Lo Stato Moderno - anno V - n.1-2 - 5-20 gennaio 1948

\/ 2 LO STATO MOUEP.NO \ Il secondo, quello della « terza via », indica non più un elemento sociologico, una potenza elettorale, e che chiamerei anche demografica o quantitativa, bensì un elemento intellettuale, una soluzione offerta ai problemi aperti dalla situazione storica, capace di soddisfare le esigenze legittime avanzaie dalle due forze estreme, e comunque. capace di portare -a com– pimento i motivi profondi offerti dalla esperienza della vita sociale. Pur riconoscendo che si tratta realmente di due nozioni diverse si potrebbe obiettare che, poichè senza forza non si fa politica, la terza via sottintende una presenza efficiente della « terza forza». Ora questo non sempre è vero. Non è certo contestabile che un dato indirizzo politico ha tanta maggiore probabilità di successo quanto più vasto, e sopratutto più cosciente, è il consenso eh~ sa suscitare; ma è anche vero che talvolta accade che una politica di « terza via ~ si fa, indipendentemente dalla esistenza o nono 0 stante la inesistenza della « terza forza ». E questo può accadere per due motivi: o per insuperabile esi– genza della storia in un momento dato e in un paese dato, o per virtù di una classe politica di superiore equilibrio che, facendo leva per necessità di cose sulle forze esistenti, sa poi attuare e svolgere una politica di salde e concrete realizzazioni, di adesione agli interessi specifici della società, al servizio della solidità dello Stato e della prosperità dei cittadini. Nè un simile comportamento sarebbe da biasimare come « trasformistico », perchè col trasformismo si opera un immotivato, o mal motivato, spostamento di una situazione personale da una forza ad un'altra; mentre nel caso sopra esaminato si realizza la logica subor– dinazione di un dato puramente materiale e inerte - la forza - a un elemento squisitamente spirituale e dinamico, e cioè all'attività politica creatrice. Con questa distinzione si vuole sottolineare il grave torto di coloro che, fatalisticamente e materia– listicamente, deducono da una supposta inesistenza della terza forza, una impossibilità obiettiva di segui– re la terza via nella costruzione politiGa. Si può, a questo proposito, aderire in linea di massima alla opinione comune che una « terza forza » nel senso organizzativo della parola sia, qui da noi, ancora pressochè rudimentale. E di qufsto gran parte della colpa ricade sulla classe politica che dirige i partiti destil'l.ati teoricamente a convergere su tale li– nea, perchè, nonostante le continue e indubbie lezioni della storia, e nonostante non siano loro mancati ri– chiami e pressioni in proposito, non sono riusciti a porsi sulla linea del sacrificio delle singole posizioni di partito per assurgere alla più ampia visione degli interessi generali ..Gli uomini che desiderano un gran– de aggruppamento di democrazia ghibellina esistono nel paese, e sono assai di più di quanto un peccami- noso pessimismo - fatto di facile indulgenza alla pro-– pria pigrizia - noh lascia credere. Ma non si può, co– munque, consentire alla deduzione secondo cui, in mancanza della « terza forza » sarebbe impossibVe se– guire la « terza via». E non si può consentire pioprio perchè tale deduzione è evidentemente troppo geo– metrica, troppo schematica, troppo astratta. Es,a si .fonda su una visione meccanicistica della stori~ che vuole l'uomo politico tagliato su misura sulle forze che è chiamato ad esprimere e rappresentare; è i1 de-– finiti va un atto di sfiducia verso le capacità creative della classe politica. E quando è addirittura q1esta che, a scanso della sua responsabilità, accredita l so– fisma della sua impotenza per la obiettività ùellll si– tuazione, con ciò essa non fa che cadere vittirm di uno scolastico errore del più abusato marxismo dal quale lo stesso partito comunista si è ormai corr.ple– tament·e svincolato con gli sviluppi post-labriolani e leninisti. 1 La verità è che in Italia, senza nessuna coerenza e senza nessuna chiarezza, quel poco di duratur9 che si è fatto dai governi tripartiti prima, e poi dal gGver– no democristiano (è troppo presto per giudicare !!ope– ra di quello appena formato), è modulato propriq sul– la linea della « terza via »: all'infuori di quella poli– tica scolastica, monopolio ormai della democrazi~ cri– stiana, e a cui i democratici italiani sono, errdnea– mente, usi a non prestare attenzione soverchia. A questo punto appare essenziale, anche per 1 evi– tare equivoche speculazioni elettoralistiche, precisare che cosa, oggi in Italia, si intenda e si possa intendere per « terza forza ». Giannini, con minore esitazione di Nitti (e la cosa si spiega con la diversa altezza politica dei due uomini), si affanna a dichiarare che il cartello elettorale liberale - qualunquista - nittiano è il vero rappresentante della « terza forza » tra democristiani e social-comunisti. Può darsi che, dal punto di v:sta aritmetico, le elezioni gli diano ragione. Ma, a parte ogni scetticismo intorno a tale resultanza, la pretesa gianniniana non ha fondamento nella realtà politica, e non riesce a darglielo nemmeno la presenza di Nit– ti, che è grave colpa degli uomini dirigenti della de– mocrazia italiana aver costretto a bloccare con i rap– presentanti di quegli interessi contro i quali egli ha costantemente combattuto come uomo di go,·emo e come uomo politico. Ma, a parte questa sfuma~ura di equivoco personale, le forze che si riconosceranno in– torno a questa unione non lasciano dubbi s,-J loro orientamento politico. Non basta rappresentar, (il «si– nistra qualunquista» per pretendere di porsi ~u.a si– nistra della democrazia cristiana. La verità, c.1e il travaglio qualunquista ha quasi esclusivame te ··adi– ci generali in relazione all'ormai perento prob ema fascismo - non fascismo, e che l'ultimo congrrss,, del partito liberale ha anche consumato le ultime IX'I sibi-

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