Lo Stato Moderno - anno V - n.3-4 - 5-20 febbraio 1948

LO STATO MODERNO 71 CRISI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE Ancora una volta il mondo è tutto fuoco sotto la cenere: qua e là, vicino o lontano la fiamma si sviluppa: ora nel Viet Narn. ora in Indonesia, ora in Cina, ora in Grecia. Piano Marnhall e Cominform, d'a:tronde, indicano chiaramente i termini de:la lotta mondiale che si. combatte in Europa: e si tratta di una :otta che non so:tanto spezza l'unità storico– culturale del ,vecchio continente, ma queI:a poHtico-socia:e del vecchio stato europeo. La frattura fra Est ed Ovest si rispecchia e si moltiplica a11'interno dei singoH stati in una sempre ugua.Je scissione di classi. Tale la rea:tà po:itica: non importa qui sondarne le ra– gioni economiche quanto esaminarne i riflessi giuridici. Il travaglio del diritto internazionale è apparso nella sua tragica grandezza alla coscienza del mondo civi:e col processo di Norimberga. Si è tentato con esso di creare quasi dal nulla un diritto internazionale esecutivo, un diritto che, imponendosi con ·la forza vincitrice, finisse con l'incontrare il consenso di tutta l'umanità. Ma questa « giustizia», appuntandosi esclusi– vamente sul vinto, e a calllSa del latente contrasto fra i vin– citori, non è stata capace di propor-re un criterio di valuta– ·zione adeguato al nuovo mondo nascente. La forza ha ten– tato di farsi autorità al servizio de'.fa comune libertà; ma non -è riuS<:itaa creare una premessa di universale uguag:ianza, ~enza della qua:e non esiste giustizia, ma privata vendetta. Il diritto internazionale, anzichè impegnarsi nella soluzio– ne dei problemi sorti col nuovo tipo della « guerra di parte », ha insistito ne:la vecchia e superata problematica ottocentesca; e l'aspirazione ottocentesca ad un corpo di diritto internazionale riconosciuto vaHdo èlagli Stati ed efficace verso di essi, attra– verso i primi idillici tentativi di codificazione e di esecuzione -è sboccato tragicamente nel processo di Norimberga. Il quale anche dinanzi alle speranze più tradiziona:istiche è appa-rso inquietante. J:<;arl Jaspers, che -lo ha accettato, ha però sentito che in esso era in giuoco un passato e un avvenire: all'obbie– .zione fondamentale che « la forza de:Ia parte vittoriosa non può costituire diritto », partendo dal punto di vista che « nelle cose umane realtà non equivale a verità, che anzi a questa reahà ne va piuttosto contrapposta un'a:tra, la cui esistenza dipenderà da11avolontà dell'uomo », ha risposto che ;I processo di Norimberga, « nuovo tentativo di accrescere l'or– dine nel mondo, non perde il suo senso solo perchè non è in grado di richiamarsi a un ordinamento giuridico mondiale »; ed ha aggiunto che « esso dovrebbe dichiarare per la prima volta e per tutti i tempi che la guerra è un de:itto ». Lo Jaspers • conclude: « A tutte le obbiezioni contro i! processo va risposto che ci troviamo di fronte a una cosa interamente nuova. Ciò che accade a Norjmberga è una debole anticipazione dell'or– dine mqp.diale di cui tutto l'umanità comincia a sentire la necessità ». A noi il processo di Norimberga interessa semplicemente come sintomo del nostro travag:io morale e giuridico e dei veri termini de[a lotta attuale: termini che si sono chiariti subito dopo ·la guerra, ne:Ja fisionomia nuova assunta dalla comunità internaziona!e. H significato rivo!uzionario di No– rimberga è rientrato in quello dell'Organizzazione del:e Na– zioni Unite dapprima,. e infine in quello rappresentato dal:a nuova gara mondiale. Oggi appare chiaro che nè Jasper5 nè altri hanno effettivamente potuto gfostificare Norimberga col diritto internazionale tradiziona:e. Anche dopo ,J' altra guerra parte dell'opinione pubb:ica avrebbe voluto intentare ·un processo di carattere internazionale contro Guglielmo II ·come suo massimo responsabile: ma poichè eg:i era a un tempo capo de; partito pangermanista e sovrano legittimo non se ne fece nulla. L'autorità dello Stato UlSCÌ salva da;la guerra del 1914-1918: non così dall'ultima guerra in cui doveva av– venire precisamente l'opposto. Oggi siamo infatti di. fronte a una nuova realtà: questa realtà è la guerra civj:e, .la lotta di parte, che ha preso il posto della guerra degli Stati; e dinanzi ad essa l'antico diritto in– ternazionale denuncia quotidianamente la sua crisi. Ciò è par• ticolarmente visibj;e per il diritto di guerra: quasi ogni atto di guerra è omiai fuori del:a •legalità internaziona:e. Ciò ohe eia eccezione nella guevra franco-prussiana de: '70 e nelle guerre italiane di indipendenza, è divenuto oggi la rngo:a. A!lora tutte le forze armate combattevano con -le P!Oprie di– vise e le proprie bandiere ed erano riconosciute dai loro di– stintivi: non esc:U!Si garibaldini, che si potevano considerare deg,li irrego:ari. L'antico costume militare resse fino alla prima guerra mondia:e; ma poi· la rivoluzione d'ottobre e la tecnica de!la « guerra di movimento » sconvol6ero .I' edificio ottocen– tesco. Oggi il comm1ismo attrav~i:sa gli Sta~ e ~rasforma la guerra in lotta di parte e di classe. La « guerra civi:e » che Marx, nel manifesto del '48, vedeva latente nella società del XIX secolo, è divenuta evidente col tentativo di Lenin, riu– scito so:tanto a metà, di trasformare la fotta imperialistica degli Stati in lotta civile dei popoli. Lenin non J;Ostruiva sul vuoto. Benda, nella Trahison, ~ aveva osservato che da:•la Rivoluzione :firancesein ,poi è tutto un crescendo della ,passionalità organizzata ·delle masse. La democrazia individualistica e cosrnopo:.ita doveva portare alla guerra _civile, a quelle forme di lotta in cui ognuno può scegliere il suo posto di qua o di là dal fronte. In questo senso l'Ottocento, conci:iando patria e libertà, aveva rappresentato una grande paTentesi. Dice infatti lo Jemolo: « col 1917 tutto muta; i russi bianchi, che combattono contro il -loro paase, sono considerati come combattenti legittùrù, nella coscienza europea, come lo erano stati duecento anrii prima i giacobini contro l'Inghilterra, oltre cento anni prima gli emigrati fran– cesi contro la Frnncia della rivoluzione e de:.I'impero ». Il ponte fra ottocento nazionalitario e novecento internaziona– lista è dato da: nazionalismo: non aveva detto il Mazzini: « il nazionalismo uccide la nazionalità ,, ? Ebbene la passionalità della massa nazionalistica ha fi~ito col <rompere, nell'ultima guerra, g!i argini della solidarietà nazionale. In questa guerra ci sono stati partiti ,nazionalisti e razzisti, ma non una union saorée. E' ancora lo Jemolo a farè il punto: « Gli europei, ed anzi gli uomini tutti della nostra civiltà sono di nuovo divisi, com'è normale, wm'è stato per secoli, in .grandi blocchi ideo– logici, che non coincidono affatto con le fu-ontiere. Si ama la propria patria desiderando di vedere attuato in essa il regime che si crede mig:iore e nei cui tratti agli occhi degli uni ha ' il primato la fede religiosa, agli occhi degli altri J:ordine e la disciplina, di altri ancora -la giustizia sociale e la protezione dei più umili... In realtà non c'è più nessuno, dovunque si gÙardi, che COillSideri più prossimo e più caro i,l nemico poli– tico interno che non lo straniero de:Ja stessa fede politica. La guerra di Spagna fu un esempio di ritorno allo stato d'animo della guerra dei trent'anni». La compagine nazionale appare dunque spezzata nel mo– mento in cui naz-ionalismo e socialismo l'attraversano. La lotta.non è più inter-nazionale ma inter-umana. Benda l'aveva senti.lo nell'altro dopoguerra; ma soltanto con questa guerra il fenomeno diviene realtà. Si tratta di una guerra totale in cui la popolazione è chiamata in causa dàllo Stato, dai partiti, dal nemico, o nella quale interviene volontariamente. Le sue

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