Lo Stato Moderno - anno IV - n.14 - 20 luglio 1947

LO STATO MODERNO 317 e cioè nei rnpporti con g!i altri partiti (democrazia cristiana, ..,.;alisti • italiani •, ,comunisti) anche perchè ognuno dei quattro si trovava in una posizione, diremo, « internazio– nale», per restare nelfa metafora, notevolmente diversa (de– mPcrutici del Ja,yoro ed azionisti sentivano molto l'inf.uenza dei comunisti, ai quaJi non a'Vrebbero voluto riuscire s,pia– ~enti,·mentre repubblicani e socialisti dei lavoratori si mo- 1ernno con maggiore indipendenza rispetto aglJ altri partiti • di sinistra, ed anzi i socialisti dei lavoratori apparivano spt'sso determinati dalla polemica interna tra i due partiti soc-Llilìsti, ed in particolare tra Nenni e Saragat). Come ag– i!rtlJ1pamento po:itico, sia pure ,provvisorio, ma, comunqne, or<linatosu ol"j!;anicomuni ,per svolgere in base ad un pro– ~r:unma comune un'azione comune, la « Piccola Intesa » m1:ndi non è esistita, se non nella fantasia di alcuni gior– ~":isti c di alcuni strati dell'opinione pubblica. Di che s'è trattato, allora? Qui il discorso si fa più serio. La vita politica italiana si è svolta nel:'ultimo anno rul tema <lel Tripartito, cioè sul tema della coalizione fra i tre più grandi partiti, usciti 1•incitoridal:e e!ezioni del 2 gingno: la democrazia cristiana, il partito sociaHsta (prima della scissione), il partito comu– nista. Questa soluzione era stata accettata da tutti e tre i p~rtiti. come una necessità del momento derivante daHa imnossibilità di creare in :ùro modo una maggioranza sta– bile di governo. Ma, in realtà, tale soluzione sarebbe stata iÒ!•a:e,se la direzione della coalizione fosse stata affidata ~i socialisti, i qua!i erano nt>!la posizione migliore per fun- .z;onare non da mediatori tra democristiani e comunisti, ma da timonieri <lPl :e:overno democratico e del paese, potendo dis~ioare con la loro lealtà democratica le preoccupazioni -lt'mocristi:me· di una dittatura di sinistra è con la loro vo– lontà rinnovatrice le preoccupazioni comuniste di una invo– luzione de:la m:icchina sociale italiana. Errore nefasto fu (K'r i socialisti aver consentito ad una direzione democri– stiana del guverno, daI:a quale dov8'Va conseguire natural– mPnte la diV'isione del jl;Ovemo in due b!octlii: un blocco d~m0cristiano cd un blocco socialcomunista. Non· Pssendo alla testa del governo, i socialisti venivano ad essere rimor– rl1iati dalla s·ituazione, costrPtti ad un ruolo secondario nel dnrHo comuniçta-<lemocristiano; ogn.i deho'.e tentativo ~ocia– lista di sottrarsi alla nah1role supremazia comunista assu– meva la forma di una mediazione fra i due « grandi », della quale ti meno ohe si ,possa dire è che rivelava ancor più rn,rlamente l'eclissi socialMa. La lotta interna del Tripartito iLùlava e svalutava progre-ssivamente ìl •partito socialista: In crisi del partito socialista acuiva la. tensione interna del Tripartito. Con la scissione di Roma ed il ritiro di una parte delle forze socialiste dal Governo, •la situazione divenne anror più insostl'nibi!e. mentre il Bipartito e mezzo denun– ciava sempre pit) crudamente le rue contraddizioni, la sua instabilitt\, la sua paralisi. In effetti. tra il teno governo De Gaspei-i e l'attuale r'f' <inesta sola differenza: in quello la polarizzazione dei hlncchi antitetici era anche nel inverno, con questo la pofa. rinazione è nell'Assemblea Costituente e nel paese, essendo il 1.overno espressìone di uno so:o dei due blocchi. Ma fa crisi ha svelato in tutta la sua cruden.a fa grave situazione P')litica italiana, nella quale il controllo del Gm·erno e de! Daesi, è conteso fra la democmzia cristiana spinta sempre Più a destra dal suo anticomunismo, e da'] partito comunista. il cui iso:amento costituisce per esso (come ,ha riconosciuto lo stesso TogHatti nella sua relazione al Comitato Centr:-le cielP. C.) e per i gruppi di estrema destra una potente rug– ~estione antidemocratica. La crisi ha messo a nudo il gran 11 J0to esistente fra i due blocchi. la cui divergenza numenta sempre· più, ed ha richiamato su questa voragine. che po- trebbe inghiottire le residue speranze della democrazia ita– lfana. l'attenzione degli uomini politici più sensibili, della sinistra democratica; a colmare il vuoto si sono mosse, quasi · istintivamente, alcune forze politiche, accomunate dalla in. tuizione del grave pericolo che corre la democrazia e daMa volontà di rispondere, con una politica concreta ma decisa, con una politica di pi'Ccole cose, ma di piccole cose fatte sul serio, alle aspettative de} ,paese. La « Piccola Intesa » non è stata quindi altro che l'accostamento di queste forze nel momento deHa crisi, di queste forze estranee ai due grand; blocchi antagonisti, preoccupate di sganciaTe la democrazia cristia,1a da connubi con la destra economica, preoccupate di offrire alle masse popolari la soddisfazione di alcuni ele– mentad bisogni economici e sociali, per evitare lo scivola– mento di esse lungo quel piano inclinato alla· cui fine c'è la dittatura. Q·1ale giudizio politico bisogna dare allora sulla « Pic– cola htesa »? Negativo, come hanno fatto Nenni e Basso? Comple– tamente positivo, come hanno fatto soprattutto alcuni azio– nisti? Forse la verità sta nel mezzo. La « Piccola Intesa • non è esistita come fomiazione politica. E' esistita come esi:genza di una politica democratica, realistica. rinnovatrice. Questa esigenza è certo un'esigenza vitale della nostra vita attuale. In cièl è l'aspetto positivo della « Piccola Intesa», Ma. potevano le forze dei quattro partiti a<lernpiere questa funzione? Ne dubito. Questa funzione può essere adempiuta çolo nella misura in cui una )!;rande e CQmpatta forza poli– tica. alimentata da'.la fiducia del Paese, ne assume la dire– zione politica ed imnone le s11esoluzioni d'avanguardia alle a1tre forze per la sa}ve,zza<leila democrazia e la difesa delle cbssi lavoratrici. Questa forza non poteva essere la « Pic– cola Intesa », cui mancav:i la capacità attrattiva ed il pre– çtigio ncces.çari per imporre rispetto alla democrazfa cristiana e per costituire il nuc)eo propulsore di una politica di sini– stra, che evitasse l'isolamentn comunista. Questa forza, la C'UÌ carenza è avvertita ne'll'attuale schieramento politico, poteva, e può, esser rappresentata solo da un partito socia– lista. unitario, autonomo. compatto. La « Piccola Intesa • ha tentato di dar voce al:a grande speranza di una. P.Olitica .sociali!l"ta;ma nna politica socialista non puèl essere svrolta che da un partito socialista. , MARIO NIGRO E poi non servirebbe . Se l'accordi par:amentare coi! detto della • Piccola Intesa • continuasse, noi avremmo il nucleo di un allinea– mento radicalsocialista, sul tipo di quello francese. Dobbiamo però constatare che in Italia sarebbe in ritatdo e meno vigo– roso: in Francia ,più vicina nel tempo e nello spazio era la Rivoluzione francese, e si era costituita una. borghesia più tenace ed energica di quanto non sia da noi. Oramai c'è un'altra rivoluzione che comunque bisogna assimilare, e la boi,ghesia è più svogliata e meno pervasa da quelle !dee, ed anche molto meno ricca; perchè quella veramente ricca_tende molto meno ad essere radical-socialista, ed ha a sua disposi– zione forme politiche più capaci di difenderla. C è anche il fatto che il radicalsocialismo trova, nel suo laicismo, qualche ostacolo in Italia, perchè mo:ti «moderati» sono democri- stiani e molti laici sono socialisti o comunisti. · . C'è poi la collocazione internazionale che è più -difficile oggi die cinquant'aoni fa. L'America, così com'è, può meno sod<lL'ifareun raòicalsocialista, rperohè troppo capitalistica e amica del Vaticano;anche se la sua situazione interna si mo– difica, come è probabile, in ~enso ,più pr~ressivo, all'estero sosterrà probabilmente più le forze conservatrici che quelle

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