Lo Stato Moderno - anno V - n.3-4 - 5-20 febbraio 1948

56 LO STATO MODERNO cosidetta « terza forza » doveva implicare una coalizione di partiti democratici non socialisti comprendente i democratici– cristiani. (A questo riguardo, anzi, il congresso fu coralmente unanime nel <ripudiare immediatamente la prospettiva esposta da Saragat di un blocco elettorale con altre forze non socia– liste del cosidetto centro-sinistro - P.R.I., liberali di sinistra - e nel sostenere ohe il Partito avrebbe dovuto affrontare l' a– gone elettorale con forze schiettamente socialiste e con un pro– gramma schiettamente socialista). Dato ciò, il « centro » si trovava a combattere non già contro una ben definita « de– stra » che non osò nemmeno affacciarsi, ma contro uomini che del « centro » condividevano, anche se in forma attenuata, le preoccupazioni e la cui posizione di destra. rispetto alla mo– zione Mondolfo, era più che altro costituita dal fatto che essi non osavano con altrettanta chiarezza denunciare i pericoli di destra e « tagliare » anche sulla destra, come era avvenuto sulla sinistra. Il congresso - ad onta dei discorsi chiarificatori di Mon– dolfo, di Vassalli e di Zagari -non bene comprese la ragione di questa polemica congressuale. O la sopravvalutò, temendo di 5oorgervi il germe di future dannose frazioni (non compren– dendo che si discuteva esclusivamente di una posizione poli– tica contingente); o la deformò, sospettandovi delle rivalità personali e degli antagonismi che non c'erano. E pr.ima an– cora che. Saragat s'interponesse _con la sua autorità, asserendo che se il P. S. L. I. intendeva affrontare da solo la battaglia elettorale doveva almeno dar prova di unanimismo all'interno, fu proprio il congresso stesso a protestare contro una diffe– renziazione che non gli era appar•sa nè chiara nè legittima e ad imporre la fusione della mozione Mondolfo con quella Spal– la-Calosso. Va anche notato che una norma statutaria, votata in una seduta notturna, che sganciava la votazione delle mo– zioni sull'indirizzo politico dalla nomina della direzione. aveva tolto molto mordente alla possibile differenziazione. Comunque sulla « mozione unificata», che altro non è che la mozione Mondolfo - nella sua quasi integrale dizione con i pregi che unanimemente le si riconoscevano di tratteg– giarn un indirizzo programmatico assai rnalistico. tale da poter essere assunto a base del programma elettorale - la gran maggioranza del c_ongresso fu concorde. Un punto invece che riserbò qualche sorpresa fu la no– mina della direzione. Già il convegno di settembre aveva di– mostrato insofferenza per indicazioni sollecitate dall'alto. E qui si volle dare prova di una anch~ troppo assoluta demo– crazia, lasciando ad ogni delegato di scegliere i 4/5 dei com– ponenti, secondo il criterio di indicare gli uomini che <riteneva più devoti e più capaci. Ne <risultò, anche !per effetto di un inevitabile disperdimento di voti, una direzione politicamente poco omogenea (riserbando l'urna taluni imprevisti e qualche sacrificio): cosa in contrasto con il principio asserito invece da– gli esponenti di tutte le correnti, dj doversi preoccupare, per la migliore efficienza della dfrezione, della omogeneità: principio giunto ad una espressione quasi paradossale nel discorso di Si– monini, con la sua pretesa che a « noi altri » dovesse spettare di dirigere il partito. Quanti s'aspettavano che il P.S.L.I. mutasse una linea di condotta, ormai manifestatasi chiaramente nella sua opera di un anno, sono rimasti de:usi: una implicita vo'.ontà, ben so– lida, e non soltanto la scomparsa del P.S.I. nelle spire fumogene del « fronte 'democratico », ha ribadito la posizione chiara– mente e intransigentemente socialista del P.S.L.I. ALADINO Socialismo e Democrazia Seguivamo il Congresso del Teatro Mercadante, il 1° Con– gresso oozionale del Pmtito Socialista dei Lavoratori Italiani, come un esperimento difficoltoso del/.a convergenza, che qui si voleva istituire, di dotirina socuilista e di politica democra– tica. intemperanze degli oratori o della platea (ci sembrarono più frequenti queUe della platea), reciproche accuse ,o sospetti di scarsa o cli cattiva fede, erano altrettante numifestozioni del carattere non chiaro e, ,ancoro, di gestazione, di uno formula di principio, che il Partito cerca, quasi nel tempo stesso te– mendo cli ooufragare nell'indagine teorica, e 1 cli intellettuali– sticamente menomarsi, come nel precedente ed eloquente caso dei Partito d'azione. Ciò che più e meglio palesava le incertezze ero il pro– blema della partecipazione ol governo. Problema che veniva , d"altronde troppo tardi all"esame della coscienza, dal momento che al Governo il Partito c'è, e le esitazioni post factum sono in politica sempre dannosissime, perchè rendono incerta /' a– zione che si è deciso cli intraprendere. Mo come sintomo, il problema è significantissimo. Può un partito che si dice so– cialista, ma che ,ancora non ha, malgrado il nome, persuaso della sua vocazione liberatrice le masse che il socialismo pr0- mette, per sua natura, cli riscattare - può questo partito con– cedersi il diversivo di. una collaborazione politico e di governo con altre forze che non condividono 'affatto il suo messaggio di lotta di classe, di « salto stor(co » operato mediante le così dette riforme di struttura? Non finisce, nel momento stesso in cui istrada la sua volontà ad azioni ,comuni e solidali con queste forze, con lo smentire e inaridire la sua carico socia– lista? Si produce allora una curiosa gara tra due volontà di– verse: per un Iato, lavorare alla conservazione -delle garanzie liberali della lotta politica, e dunque governare, ma nell'àm– bito della democazia borghese, per impedire l'assedio di que– ste libertà dal blocco soprannaturale della Democrazia Cri– siwna e da quello tutto ooturale della Democrazia popolare; e intanto, per far questv, aggiogarsi alla Democrazia Cristiana. O invece, per salvare ,/a propria insegna socialista, buttarsi a fondo nella battaglio della de,nocrazia socw/e, trovare duecento apostoli da gettare allÒsbaraglio nelle fabbriche •e nelle -cam– pagne, non temere di distinguersi, alla base, dal comunismo ma insieme anche ,dall'interclassismo democristiano. Le due volontà diverse si rincorrorw; e per ']Jrima è giunta 'al tra– guardo (forse per pem1ria di '(lpostoli?) quella die dal Governo vuole operare per la causa ritenuta preminente, la salvezza della democrazia politica e della libertà repubblicana. Forse per la cattiva o insufficiente coscienza cli questa decisione (che a nostro avviso non è per •nulfa vergognosa) il Congresso si è pronunziato unanime per la candidatura elettorale a lista di '.unità socialista, senza compromessi nè ac– cordi con altre formazioni politiche, egual1nente miranti alla stessa finolità, di conservaziione e incremento delle !libertà repubblicane. Quasi che il presentar liste cli stretta osserva11za socialista potesse ridare ·una libertà in qoolche modo compro– messa. Così la proposta cli Saragat, di un fronte della demo– crazia, cadde in Congresso, per 'ltn patriottismo 'cli partito, che singolarmente poi non esitava a bollare le voci appena più ardite, quelle che invocavano 'infine, soprattutto, un argine, e una vigilanza alla frontiera cli destra del Partito. Ma accadde una cosa curiosa: •che la 'nuova segreteria venisse affidata a uomini persuasi che il ocmpito principale del Partito sia quella della « vigilanza democratica » ( non fu que– sta forse la presentazione di Simonini 'al Congresso, ·almeno fino al discorso di Zagari?): e da questo punto cli vista è ven– tura per 'il ParPitoche un segretario e un vicesegretario, diciam pure, di destra, siano vincolati a compiti di 'una impostazione

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