Lo Stato Moderno - anno V - n.3-4 - 5-20 febbraio 1948

LO STATO MODÈRNO re 240.000 annue. Oltre a ciò sono da considerare due « diavo. lerie »; l'indennità caropane e l'indennità di mensa, che potreb– bero facilmente essere sommate con la contingenza (ammesso ma non concesso lo spezzettamento della retr,ibuzione in due distinte quote: la fissa - che in pratica ~ubisce di tanto in tanto de:Ie variazioni - e la variabile in base al costo della vita) contro il pagamento pieno dei pasti consumati in comune. Questa intricata matassa, questo inspiegabile groviglio di percentuali, di basi jmponibili, pobrebbe essere rndicalmente mutato sostituendovi un'unica perce-niu.ale poota ad esclusivo carico · del datare di wvoro per cia8cuna deUe categorie d,ei prestatori d'opera: operai, equiparati (categoria che potrebbe essere soppressa), impiegati, d:i!rigenti. Le somme sarebbero da versare ad un'unica cassa centrale, la quale poi provvede– rebbe a ripartirle ai vari istituti aventi diritto. Semmai, la percentuale per ile assicurazioni contro gli infortuni potrebbe essere differenziata per grandi rami di industria in rapporto alla diversa entità di rischio <!elle lavorazioni. Di contro, ad -esclusi_vocarico dei favoratori sarebbero da porre le imposte sui redditi di categoria C, ivi compresi gli assegni familiari che per :egge specifica sono oggi esclusi da ogni tassazione: ciò per non venire meno al principio fondamentale che il citta– -dino deve contribuire al mantenimento del:e spese pubbliche in rapporto alle proprie possibilità. Dato poi che le retribuzioni di fatto l!ra operai e mipiegati d'ordine non presentano un serio divario e tendono a HveHarsi quando si considerano le maggiori esigenze del:a categoria impiegatizia, è augurabile -che si vog:ia almeno eliminare l'assurda grave differenzazione -derivante da una più che doppia tassazione nei riguardi di quest'ultimo gruppo. o:tre la mo!tep:icità de!le contribuzioni, la difformità dei sistemi di accertamento e di r,isoossione dei contributi dovuti per ogni gestione, il grave divario che intercorre fra r onere •effettivo e il beneficio usufruibile, ci sarebbe da rilevare tutto il camtt'ere frammentario dell'istituzione prevjdenziale, la spe– requazione de]a ripartizione dei mezzi finanziari fra i vari istituti assicurativi, la duplicazione de]t]e mutue, gli sprechi neKe spese dt esercizio, rinadeguato controllo dello Stato, la facilità estrema delle evasioni da parte de:le ditte meno scru– J>O:ose,e via dicendo. Un complesso di cose che crea diffi. <lenza e scarso interessamento da parte dello stesso lavoratore, mentre il padronato ne sopporta •il danno. Tutto ciò senza considerare che il processo di svilimento <dellamoneta ha portato aa~:·annientamento di alcuni· fondi che a mano a mano impiegati e datori avevano versato alle Casse di previdenza; e che lo Stato ha obbligato ad investire i con– "tntuti sociali in imprese estranee ai fini istituzionali quando non ha preteso i: finanziamento a fondo perduto di iniziative antieconomiche. Finchè la politica potrà esercitare interferenze nel campo salariale, simili sorprese.saranno sempre all'ordine del giorno; ·sicchè, secondo noi, solo una parte delle quote che si accan– tonano per i benefici previdenziali possono considerairsi « salari -differiti», mentre l'altra parte è « salario col:ettivizzato », cioè sfumato per chi se [o è guadagnato: conseguenza molto pe– nosa, soprattutto perchè, specialmente ia massa operaia e quella impiegatizia modesta, percepiscono oggi retribuzioni -di poco superiori agli stretti minimi contrattuali. Personalmente non saremmo alieni che la riforma in c0rso •delle assicurazioni sociali imp:icasse un aumento delle paghe • contro una corrispondente parzi>ale diminuzione <!egli oneri contributivi. Gli operai e gli impiegati prudenti avrebbero così la possibilità di assumere il ruolo di piccoli, tenaci risparmia· tori, con la grande soddisfazione di poter rnccogliere un ,proprio gruzzolo per gli eventulai giorni di avversa fortuna e ,di liberarsi dallia necessità di dover ricorrere, almeno per i più modesti bisogni imprevisti, al sistema caritativo della previdenza. Questo sarebbe un autentico passo verso l' « auto– liberazione dal bisogno », e segnerebbe una seria conquista nel:a scala ascendente dei va:ori morali, perchè il lavoratore, compiuta la sua prestazione ne:la fabbrica o nel:'ufficio, si sentirebbe meno vincolato a quella attività che oggi, col 70% circa del suo salario o stipendio globale assorbito da undici e più enti, gli fornisce appena i mezzi di sussistenza per una quindicina od un mese. ln America ad esempio, sono rare le previdenze con carattere di pensionato per assicurare un mini– mo cli difesa e di protezione ne'n'invalidità e nella vecchiaia, proprio perchè gli a:m sa:ari permettono al singolo di risparmia– re, e l'elevato grado di istruzione media consente agli interessati di valutare le probabili necessità future, mentre non è detto che chi ritiene utile ricorrere · a forme assicurative, non sappia provvedervi di propria iniziativa. EMILIO TACCANI Parliamo della Francia Il « Benelux » fa scuola. E' un esempio che serve per al.tre unioni àel 'genere. E' vero. che la struttura economica dei tre paesi che lo compqngono, Belgio, Olanda e Lussem– burgo, è molto più « annacquabile » che non. quella di altri paesi europei. Ma sta di fatto che il nostro continente, so– prattutto la 'parte occidentale, deve mettersi su questa linea se vuole sopravvivere, L'European Recovery Program costi– tuisce il fu,l,cro r,-r.d quale aJ.tre unioni doganali debbono 'ap– poggiarsi, dopo che, per i,l momento, è caduta 'l'idea, troppo avveniristica, di un'unica unwne doganale europea. ' I paesi 'scandinavi, cioè Norvegia, Svezia e Danimarca, progettano la « No,rsveda ». Tra Italia e Francia, la « Fran– cit », sta usoendo dal. ~tnbo di un'impostazione 'puramente politica per avviarsi sul, terreno più concretamente economico. Non bastano, quando•~ pari.a di queste que.stumi, i brindisi .diplomatici. OOO<m'emettersi ia tavolino e guardarle da un punto di /vista realistico. E' quello che ha tentato di fare la Commisswne mista frranca--itol.iana che ha stiudiato i vari pro– blemi che nascono 'da questa unione. Y.ediamo un po'. Non vi è dubbw che l'agricoltura e l'ifl– dustria 'in Ualia ed in Francia, presentano scarsi rappom dl co7tiplementa,rietà. Le struttµre produttive sono pressochè identiche. Tanto la Francia quanto l'Italia sono importatrici di 'materie prime, specialmente dal contmente extra-europeo, ed esportatrici di prodotti finiti. Sono anche importatrici di materie aUmentari e, in genera/Je,sal.dano Ja I.oro'bi!oocia dei pagamenti, 'almeno in epoca normale, con le partite invisibili. La 'Francia in ~ial modo con il 1"eddito di capitali inve– stiti aJJ.'estero,l'Italia con le ,rimesie degli emigranti. Ambe– due i paesi, ,poi, fanno grande affidamento sull'apporto 'dei turisti. Un'eventuale ,unione do~anale, cioè la possibilità di com– prai'e e vendere in mnbedue i paesi senza essere 'assoggettati ad imposizione di dazi doganali, indubbiamente colpisce od avvantaggia 'quest-0 o quel settare. Voglw qui, ~turalrrumte, considerare ii'la questione l'IOlo da un punto di vista generale. E, a tal fine, osservo che le differenze dei costi sostenuti dalle due attfoità prod~ttrive sono di carattere sbrutturale e ciclico. Dal. punto 'di vista ffl'utbural.e, cioè pemianente, in Italia, in molti casi, vi è una produzione non aà.eguata alla capacità produttiva rper la .mancanza di ampi 'mercati di sbocco. Le nostre appendici ,coloniali, del ·t'eSto adesso · in discussione, sono sempre state modesta 'cosa rispetto alla nostra f}066ibi· fità di produzione. Vi sono poi particolari settori che, a se-

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