Lo Stato Moderno - anno V - n.5-6 - 5-20 marzo 1948

122 LO STATO MODERNO Italia e piano Marsh.all Non è certo facile, in una situazione preelettorale come quella italiana, sciogliere i legami che avvincono l'econo– mia e la politica del piano ex-Marshall, dell'E.R.P. La. ~ciando da parte, almeno per il momento, questi legami, e forse opportuno fare un po' di cronistoria del piano stesso. Cronistoria, ben s'intende, limitata a quest'ultimo periodo, giacchè l'European Recovery Progrwn sta rapi– damente avviandosi verso una sua piena attuazione. Int~nto_ il Senato statunitense ha velocemente appro– vato 1] piano Marshall con una maggioranza che non si a~pettava. E' evidente che la situazione politica interna– z10nale ha forzato la mano ai padri coscritti di Washing– ton. A Parigi, d'altro canto, si sono riuniti gli esperti delle 16 nazioni dell'Europa « marshalliana » per elaborare .lo schema di statuto dell'« organismo europeo» che dovrà collaborare con l'amministratore statunitense del piano Marshall. Si ritiene che lo schema potrà essere pronto entro un mese circa. Questo significa che il piano Mar– shall non entrerà in vigore esattamente il primo aprile, come era stato a suo tempo progettato. ma ad una data molto vicina. Tutto questo indica in modo chiaro che l'E.R.P .. anche sotto la spinta delle forze politiche 0 internazionali, sta av– viandosi a gran passi verso la sua entrata in azione. Que• ste notizie. in It~lia, sono state ingigantite dalla gran– cassa elettorale. J•autori ed avversari del piano Mar-shall non ragionano più' in termini economici ma soltanto in termini politici. Per la verità, però, non si riesce a capi– re come possa essere avversato, sul terreno economico il piano Marshall. Non dobbiamo dimenticare che ]'Itali~ da tre anni a questa parte vive esclusivamente sugli aiuti statunitensi. Questo è un dato di fatto che non si può in modo assoluto negare. Dagli Stati Uniti, gratuitamente. abbiamo avuto soprattutto carbone, grano ed olii combu– stibili. Senza queste materie prime non solo non avremmo avuto pane da dare agli italiani, specie agli italiani delle città, ma neanche saremmo riuséiti a portare la produ– zione industriale al 6o-65 per cento del livt:llo prebel– lico e la produzione agricola all'So-85 per cento. Quando oggi si discute sulla possibilità di avere o me– no le stesse merci dall'U.R.S.S., bisogna porre anche un altro problema. Come pagarle? Dagli Stati Uniti queste materie prime le abbiamo avute gratuitamente; dalla Rus– sia le avren;imo forse potute 'avere, ma dietro pagamento. Con quali mezzi? L'interruzione delle trattative commer– ciali con la Russia, la quale si è impuntata a pretendere un anticipato pagamento delle riparazioni, non è certo un buon ind;zio sulle possibilità di scambio con il grande paese orientale. Gli avversari del piano Marshall, quelli che almeno cer– cano di discutere il problema economico basano le loro critiche su un altro punto. Dicono che gli 'stati Uniti han– no pensato il piano Marshall non tanto per aiutare l'eco– nomia europea a rimettersi in sesto dopo re batoste bel– liche ma, invece, soprattutto, per stornare W1a crisi di sovraproduzione che sta aleggiando sulla loro economia. Questa critica mi pare piuttosto inconsistente. Gli Stati Uniti, se ne avessero voglia, potrebbero trovare benissi– mo il mod? di regalare la stessa merce ai loro bisognosi, senza porsi tanti problemi caritativi. La realtà è che an– che negli Stati Uniti ci si è" accorti che l'isola1:ionismo ha fatto il su• tempo e che un'Europa economicamente ri- sanata vale bene la spesa del 2 o 3 per cento del reddito nazionale statunitense. Cioè quanto costerà loro il finan– ziamento del piano Marshall. Data la premessa che il piano Marshall è indispensabi– le per la ricostruzione dell'economia europea ed in par– ticolare dell'Italia, ci dobbiamo porre il problema del– l'utilizzazione di questi aiuti. Et il problema ce lo pos– siamo porre sia per quanto riguarda la quantità degli aiu– ti stessi, sia per quanto riguarda le modalità degli aiuti. ed infine la lt,,G utilizzazio'1e ai fini rirnstruttivi. Per quanto riguarda la quantità dobbiamo subito dire çhe l'importo che toccherà all'Italia è alquanto modesto. soprattutto nei confronti della Gran Bretagna e della Francia. Non possiamo dimenticare che l'Italia ha una popolazione su per giù uguale a. quella inglese e che quindi sarebbe opportuno tenere un po' a stecchetto gli inglesi, che di lavorare pare abbiano ben poca voglia. Cripps si affanna a pubblicare « libri bianchi» coi quali incita soprattutto ad una vita di austerità. Ma questo non basta. Occorre che gli inglesi lavorino un po' di più se vogliono mantenere un tenore di vita che non è più con– sono alla posizione dell'economia britannica in _quella mondiale. Per quanto riguarda le modalità di aiuto, non v1 e dubbio che il piano Marshall dovrà soprattutto fornirci materie prime. E materie prime di cui l'Italia non pos– siede possibilità di produzione. In altre parole il piano dovrà integrare la produzione nazionale per quanto ri– guarda il grano, i grassi, il carbone, gli olii minerali, ecc. In fine dei conti la crisi che oggi attanaglia l'economia italiana non dipende tanto daila mancanza di beni stru– mentali quanto dall'incapacità di utilizzarli a pieno regi-– me. Tutt'al più si pone il problema del rimodernamento della capacità produttiva italiana e della sua distribuzio– ne spazia1e. Non dimentichiamo che l'Italia ha un'« area depressa», che è il Mezzogiorno, ove lo squilibrio tra ma– no d'opera e beni di produzione è quanto mai stridente e doloroso. Questo fatto può anche essere messo in relazione al– l'impiega dei capitali che affluiranno al Governo italiano, in un cosidetto « fondo lire»-. Il Governo italiano, in– fatti, riceverà, da quello statunitense, materie prime che venderà sul mercato interno ricavando lire. Ma come le venderà? A. prezzo politico od a prezzo internazionale? E' questo un _problema che dovrà essere risolto di volta in volta. Secondo me, si dovrà fare di tutto perchè il prezzo internazionale abbia il sopravvento, anche per abi– tuare l'economia italiana a stare alla pari con la produ– zione internazionale. Non si dimentichi, per concludere, che il piano Mar– shall avrà benefici e duraturi effetti sollanto se la vivi– ficazione dell'economia italiana andrà di pari passo con un allargamento delle aree economiche mondiali. La no– stra economia produttiva sempre si è retta sull'importa– zione di materie prime e prodotti alimentari di quantità e sull'esportazione di merci finite e prodotti alimentari di qualità. Occorre quindi che i mercati mondiali vengano aperti alla nostra esportazione in modo da riavviare il nostro ciclo produttivo prebellico .. Tanto meglio se que– sto ciclo produttivo potrà essere riattivato anche con rin– novati scambi coi paesi dell'Europa non marshalliana. LIBERO LENTI

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