Lo Stato Moderno - anno IV - n.17 - 5 settembre 1947

390 LO STATO MODERNO GRANDEPARTITODEMOCRATICO? (Inchiesta di STATO MODERNO) La sconfitta sarà colpa nostra Se gli osservatori poiitici non fossero in generale da noi co9r ciechi, o almeno così stro:oganti su strade elettoralmente false, al centro-sinistra ci dovrebbe essere l'unanimità sulla diagnosi del pericolo per la democrazia. Un pericolo più det– tato dalla insufficienza de:Io stesso centro-sinistra che dalla forza o dal dinamismo dei due estremi, perchè se è verissimo che la destra rigurgita troppi cadaveri e l'estrema sinistra troppe ·mitologie politiche storicamente condannate, nè la de– stra nè :'estrema sinistra potrebbero ancor tentare il colpo estremo, ove il centro-sinistra avesse coscienza della sua mis· sione e sopra tutto la forza e :a decisione per adempier:a. Non da oggi si parla di po:arizzazione e dei suoi pericoli. Po:arizzazione a destra, polarizzazione a sinistra, e quindi frattura de:la compagine nazionale in una situazione che fret– tolosi analogisti avvicinano a quella de: 1922. E se ormai queste son paro!e stanche e quasi sloganizzate, in sostanza servono a delineare uno stato di cose innegabile, senza che tuttavia si faccia nul!a di concreto per superar:o. Non per boria di etichetta o per propaganda di bottega politica, vorret dire che questa frattura noi del P.S.L.l. ab– biamo forse avvertito per primi, e per primi abbiamo tentato di correggerla, proprio con la nostra nascita e i propositi della nostra comparsa al:'orizzonle po:itico. on insisterò sul tema del nostro successo o insuccesso e delle sue cause; ma mi sembra indubbio almeno il nostro proposito, cioè di dare al Paese quello strumento politico che gli aveva tolto la carenza e quasi l'inesistenza di un partito socialista autonomo, non ostile ma diverso dal partito comunista, proprio quel partito cui andavano subito dopo :a liberazione le speranze e gli in- distinti desideri della maggioranza della nazione. · La comparsa del P.S.L.l aveva dunque questo valore e anche lo scopo di permettere la riunione di tutti coloro che ancor sentissero il valore di alcuni principi, che possiamo an– che chiamare ideali, non rinunciabili anche di fronte alle _se– duzioni del partito di massa, di cui ne::'anno di grazia 1947 ancor molto si favoleggia. In realtà, questa del partito di massa è la più tenace sopravvivenza ed eredità politica del regime fascista, perchè se ancor prima del fascismo si parlava di masse, non era tut– tavia sorto il mito del partito di massa, che è cosa diversa dal partito' operaio e anche proletario e si risolve in una peri– co:osissima a1:egoria politica, buona a confondere le respon– sabilità dei singoli e ad annullarle nella obbedienza al volere dei pochi, siano essi i « duci » ben morti o i segretari generali anche troppo vivi ed arbitri della pratica politica. Di qui sorge il problema attua!e, e cioè cosa contrapporre a questi aggruppamenti tota:itari per sa!vare alla politica la sua caratteristica di libertà e di autonomia di scelta, cpi non tutti già intendono di rinunciare. Non vi è dubbio che scon– solato è il panorama dei partiti politici italiani, voglio dire i partiti non ancora cristallizzati in una forma schematicamente organizzata. Dopo la catastrofe de: Partito d'Azione si è visto chiaro rhe non bastano cinquecento persone d'ingegno a fare un partito intelligente, ma, IIJrop~io al contrario, ainquecento persone d'ingegno sono d'avanzo per distruggere un partito che sembrava avere grandi possibilità. Dopo la creazione della Repubb'.ica si è visto che non basta un'idea astratta a dare ragione di vita a un partito, come la statica nobi:tà de: P-R.I. ha mostrato nei quattordici mesi trascorsi dal 2 giugno 1946. Dopo la creazione di quattro gabinetti De Gasperi, ciascuno dosato secondo le sapienze di Montecitorio e del Viminale, si è visto che non basta l'unione più o meno convinta di uomini po!itici a11cie11 régime per dare un senso a un partito soltanto parlamentare come la Democrazia del Lavoro. Dopo sette mesi di vita si è visto che il P.S.L.I. non è ancor giunto a creare quella base politica necessaria a un nuovo corso della vita civile italiana. Sarebbe facilissimo trovare ragioni esterne per questi in– successi, darne la colpa al Paese e alle « masse», e sopra tutto giusto sarebbe parlare della paura, il grande, tradizionale, storico, inevitabile coefficiente del:a vita politica nazionale. Certo, questo mito del partito di massa, concomitante alla fuga dai partiti di idee, dimostra e consacra la difficoltà di difendere e di promuovere la democrazia (oltre quella « pro– gressiva ») in Italia, dove le masse non son formate da sin– goli politicamente responsabili. Ma sarebbe troppo _semplice assumere una posizione puramente negativa e non curarsi del:e masse oppure parlarne come di entità astratte, come in certo modo fece sempre il Partito d'Azione. Ora, i partiti di sinistra che non intendono abdicare alla mitologia politica del P. C. e che d'altra parte rifiutano di adattarsi a servire da riempitivo nei futuri ministeri della D. C. non possono sfuggire al problema della ricerca delle « nuove • masse, senza con ciò subito lanciare grida d'orrore e di sdegno per il carte:lino di piccolo borghese con cui verranno diffa. mati dagli avversari. ,Il male si è che i famosi ceti medi son ancor più scettici e inafferrabili delle masse organizzate nel P. C. e, per quello che resta, nel P.S.I:, e proprio per l'innata e stolida paura che anche questi partiti del centro-sinistra siano troppo a sinistra per i loro intimi terrori. E' qui e non altrove da cercarsi il successo del qua:unquismo, perchè in Italia ci son moltissimi Giannini e l'assenza di intelligenza politica trova sempre vasta rispondenza. Va anche detto, per essere onesti, che finora nessuno dei partiti del centro-sinistra ha saputo trovare una parola adatta. una parola giusta per questa immensa maggioranza italiana. che, so'.a, potrebbe costituire il centro di un grande partilo democratico e repubblicano. Alcuni per l'ansia di non essere sufficientemente a sinistra e di non rimanere fede!i a insegna· menti che muoiono se non sono rivissuti storicamente (diceva · cardina:e de Retz: « !'on a p!us de peine dans les partis à vivre avec ceux qui en sont, qu·à agir contre ceux qui Y soni opposés » ), altri per costituzionale confusionismo dottrinario, altri ancora per immobilità storica e altri infine per preoccu· pazion! di carattere specialmente elettorale. Quindi, anche queJ;a che si chiamò Piccola Intesa e che

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