Lo Stato Moderno - anno IV - n.11 - 5 giugno 1947

L o s T A T o M o·o E R N o 247 dvn •bbe. di che temece per il sorgere di questi nuovi istituti (Avanti/ 15 ottobre 1946); dall'altro lato, per scuotere l'in– diffe1enzadei lavoratori vincendo il lor~ disinteresse, denun• ziato upertis verbis dai sindacalisti democristiani (Il Popolo, 28 gennaio 1947) ma, indirettamente, anche dai socialisti (Acanti!, 9 agosto 1946). Una conferma di questo disinteresse deipiù interessati è offerta anche dai menzionati verbali delle riunionidei C.L.N. aziendali, da cui è possibi-:e riievare come s:astato :argamente deprecato che « tutre !e vo'.te ohe ci siamo riuniti,siamo sempre stati in pochi: da che cosa dipende? I • Consiglicapiscono l';mportanza della loro funzione o no? •· Nei confronti de'.la massa, che - come ha detto Parri (al Lirico di Milano il 31 agosto 1945) - « non è arrivata a quellasoluzione rivoluzionaria alla quale la spingevano i par– titi di sinistra », questi ~i sono trovati costretti a pagare, pro– prioad essa che non li aveva seguiti, lo scotto delle loro lu– singhe, per essersi esposti troppo inizialmente. Per rimontare la corrente, dovettero quei partiti intraprendere un poderoso sforzoorganizzativo inteso a stimolare le singole iniziative ed a coordinarle su di un piano comune. Su questo stesso piano su– peraziendale i marxisti hanno infatti svolto il loro lavoro più prof:cuoriuscendo a creare tutta una rete di comitati tecnici, di derivazione sindacale, ed organismi coordinatori, diretta– mente controllati dalle segreterie dei partiti, che sono riusciti dall'esterno ad infondere nuovamente nei C.d.g. quel po' di mordente che eran venuti via via perdendo. Ma il palese sforzo organizzativo ha finito per dare anche nuova esca a quelle critiche di parte padronale che avevano già denunziato all'opinione pubblica le esigenze di carattere politico, per niente rassicuranti, che muoverebbero i partiti marxisti,nonchè l'irriducibile spirito classista di ogni forma di controllooperaio. A quest'ultimo riguardo è, però, interessante osservare come si sia verificato, nel fervore del contrasto polemico, un ,·eroe proprio capovolgimento delle parti. I marxisti, nel van– tare i meriti dei loro C.d.g. a basi paritetiche, son venuti per– finoa sostenere che essi sono destinati a costituire una specie di porto franco per la lotta· di classe: secondo Italo Busetto (l'Unità, 12 gennaio 1946) i C.d.g. dovrebbero essere ar.o:,nlti come « strumenti di una benefica colilaborazione con le mae– stranze»; secondo Massimo Ferrari (Avanti/, 7 dicembre 1945) , noi partiti di massa siamo fermamente decisi a superare la frattura classista, almeno nel campo tecnico, di fronte agli in– teressi della produzione•· D;ll'altra parte, i conservatori, i duri a morire, si sono fatti essi pabdini dell'ine!uttabi!e con– trasto classista fra gli interessi del capitale e quelli del lavoro insanabilmente contrapposti: per cui sarebbe da • dubitare che possano esistere e funzionare nell'azienda organismi del tipo proposto » (Vittorio Di Biase, al Convegno sui C.d.g. all'Uni– versità Bocconi del febbraio 1946). Tanto è vero che poi la Confindustria ha reagito altrettanto energicamente anche con– tro le « utopie » delle correnti interclassiste (leggi democri- 1tiane) che « si basano sull'errore che i contrasti d'interesse sianoeliminabili solo con le buone intenzioni e peggio ancora che essi siano completamente nocivi al benessere pubblico • (p. 38 del primo dei due V'Olumisui C.d.g. pubb~cati nel feb– bra:o 1947 a cura della Confindustria). Quando due avversari si scambiano le parti con tanta di– simoltura, non è che una manovra per mascherare le loro vere posizioni. E del resto, su questo stesso terreno, han dovuto i marxisti scoprire il loro vero schieramento noq appena si son trovati a dover fronteggiare l'insidiosa iniziativa democristiana in favore del:a partecipazione ag:i utili e òe!l' azionariato ope– raio. In seno alla Terza Sottocommissione della Costituente si è infatti svolto nell'ottobre scorso un vivace dibattito sul ri– conoscimento di un diritto costituzionale dei lavoratori a par– tecipare alla gestione delle aziende. In tale occasione due deputati della D. C., gli on. Fanfani e Dossetti, ma soprat– tutto il primo, hanno sostenuto con grande enfasi il diritto dei lavoratori alla partecipazione degli utili, anzi alla stessa com– proprietà dell'azienda. La rappresentante comunista on. Noce ¼a replicato ad essi vivacemente, sostenendo che simili espe– dienti di carattere corporativo sono deleteri per lo spirito cli classe e che, in ogni caso, si deve impedire che il lavoratore si associ al sua datore di laV'Oroperchè il C.d.g., più che l'inte– resse dell'oper,iio~ deve curare l'interesse della generalità. Tanto che l'organo democristiano ebbe poi buon gioco nel– r accusare i teorici marxisti di non voler « elevare oltre un certo limit~ le condizioni della classe operaia », sottolineando 4 questo proposito l'opinione dell'on. Togni, secondo cui il pro– getto democristiano sui C.d.g. aveva inteso attuare « conces– sioni ben p:ù sostanziali ai lavoratori di quelle concesse loro dai marxisti • (Il Popolo, 8 novembre 1946). Fin qui si è fatto discorso soltanto delle evoluzioni tatti· che a cui si è adattata la politica dei partiti progressisti nell'in– tento di preparare il formale riconoscimento di questi tanto discussi C.d.g.; ma ciò che più preme "accertare sono gli obiet– tivi di quella politica. Quale funzione i C.d.g. debbono assol– vere nel quadro delle riforme di struttura che quei partiti si propongono di realizzare? Per certo, la politica di un partito cosidetto progressista 110nha un obiettivo fina:e ben precisato, perchè si muove se– condo delle linee di sviluppo che convergono aU'infinito verso un mito esoato:ogico. Gli obiettivi che successivamente possono venire indicati, non sono che i gradi di tale sviiluppo. E' per– ciò importante individuare, attraverso questi gradi, la direttiva di quelle linee che caratterizzano, sul piano ideologico e su quello della prassi, la posizione tenùta dai suddetti partiti. Ora noi possiamo anche accettare per vero quel che dai ,ocialcomunisti ci vien detto a ~iguardo degli scopi che essi intenderebbero perseguire oggi in Italia con la costituzione dei C.d.g.: anzitutto lo scopo d'incrementare la produzione, stimo– lando e favorendo la buona volontà degli operai e dei tecnici; inoltre quello di ristabilire la produzione su delle basi più sane, in modo eh' essa possa essere indirizzata secondo il principio dell"'nteresse nazionale. Ma questi scopi mantengono gli obiet– .tivi della politica socialcomunista sul piano tecnico produttivo, mentre è possibile intuire che altri obiettivi dietro a quelli ten- dono a rivelarsi ed a prevalere sul piano poutico delle riforme strutturali. In altri termini, ci si può chiedere se i partiti mar– xisti, in questa loro iniziativa per i"C.d.g., si son preoccupati soltanto d'incrementare il ritmo produttivo della nostra indu– stria con particolare riguardo all'interesse generale, o se invece intendono in realtà avvalersi del controUo operaio nella fab– brica come di uno strumento per la progressiva demolizione dell'ordine economico e sociale vigente. Per rispoodere a queste domande, che esprimono le po– sizioni estreme entro cui si agita il problema dei C.d.g, biso– gna accettare con pieno beneficio d'inventario le generiche di. chiarazioni degli interessati saggiandole sul banco di prova delle loro proposte concrete. Occorre anzitutto liberare il terreno da certo ciarpame demagogico, come quando ci si vova di fronte alla pretesa di offrire nei C.ò.g. la panacea di tutti i mali. C'è stato chi ad– dirittura ha voluto far sperare che « con la democratizzazione delle imprese, già in isviluppo in tutti i paesi, i lavoratori del mondo intero si uniranno per opporre il veto solenne a nuove guerre » (L. Morandi, Avanti/, 9 agosto 1946). E non bisogna nemmeno dar troppo peso a certe intemperanze polemiche: co– me quando -l'Avanti! si lascia andare aò oscure minaccie (2ldi– cembre 1946) affermando che i C.d.g. « vigileranno tanto più coloro ai qua:i essi piacciono poco•· Nè ~i deve infine indu– giare sull'accertamento di certe asserzioni: come quella sulla e spontanea evoluzione » che avrebbe seguito questo nuovo

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