Lo Stato Moderno - anno IV - n.17 - 5 settembre 1947

394 LO STATO MODERNU Come_ unificare le forze di centro sinistro ? Del bise,gno di unificare queste forze disperse in tre o quattro piccoli partiti o brontolanti al margine dello schiera– mento politico attuale, tutti hanno riconosciuto il bisogno; il problema è del come unificarle. Un tentativo forse troppo audace era stato compiuto dal Partito d'Azione; ma chi ne fece parte fin dall'inizio, ebbe la prima delusione quando, dopo la liberazione, vide risorgere, si può dire tali e quali, partiti (come il repubbìicano) di cui rite– neva che il P. d'A. avesse assunta in pieno la funzion_e politi– ca, e partiti (come il socialista) perseveranti in polemiche an– tiquate. Dell'istanza laburista caratteristica della moderna de– mocrazia ita:iana, il P. d'A. così ne:Ja sua ala destra come in quella sinistra si sentiva l'interprete genuino; perciò la prima delusione nel veder rispolverare da un lato ,j) busto di Mazzini e dall'altro quello di Marx, anche da gente che in fondo quei miti aveva seppelliti nel suo cuore. La posizione razionai istica del Partito d'Azione, cioè la sua aspira'.llione ad una revisione a fil di logica dello schiera– mento e delle ideologie italiane, fu la sua grande utopia, tanto irrealizzabile che nel suo seno medesimo vide risorgere guer– re ideologiche che le formule empiriche avevano cercato di escludere a priori. I congressi di Cosenza e di Roma diedero appunto alla sua vecchia guardia la seconda delusione, e da allora ebbe termine. la funzione unificatrice del P. d' A. E' re– stato però nei suoi uomini l'aspirazione ali' unità dei democra– tici laici; che da un lato viene caldeggiata in nome dell'unità socialista (vedi i tentativi culminanti nella fondazione di Italia socialista) e dall'altro in nome di una seconda opposizione che unifichi non soltanto le superstiti eresie socialiste (la politica dei « frati intesisti » di Stato Moclemc). Ora una lezione è da trarre da queste esperienze, e da tutte le crisi che in un primo momento hanno spinto al revi– sionismo altri partiti, ed ora sembrano smuoverli dal sogno set– tario di rimanere essi soli i depositari di quell'istanza laburista che si diceva. Una unità compatta, fusioni, non sono attuali in quest'Ita– lia di campanilismi, di personalismi, di testardo « idealismo » in cui può configurarsi il centro sinistro. In mezzo allo scettici– smo e al totalitarismo della vecchia Italia, in questa zona ancora informe della nuova Italia sono vivi quei settarism1 religiosi, quella disposizione alle accanite distinzioni, che se rischiano di frantumare ad ogni nuovo congresso ,j partiti, se fanno soprav– vivere degli organismi anche quando sono da tempo politica– mente inefficienti (ed è male), mantengono tuttavia acceso lo spirito critico e religioso rn una parte degli italiani (e non è pic– colo merito). Come il cristianesimo non si potè rinnovare che attraverso la lotta delle infinite sette contro il granitico cattoli– cesimo; e fu pwprio lo spirito settario a far operare al protestan– tesimo il rinnovamento politico-religioso di ,jnteri paesi, mentre i! rinascimento filosofico italiano, che pure fu una revisione' tanto più profonda del pensiero moderno, non è giunto a scuo– tere il popolo italiano. proprio perchè il suo balzo in avanti fu troppo lungo; così d'un balzo non si possono superare miti, tra– dizioni, individualismi dell'Italia democratica e laica: forse sa– rebbe un paralizzare delle energie rinnovatrici, che hanno un ardire apostolico non trascurabile se riescono a resistere in con– dizioni a volte disperate. E la loro unità non può essere che del tipo federale, proprio, in genere, dei partiti anglosassoni e in ispecie del partito laburista inglese, che risulta dall'alleanza del Labour Party, dell'Jndependent Labour Party, dei Fabiani, delle Trade Unions e di personalità politiche indipendenti (na– turalmente il collegio unlnominale favorisce la labilità dei legami e le possibilità di vittoria di questo snodato organismo elettorale, che non è minacciato ·da scissioni nè da disastri congressuali). on solo, ma al suo interno vige un'atmosfera di tolleran. za, proprio per la pluralità delle sette (per così dire) che lo com– pongono; ciascuna di esse, pena l'isolamento, non può· aspirare ad imporre la sua ideologia, e deve accettare la discussione su questioni prabiche: cioè il metodo empirico. Val la pena di ri– cordare que:Jo che Rosse:Ii diceva a Parri nel carcere di Savo– na nel 1926: « Il Partito laburista non è un partito. E' una al– leanza di gruppi, interessi, forze, uomini disparati. Li unifica un programma di azione politica attuale. Noi abbiamo l'odio teologico per chi non crede nel nostro catechismo. Ma le teo– rizzazioni finalistiche sono come la preghiera al nostro Dio e l'inchi110 rituale ai nostri penati. Quello che conta è l'opera quotidiana. Perché gente come tu ed io non dovremmo poter lavorare insieme anche in sede politica? Dovremmo dopo ten– tare anche in Italia un'esperienza come quella laburista». (Ve. di in Educazione Politica. anno I, giugno-luglio 1947, l'art-icolo di Parri: « Con Carlo Rosselli »). Che una tale unità articolata del centro sinistro non sia possibile in Italia? La stessa debolezza dei singoli partiti, lo sviluppo della politica sindacale che non può restare monopolio dei comunisti e delle ACLI, il fondo protestantico, diciamo così, che costituisce la loro unità organica, non li spinge ad una piccola ma intima intesa? Forse è il momento di insistere su questo problema; e so– prattutto di raccomandare di non mirare troppo alto, ad inat– tuali fusioni; di accontentarsi di alleanze elettorali e di giunte locali d'intesa che approfondiranno l'unità, pur lasciando a cia– scuno il gusto di dedicare al patrio lare il cappello di ogni suo discorso. E speriamo che su questa v>iai partitini siano spinti anche dall'abolizione del collegio unico nazionale che sarebbe sotto questo aspetto un provvidenzi~le egoismo dei partiti di massa. , LICJSCO MAGAGNATO OR CHE FARO'? Un giorno - e Dio sa quante cose più che anni son passati /da allora - 1111 imperatore russo diceva a un ambasciatore fra11- icese: « Dopo tutte, p,msando al/a debolezza ciel S uliano, 11011 im– vnagino tm vicino pi,ì comodo dei turchi ... ». Ora io 1I01l vorrei, il cielo mi .guardi, rassomigliare il nostro çapo dello Stato, cosi vivo e lucido com'è, a un traballante e obeso principe della vecchia Porta. Ma se la debolezza, del sultano a qualcuno seroiva, la sua incertezza a chi serve? Non cer.to al paese, 1che del Capo dello Stato può avere, magari fra 110nmolto, bisogno, 1co11 tma Costiti,ente vogliosa di rinvii, e un governo disposto a pat– teggiare pur di durare. Veramente ravvocato De Nicola, che si rigiro i.11 mano Il trattate come Amleto il teschio, e sfoglia mar– gherite « firmo o non fiNno », e grida ai quattro venti che lui 11011 ,J,a poteri, che è un Capo delle Stato solo per burla, e pasw al– il' estero per un machiavellico, all'interno per uri patrwttardo che ~,on vuole « avallare», e a clii lo conosce fa scuuter la testa ripetJ- 6tlndo al '22, non ha reso un servizio all'Italia coi suoi tentenna– menti sulla ratifica. Eppure, animv Presidente. Io temo chei anche se il vostro ti'. ~olo è provvisorio, verranno giorni che pret:enderan110 da voi gesH ldefinlUvi. Bisogna fin da ora dare al popolo la sensQR;ioneche, se •quei giorni verranno, voi vorrete e potrete. E se la Costituzione a11cora manca, que.rta raddoppia e non dimezza le vostre responsabilltd. O se no... Un ignoto poeto toscano dialogava: « Or che farò? - Vi,i temporeggiando - Noi posso fare - E tu vivi in dolere», e finiva così, ~ç11r11011W'ff~ millçççi9So: « Aita Deol - Bi· 6ogno n'avrai», m. P•

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