Lo Stato Moderno - anno IV - n.17 - 5 settembre 1947

LU STATO MODERNO 391 avrebbe potuto essere una cosa seria ma cosa seria non fu, lato e non concesso che qualcosa realmente sia stata o:tre la tormula spiccia del giornalismo parlamentare, non si presenta per ora con caratteri distinti. Anche, e sopra tutto, perchè le 1 nt~c - e tanto più i partiti - non si formano soltanto per deliberazione di uomini, bensì sorgono e si affermano per ben più profondi motivi. Certo i motivi ci sarebbero, e gravissimi, nellavita naziona'.e, per la nascita di questo che alcuni chia– mano·grande partito democratico e che noi possiamo anche ostinarci a volere come partito socialista, e che alla fine avreb– be :o stesso valore e la stessa funzione nell'attuale crisi poli– tica. Perchè è anche un fatto che nella diagnosi siamo tutti d'accordo, o per lo meno siamo d'accordo in molti, senza che poisi riesca a creare insieme qualcosa di concreto e di so'.ido. Io non so se ci sia molta speranza per la nascita di un fig:io di quattro padri, come forse vagheggia il mio amico Pagizi.Gli dirò in un orecchio che ho poca fiducia ne:Ie ca– pacità virili <li alcuni di questi padri e che sopra tutto mi preoccupa l'educazione del nascituro. Ma è anche innegabile che nessuno di questi vecchi padri, da so'.o, riuscirà ad ope– rare il miracolo di far aprire gli occhi agli italiani. C'è ancor da sperare che la lezione delle cose serva a far loro compren– dere che così' andiamo tutti a rovina? Temo che essa serva solo a render più nero e quindi terrificante lo spettro che si aggira in Italia e che non è più quello che il vecchio Marx redeva un secolo fa aduggiare l'Europa, ma per troppi si riduce a'.la modesta apparenza di uno spauracchio elettorale. Ed è facile profezia dire che si ingannano coloro che da que– ste elezioni attendono grandi mutamenti, se non la sconfitta, a beneficio dell'estrema sinistra e della destra ugualmente to– talitarie, di quei partiti che ancor potrebbero avere in mano la chiave della salvezza. Ad essere ma,igni come Cajumi, si potrebbe forse tro\lare in questi terrori elettorali un'u:tima speranza, se non per so- 1uzioni di carattere dottrinale per manovre di tipo tattico. Perchè questo nostro pessimismo, non sulla strada da scegliere ma sul successo de:l'impresa, è dettato purtroppo da ragioni profonde, nè si superano secoli di paura, di miseria, di fame, di sudditanza ailo straniero e quindi di sfiducia verso lo stato, di calcolata obbedienza e di immeritate umiliazioni in poco più di due a_nni di agitazione politica, dal 25 aprle 1945 ad oggi. Ma il problema rimane ed è veramente i: problema della democrazia e del!a libertà per il nostro paese, anche se terri– bilmente pochi sembrano <1vvedersene. Oltre le intese e le manovre più o meno sapienti, oltre le speranze e i tentativi di nuove nascite di partiti con fecondazione artificiale, credo sia ancor da tentare una chiarificazione coraggiosa da:l'interno ad opera degli uomini di ciascuno dei partiti della democra– zia. Noi de: P.S.L.l., che abbiamo fatto un passo necessario e forse coraggioso, potremmo e dovremmo trovare l'energia e la ragione di proseguire ad allargare la strada, su cui anche altri potrebbero convergere. Non è compito agevole, in mezzo a tante storture, sia in politica interna che in politica estera, di parlare per la ragione. Ma non è forse male di ripetere, sul:a sog:ia della ripresa politica, che se questa vo:ta saremo sconfitti, la colpa sarà stata tutta nostra. PAOLO TREVES IL PARTITO DI DON FERRANTE Et ooce itèrum Crisprnus: ossia il ricorrente riaffacciarsi del mito, o auspicio, o interrogativo, o guazzabuglio - lo si prenda come si vuole - del « grande partito democratico », de'.!aconcentrazione de:le forze di centro-sinistra, del « quar– to partito », del « partito della democrazia » tout court, e via dicendo. Visto che la sua pervicacia è tale da prendere spunto per ripresentarsi persino da una labile occasione, com'è quel mezzo-bluff giornalistico e mezzo-equivoco par:amentare che ha preso nome di « piccola intesa », val bene la pena di riparlarne. Uno degli aspetti negativi di questo tentativo è, a mio avviso, l'essere intrinsecamente legato ad una nostalgia. E ad una nostalgia per un'occasione perduta. Negli anni di cri_si de: fascismo, quando si schiudeva il presagio del riaffermarsi di una libera vita ed il costituirsi, o ricostituirsi, delle forze politiche era ancora allo stato fluido e dominato dalla soli– darietà nel comune obbiettivo prossimo deJ:a liberazione, la istanza di questo nuovo partito aveva una sua legittimità ed un suo fascino. Viva era l'esigenza di rinnovamento anche drg:i strumenti politici, cioè dei partiti, per attuare il rinno– vamento non solo politico e costituzionale, ma anche sociale ed economico, del Paese, la cui squilibrata compagine tradi– zionale ci aveva regalato il fascismo. Nessuno dei vecchi par– titi sfuggiva aJ:a sua specifica parte di responsabilità nel– l'a\'ere - con i propri errori, la propria "inefficienza, la pro– pria demagogia e faziosità, le proprie intransigenze o i propri compromessi - favorito, suo malgrado, l'affermarsi del fa. scismo. Era già un e:emento a favore di un nuovo partito il potersi presentare mondo da queste responsabilità, consa- 1>evoledelle gravi e croniche defic.ienze della struttura poli– tica e sociale italiana, criticamente ammaestrato neg;i obbiet– tivi da perseguir.e e negli errori da evitare, per mezzo di uno spregiudicato realismo che inteod~se porre l'accento assai più sull'azione realizzatrice che non suI:e disquisizioni ideolo– giche. Le prospettive di affermarsi di questo nuovo partito erano, o sembravano, abbastanza evidenti ed incoraggianti. Tra uno schieramento rivo:uzionario e classista ed uno schie– ramento confessionale e moderato, quando non addirittura c!ericale e conservatore, spettava proprio a questa terza e nuova formazione, popolare ma senza pregiudiziali c'.assiste, laica ma senza prevenzioni antic!ericali, progressista sul ter– reno socia'.e ma senza demagogie e agitatorismi, la più effi– cace e sostanzia:e difesa della democrazia. Non solo perchè agli altri due schieramenti rischiava di mancare una vera e profonda autonomia d'azione - dominato il primo dal– l'ascendente della Russia I.Sovietica e dal!'ossequio per la sua politica estera; dominato il secondo dalla soggezione a:Ia politica vaticana e data subordinazione al suo sostan– ziale conservatorismo -; e non solo perchè per l'esistenza di un'autentica vita democratica si presentava come altret– tanto deleterio sia uno stritolatore coalizzarsi dei due opposti schieramenti sia una loro dilaceratrice rottura: ma soprattutto perchè il nuovo partito - e per sua vocazione, e per sua lealtà, e per suo intrinseca esigenza - meglio sembrava atto a conquistare in Italia (tesi partico:armente cara a questa Rivista) uno Stato moderno, democratico realizzatore fulcro del processo di trasformazione de:Ja codipagine itali~na. Il Partito d'Azione fu il risultato di questa esigenza. L'es– sersene fatto il convinto interprete è titolo d'onore non secondo al contributo da esso dato alla lotta di resistenza e di libera– zione. E come il suo tributo di vittime fu assolutamente spro– porzionato alla_ esiguità delle sue forze, d'altra parte la SUI\ politica, per lo meno sino alla liberazione, fu assai più ricca non so!o di fervore e di coerenza, ma anche di risultati positivi, di quanto non lasciasse sperare la Sua recente esperienza e la sua ancora probleml!ti<;{I wmpagine,

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