è possibile. Prima d'allora ,s'era continuato a illudersi e illudere, suggellando le conferenze con lunghi comunicati che mascheravano il niente di fatto. con cattivi compromessi ;finali che nascondevano sostanziali capitolazioni (per le Potenze occidentali) e preparavano il peggio; o an– cora creando di concerto fra i tre grandi alleati istituti di marca essenzialmente democratico-occidentale come l'O.N.U. senza che l'accordo - indispensabile per il fun– zionamento dell'istituto - effettivamente esistesse. Questa situa~ione risaliva ancora alle conferenze della guerra, chè anche allora i due mondi si erano incontrati solo per fare la guerra comune alla Germania, o meglio, per giustapporre con un minimo di collaborazione le loro :guerre rispettive; ma l'accordo vero non c'era sta– to: equilibrio, non concerto. E si eran firmati trattati ventennali tra Inghilterra e U.~.S.S., tra Francia e U.R.S.S., che non traducevano sulla carta un'intesa esi– stente .nei fatti o negli spiriti, fissando i limiti e le con– cessioni rispettive, ma che pretendevano di creare con quel pezzo <;l.icarta, e per una talo durata, quel de– terminato rapporto. Anche 1'0.N.U. era nata così, almeno per ciò che concerne i rapporti' fra i due mondi venuti a compro– messo, il democratico-occidentale e il totalitario-sovie– tico: quella clausola del veto era la chiave ili volta che permetteva di tenere. insieme l'edificio, di trasformare l'instabile equilibrio in un operante e duraturo concer– to. Invece non fu così, non poteva essere così, e bastò questa clausola a rendere inoperante l'intero istituto. Quella inazione a cui la Società delle Nazioni si trovò condannata dal momento in cui tra le Potenze diri– genti mancò l'accordo sostanziale, fu la regola dell'O. N.U. fin dal suo inizio. E tuttavia si tentò di non rico– noscerlo. Orbene, questa situazione fu rovesciata il 2 luglio 1947, quando Molotov respinse le proposte anglo-frnn- cesi per l'applicazione del piano di aiuti all'Europa, e si ebbe così il coraggio di dire che l'accordo non era possibile. 1\1olt.ipacifisti a oltranza ne furono coster– nati: noi no, noi che riteniamo che per avere la pace 11011 basta predicarla teoricamente, nè volerla ad ogni costo, ma bisogna crearne le condizioni, i presupposti reali. Noi riteniamo che, nonostante tutto, lavori per. la pace più 'l'ruman quando avverte solennemente la U.R.S.S. che nuove imprese non saranno più tollerate, che non ,vallace il quale vorrebbe tutto concedere per avere la pace, chiudendo gli occhi alle conseguenze che hanno avuto le concessioni precedenti: salvo; a dover poi far la guerra nelle peggiori condizioni, quando tut– te le posizioni saranno state perdute, o a dover accet– tare senza guerra anche l'estrema capitolazione. Non si tratta solo di due blocchi ostili, si tratta di due mondi che nelle presenti condizioni non si possono intendere. Insistere in un'intesa impossibile vuol dire ritardare la ricostruzione, la quale, « rebus sic stanti– bus», non può avvenire che nell'interno di ciascuno dei due mondi. La situazione era venuta maturando già prima del 2 luglio 1947, naturalmente: la dottrina di Truman, emanata il 12 marzo, era stata la manifesta– zione più clamorosa, accanto ad altre minori, dell'auto– nomia e della contrapposizione dei due mondi. Ma la rottura sul piano Marshall segnò il momento decisivo, dopo il quale le manifestazioni si ,sono moltiplicate. Il mondo sevietico, che è nello stesso tempo un bloc– co, rifiutò per intiero la sua adesione al piano, anche da parte di quei due Stati, Finlandia e Cecoslovacchia, che più riluttavano a inquadrarsi nel totalitarismo so– vietico. E all'interno l'inquadramento in forme sempre più livellate continuò con la proclamazione della Re– pubblica in Romania, la fusione in un unico partito di socialisti e comtmisti romeni, la definitiva organiz– zazione in un partito unico del Fronte popolare bul– garo, infine il colpo di stato comunista in Cecoslovac– chia che sostituì l'alleanza dei sei partiti sorti dalla resi– stenza con un blocco di gruppetti di stretta obbedienza comunista roteanti intorno al partito rimasto solo pa– drone del terreno, e, tuttora in corso, il passo sovietico a Helsinki. Nello stesso tempo i rapporti fra i vari Sta– ti del blocco si vennero formalmente sistemando in una rete ili trattati bilaterali di amicizia e assistenza reci– proca, ili durata ventennale; dapprima fra l'U.R.S.S. e i minori Stati vincitori (Cecoslovacchia, Jugoslavia, Polonia), poi di .questi fra loro, poi fr11 questi e gli

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