Lo Stato Moderno - anno IV - n.10 - 20 maggio 1947

LO STATO MODERNO 223 dei fattori produtivi, la massima produttività dell'impresa, e nullavi è come la concorrenza che assicuri la più economica elezione fra le imprese. Come del resto dimenticare a quali pericoloseconseguenze può portare l'affidare allo Stato la de– tennmazione delle direzioni di sviluppo della vita industriale? E non è stato forse abbastanza dimostrato che sono proprio !(li enti di privilegio che favoriscono -la formazione di posjzioni monopolistiche e - peggio ancora - il mantenimento in vita d, imprese antieconomiche? E a quali defurmazioni può con– durre un sistema creditizio subordinato alle esigenze della politica? , c) L'ultimo punto è quello che riguarda la proclamata necessità di un piano di sv.iluppo dei lavori pubb1'ici. E' un prob!ema che da solo richiederebbe un :ungo discorso. Limi– tiamocianche qui a poche e brevi considerazioni. Una politica di grandi lavori pubblici può essere assai popolare, particolar– mente in questo momento, assicurando l'assorbimento di vaste masse di disoccupati; ma da un punto di vista economico, spinta oltre ad un certo limite, può essere pericolosa per il !(raveonere che determina nel bilancio (e non va dimenticata la proiezione di questi oneri sugli esercizi futuri sotto forma di spese di manutenzione a:Je vo'.te assai rilevanti), e per l'im– pi~. in certi casi addirittura improduttivo, di ingenti capi– tali che potrebbero trovare nelle mani dei privati vie di uti– lizzazione assai piu economica. Anche qui balza agli occhi la evidenza della contraddizione fra l'esigenza della massima utilizzazione delle energie produtive e l'orientamento politico, chiaramente espresso nel programma comunista, verso forme di produzione di Stato basate sui lavori pubblici. E' d'a'.tronde 1empre aperta 3a questione se non sia assai meno onerosa per l'eronomia nazionale una politica di assistenza alla disoocupa– zion(' che non una politica di lavori pubblici. Torna anche • qui, ancora una volta, chiara la necessità di un'azione politica che favorisca la ripresa produttiva privata e che· alimenti la fiducia nel risparmio, sì che le spese in beni di pronto consumo ced,1110 il passo ad investiimenli in beni capitali: ed in ciò vi saranno le premesse di un effettivo e durevole assorbimento della mano d'opera disoooupata. * .... * In conclusione, la « risoluzione » della Direzione del P. C. I. se propone ali' azione po1itica degli obbiettivi che si pos– sono approvare, rivela delle gravi lacune e, peggio ancora, • contraddizioni fra « mezzi » e « fini ». · E' l'eterna questione: o si vuole il risanamento economico, ed allora non resta che assecondare lo sviluppo delle forze eco– nomiche spontanee comprimendo grado a grado l'ingernnza dello Stato nella vita economica; o le finalità che si vogliono raggiungere sono altre, ed allora si può giustificare anche la rinunzia alla libertà economica. Ma ciò che non si può preten– dere è di attendersi un risveglio de:le forze produttive affidando allo Stato « l'esercizio delle leve economiche fondamentali >. Ciò che vogliono in definitiva sapere i produttori è questo: si va verso un liberismo o verso uno statalismo economico? Cioè, in questo miscuglio di libertà economica e di interventi– smo, qual'è la parte che soccomberà? Questa è la domanda alla quale i partiti ed il Governo devono dare chiara risposta se si vuole che risorga quella fiducia che è fondamento insop– primibile di ripresa, e che è il centro della crisi non solo eco– nomica ma anche politica attuale. Poichè ognuno vede ormai chiaramente che se la politica del compromesso oi ba portati in due anni, passo passo, a que– ste l.-ondizioni, è giunto il momento di decidere: o da una parte o dall'altra, ma camminare. ALBERTO GIULINI Crisi econom1c.a o politica? L'on. De Casperi, invece d 'affronta.re risolutamente da– oanti <111' Asseml,ka Costituente la discussione sulla situaz«me economica e finanzliaria del Paese, ha preferito ritirarsi 'in buon ordine ilasciando ad altri il oompito di ca:pi'tarlare il nuovo governo. L'on. Nitti, tenace e preparato oppositure della politica economica e finanzilJl'ia dei tre g<>ver114 De Gasperi, ha avuto per il pri= ìl compit,o di formare il nuooo gooomo. Bastano questi due fatti per nwstrare qual'è il vero foncw della crisi: fondo economico e finanziarw. Vi è qualcu1W, oo.. t1m.innente, che cerca di mascHerare questa limpida cxmsto– tazione con pudichi veli politici. fooano. L'on. De Gasperi è propr,io caduto perchè non ha saputo guidare una coerente politica economica e finanziaria. L'on. Nenni, ai suoi bei kmpi, quarulo fabbricaoa s!ogan che avevano qualche e /fe.tt -0 pirotecmoo sulle =e, s'era fatto un nome con il suo po:+tique d'abord. Ma l'an. De Gasperi, con 'i fatti, aveva fatte proprio il motro nenniano. Non è, in– fatti, un mistero che a tutti coloro che ancwoano a paif'm-gli di argomenti economici, appartenessero o non appa,,t:enessero a.l sue partito, egli opponeva un fin de ,non recevoir. Solo il giooo pd/i,bico gli inkressava. Niente altro. E ,; risultati li ab– biamo tutti sott'rocMo. Il fatte è che per presiedere ,un, govemo che effettiva– mente governi un paese che si trova in una situazione kono– mica come quella odienw itcdilma, occorre una cont,s'cenza, non superficiale, della tecmca economica. Quando il Consigl.io dei Ministri si riuniva per discutere i problemi che oggi ef– fettivamente interessano al Paese, l'on. De Gasperi rimaneoa muto oome un pesoo o, se interoenioo, era 'f1eT dire oose ba– nali; le sue co1Wscenze eoo11Cmiche, probabilmente, son limi– tate (U « gioro • di borsa dei fattorini o d&le dattilografe. Cosa ci-Ovevadire, del resto, .se i probi.emi economici non sol-Oignora ma si rifiuta anche di co,wscere? Nessuno disconosce l'abi!,ità rrwnovriera politica delr'on. De Gasperi. Ma è proprio un'abilità spreoata per le necessità attuali del. Paese. La -rwstra politica è materiata, oggi più che mai, cli fabti aconomici. Onde ocoorre un Presidente del. Con– siglio che sappia veramente oompoflk, non solo con r autorità del suo nome, ma anche con la personale conoscenza dei pro– blemi, I.e opposte tende11ze cl-le sempre si manifwtano in un governo di coalizione. E' chiaro che un tal.e Presidente del Consiglio, per il nwmento almeno, può trovarsi solo fuori dei partiti di massa: ed ecco la ragione dell'immediato incarico aN'on. Nibti. Ma q=to fatto, riesca NitU o non riesca nel suo rentativo, se può generalmente bene inCerpretarsi per l'avvenire del Paese, lascia qr.u.iche margine di dubbio. I ,tre partiti di massa, prima e dopo le elezioni dell'Assemblea Costituente, anelarono (e giustamente) all'an'embaggio clel potere. Ades– so se ne ritraggono impauriti. Sembra che non vogliano rituf– fare le mani nel vespaio pericoloso delle questioni economi– che 13 finam:1ìarie. Perchè? Lo sanno tutti: sia= alla vigilia deNe eleziom ed i tre parati vogliono amvarvi rinverginati da un periodo di aste11siane-collaborazione gover,/llltiva. Ora, la pcxitica delle mani rne/Jte, che ooesso attira per– fino la Democrazia Cristiana, è pericolosa assai: vuol dire (ma c'è bisogno di rimarcarlo?) che ai tre ,partiti di massa interes– sano più & wro fortune elettorali che fW1l quelle economiche del Paese. Se si tengpn presenti questi fatti, ~ difficile preveder miglioramenti nella nostro situazione economica, L. L.

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