Lo Stato Moderno - anno IV - n.11 - 5 giugno 1947

248 LO STATO MODEaNO istituto da\·le sue irresistibi.i affermazioni di fatto al formale riconoscimento legislativo. Tutto ciò ha una importanza secon– daria, che va appena oltre i: limite•della po'.emica spicciol!a, alla giornata. Altro è il vero terreno d'indagine: e cioè l'ef– fettivo significato di certi punti fermi delle richieste marxiste. Li possiamo così riassumere: 1) base paritetica del Con– sig.J.iodi gestione; 2) potere deliberativo in certe sue funzioni; 3) sistema elettorale a blocco unico per i rl/fpresentanti delle maestranze; 4) coordinamento ·superaz:•enda•.c .. I marxisti sostengono che un Consiglio di soli tecnici ed operai resterebbe sempre ai margini della gestione perchè man– cherebbe del prestigio necessario. Un C.d.g. su basi. paritetiche sarebbe più rispondente al carattere di' quella « soluzione in– termedia » che meglio soddisfa, oggi, le esigenze del controllo operaio. Un sano realismo avrebbe fatto riconoscere ai marxi– sti come « inizialmente inevitabili i dualismi di tal genere » (l'Unità, 11 aprile 1946). Ma ciò che, fin da principio, ha messo ;n e5ospetto anche ta:uni non diretti avvel'Sari, è stata proprio la pretesa dei marxisti ad introdurre quel principio diarchico « che contrappone gli uni agli altri organi entrambi incapaci di funzionare» (Leo Diena, L'Italia Libera, 16 otto– bre 1945). E' bensì vero che nei ,progetti ,presentati dai mar– xisti spetterebbe al capo dell'azienda, come presidente del C.d.g., ;,] voto riso:uti•vo in ·seno al Consig:io; ma questa con– cessione, non solo è largamente ripagata dal diritto di ratifica che vien preteso in favore della rappresentanza del lavoro sulla nomina del presidente designato dal Consiglio di ammi– nistrazione, ma è poi frustrata dai mezzi d'intimidazione di cui si possono valere i lavoratori. Ne è una prova questo squar– cio oratorio del comunista on. Sereni: « Non si arriva mai al voto, perchè i rappresentanti dei lavoratori hanno dietro di sè la forza organizzatìva e la vol~mtà unanime de[e maestranze; e, se è in gioco l'interesse generale, è sempre possibile mobili– tare, se d'uopo, non solo le maestranze, ma tutta l'opinione pubblica» (al.Cinema Odeon di Milano il 16 dicembre 1945). Nella considerazione di questi tutt'altro che ipotetici abusi della parte operaia, in un moderato progetto sui C.d.g. pub– b!icato -da Critica Sociale (16 febbraio 1946), si era avuto cura di proibire la pubblicazione delle decisioni dei C.d.g. « per il timore che tale procedimento possa determinare reazioni, an- · che inconsulte, nell'elemento operaio». Con ciò si spiega facilmente, passando al secondo punto, come i socialcomunisi siano venuti di recente alla conclusione (vedi la Relazione del ministro Morandi al suo progetto) che sul terreno tecnico non ,possono sorgere questioni capaci di mettere in contrasto la parte padronale con quella operaia, per cui non avrebbe alcuna ragione di essere quello che vien con– siderato il problema centrale del controllo operaio: se· le fun– zioni demandate ai C.d.g. abbiano ad essere soltanto consultive od anche i•nparte deliberative. · Ora non c'è chi non veda quanto sia sospetto codesto semplicismo: e non soltanto perchè certe asserzioni son piut– tosto stonate in bocca a dei max,isti, che rinnegherebbero il loro classismo proprio nel mome_nto più critico della lotta di classe: quello della formulazione del programma produttivo. D'altra parte i socialcomÙnisti nostrani si preoccupano tanto poco dei:Jeesigenze tecn~he 111e:d-a costituzione dei C.d.g., che ciò che ;più interessa ad essi è di avere nel Consiglio degli uomini fidati piuttosto che dei competenti, anche perchè non abbiano ad immedesimarsi troppo nelle funzioni dirèttive tec– niche <;!elleaziende che verrebbero ad essi affidate (vedi le dichiarazioni del rappresentante della Camera del Lavoro di Milano alla riunione del Comitato provinciale provvisorio per i C.d.g., 1'11 novembre 1945, a pp. 150-151 del cit. voi. Il della Confindustria sui C.d.g.). Già" altra volta analogamente !'on. Sereni aveva lamentato che i commissari nominati dai C.L.N. fossèro portati inevi~abilmente ad impostare i problemi della azienda pressapoco in una maniera identica a Quella in cui l'imposta il clloitalista. Per assicurarsi la prevalenza di questi « •elementi fidati• anche se incompetenti, i socialcomunisti hanno sempre insi– stito perchè le elezioni dei rappresentanti delle maestranze nei C.d.g., anz_ichè essere per categorie, siano effettuate in un unico blocco. Da ultimo, il coordinamento dei C.d.g. con organismi su– peraziendali, che ha preso sempre più peso ,nei programmi marxisti sul controllo operaio, lascia vedere troppo palesemente lo scopo d'imbrigliare quei nuclei aziendali per tenerli sotto l'influenza dei -sindacati, dei partiti o addirittura della buro– crazia ministeriale (come nel progetto Morandi). Questi punti fermi, qui appena tratteggiati, del program– ma socialcomunista rivelano la preoccupazione dei marxisti di ottenere, attraverso i C.d.g., dei più efficaci strumenti per la loro politica di agitazione fra le masse lavoratrici. L'obi~ttivo che era stato dichiarato a pro dell'incremento produtti'VO nell'interesse naziona~e, non giustifica di certo il preminente peso di tale preoccupazione nell'atteggiamento dei marxisti verso i C.d.g., che appare invece determinato dall'in– tento di poter direttamente incidire sui centri nevralgici del– !' organismo aziendale. Anche i democristiani - per lo meno tutto il loro settore di sinistra - sono convinti fautori della partecipazione operaia alla gestione azienda.'.e: essi anzi mirano 01lrazionariato ope– raio per rendere i lavoratori compartecipi alla proprietà de'.fo . azienda. Questo programma s'inquadra nelle finalità della loro politica interclassista. Tutto ciò, da un tpunto di vista generale: ma di fronte al problema concreto, come si presenta oggi in Italia, i sindacalisti democristiani avanzano delle riserve per contenere l'intraprendenza dei marxisti. In definitiva la D. C. esprime tutta la sua simpatia per le rivendicazioni operaie intese ad otten;re una sempre più inti– ma partecipazione alla vita economica dell'azienda; ma non crede che il problema sia attuale ed oppone, cautamente ma risolutamente, delle riserve per la pronta realizzazione di pro– getti che non troverebbero, oggi, •nei lavoratori una sufficiente consapevolezza de!-la grave responsabilità che verrebbe ad– dossata ai loro rappr~entanti in seno ai Consigli (daU'intervi– sta dell'on. Rapelli ali' Avanti!, 3 aprile 1947). Per convalidare le loro riserve, i democristiani adducono anche gli « scarsi risultati » di ~uesta esperienza ormai bien– nale: è « assurdo ritenere di ,poter varare oggi il C.d.g. in con– trasto con chi detiene la direzione della vita economica ed in– dustriale », ha avvertito .J'on. Pastore (Il Popolo, 28 gennaio 1947), tanto più che « lo stesso ambiente dei lavoratori tradisce nella sua generalità un certo disinteresse ». Secondo i democristiani, una più intima inserzione delle. masse lavoratrici nella ,vita dell'azienda potrà essere realizzata soltanto in un più vasto quadro di riforme, in modo che questi C.d.g. possano effettivamente realizzare la loro vera funzione di « Consigli di efficienza ». Nei partiti minori, (come quefo d'Azione od il Repubb:i– cano storico), si sono avute manifestazioni contradittorie: si potrebbero citare voci manifestatesi su L'Italia Libera in tono nettamente discordante fra di .Joro; altrettanto dicasi per la Voce Repubblicana. Gh è che i partiti minori non avver– tono un interesse diretto a codesti problemi, e perciò sono restii ad assumere posizioni nette. che potrebbero apparire o impo– polari o demagogiche. I liberali sono genericamente favorevoli ad una più con– sapevole partecipazione dell'operaio all'attività aziendale, ma sono risolutamente contrari ad ogni forma più o meno indiretta di vero e proprio controllo operaio. Ad essi preme soprattutto fare sal'Val'indipendenza dell'imprenditore, secondo il principio della sua piena responsabilità.

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