Lo Stato Moderno - anno IV - n.9 - 5 maggio 1947

198 LO STATO· MODERNO vo:ta che -si \'UOI tornare al Sr:labo, che si vog:iono insegnare ai giovani Jtaliani le verità della Rivelazione secondo la dot– trina tomistica, ma non si venga ;a ,parlare di :ibertà de[a !ICUdl.alDel resto', è ne:i'.a natura delle rose che il credenre in una data re:igione sia intdllerante: se ci è concesso di citare una 1>ecoodavolta Stuart Mii!, « nel pensiero di quasi tutte le peroone religiose, anche nei paesi più to:Ieranti, il dovere della to:,:eranza è. ammesso còn tacite riserve ». Se questo è vero per la tolleranza. figuriamoci ipoi per la ,libertà! * * * A sostenere la laicità della scuo:a crediamo sarebbe di per sè sufficiente il motivo giuridico deJ.:a assoluta sovranità statale; ma preferiamo fosi~tere, a tito:o -conclusivo, st1 quello pedagogicb. E' pacifico che la scuola debba e~ere educatrice e -che .educazione sfa sinonimo di formazione morale .e questa, _astta volta, di ìibertà: dire libertà e dire scuola è ,dunque dire la stessa cosa. Come si esp•lica(a libertà ne: campo scolastico? Ricercando spassionatamente, spregiudicatamente la verità; aiutando, col minimo intervento ~ibile, il discente a ritro– vare, a creare in sè ,a verità. Lo spirito non tol:era direttive di .marcia: non ,può quindi configurarsi -una mèta già presta– bilita da raggiungere con l'insegnamento; non si può mirare ad una res esterna, ad uno schema precostituito; .non c'è mai una .scienza già fatta, ma una scienza in fieri. Non v'è, in– wmma, una verità già data oggettivamente, ma, come s'è .detto, una ,ricerca di verità. Solo chi si limita ,a i!'icercare la ve1ità coi suoi allievi insegna in L~piritodi -:ibertà; chi éerca di incu!care :oro una verità bell'e fatta, tradisce e nega la libertà. Questa è la vera libertà, la libertà , iberatrice, la ve– rità che vi Jiarà liberi: e 'nessun'a'.tra. Una souo!a, quindi, che pre_l:endadi insegnare una verità rivelata, va contro :a libertà, è disedùcativa e, per quanto sopra detto,. immorale; Ja scuola confessionale è immora'.e non ·,per « il macchinismo morale • che Miche'.et denunciò nel:e scuole dei Gesttiti, ma perchè viola l'intimità del'le coscienze e uccide r anima stessa deJ::a scuola: la libertà. E', come -diceva Quinet dei collegi dei Gesui– ti, una scuola che si limita a « dare allo ,spirito un movimento apparente che gli renda impossibile ogni reaèe movimento»: è :a· sc-uola che commette il peccato capita'.e contro fo spirito. Per questo stesso motivo siamo contrari all'insegnamento del!a ,religione nella scuola pubblica; perchè non si può ,servire a due padroni, nè è in grado il giovane di orizzontarsi tra gli opposti insegnamenti su'..!ostesso argomento, del docente di re1igione e di que:,Jo-di filosofia: non è •:ecito dare scandal~ ai giovani e turbare la loro coscienza con poco edificanti gare tra i loro maestrti. La religione, come forma inferiore, come mito, si risolve nella filosofia: si dia ampio iposto, ne)'.a trat– tazione della storia de'.la ffosofia, al fenomeno religioso, si insegni )a storia -delle religioni; ma non si pretenda di inse– gnare i dogmi della Chiesa cattolica romana. For,se ci sarà chi ci accuserà ,d:i sostituire ad un dogma– tismo un a·ltro ancora più cupo e chiuso: noi invece preten• diamo che l'insegnante, ,pur non spogliandosi della sua per– sonalità in un frigido agnosticismo, non si faccia banditore ex cathedra di alcun verbo, nè catto.ico, rlè idealistico, nè marxi'.stfco, nè qua:e altro sia oggi maggiormente in pregio. Perciò siamo fermamente convinti che l'unica concezione che non intacchi il principio della libertà dàla scuola, senza per questo cadere jn un farneticante problematici-smo, sia proprio quel'.a de'.'l'antidogmatismo radicale, de!,'aconfessionalità as– so'.uta, della laicità. FERDINANDO VEGAS I GJOVANI NON S01VO GIACOBINI(·) I. Oggi i giovani non sono giacobini. Bisogna ripeterci questa verità: contiene uno dei segreti de:la crisi che at– traversiamo. Le crisi sono sempre chiuse con più 1ìerrature, e le serrature de:la storia si aprono a segreto. Basta pro– nunciare una parola. I giovani non sono giocob'ini. Come · tutte le formule, anche questa pecca di semplicismo, è in– sieme banale e paradossale. Ma tant'è: delusio.ni e canto– nate seguono a non tenerne conto. I giovani di oggi non sono radicaU: in ntlssttna dire– zione, nemmeno di destra. Questo significa che de:l'educa– zione fasoista hanno assorbito il cosiddetto realismo, :o spi– rito -di opportunità, non l'estremtsmo, il radicalismo, lo chau– vinisrno. Nasce anche il dubbio se quei ve!eni vi erano proprio contenuti, o se non erano so'.tanto ingredienti stampati sul– l'e'tichetta (con sopra impresso un teschio). Tutto il prob:ema sta qui, e si può esporlo mediante una domanda. DaK'esperienza di questo ventennio i giovani sono usciti vaccinati, - immunizzati co'ntro certe infezioni o semplicemente non ne hanno ~ubìto il contagio? Viene da chiederci: i: favoloso morbo fascista non fo per c;so rtutta una fantasia di untori? Quando un organismo, non reagisce a una infezione lei si ritiene un organismo poco sano. Un eccesso di antitossine - si dice - protegge proprio le nature vecchie o tarate. Non è dunque indifferente appurare perchè la nostra gio– ventù è uscita relativamente immune da certi contagi. Il che non si può dire di altre giovani ,generazioni europee. E' risaputo che in ,genere f giovani sono radica:i: per natura, radici:ili di destra. NazionS:isti. Anche i giov11ni so- vietici. Non si tratta soltanto di una tradizione episodica, quel'.a tedesca de[e associazioni universitarie, della « Borus– sa » etc., o francese dei « Camelots de Roi », o italiana dei giovani iITTedentisti,o slava dei Sokols, e via dicendo. E' un atteggiamento spontaneo de!la gioventù. I giovani (con– trariamente a quel che si crede) non guardano all'awenire, o meg:i.o lo vedono con gli aspetti del passato. Appunto perciò possono essere faci:mente utopisti (ma allora entria– mo in un a:tro discorso). Questo è il loro nazionalismo: amore della tradizione; e questo è il loro radicalismo: amore del– l'irrazionale. Affacciandosi aUa loro esperienza di uomini, sentono un'acuta nostalgia de! passato che non hanno vis– suto, e perciò tendono a riprodurlo e a pro'.ungar!o nel pre– sente. II loro sentimento, tanto più vivo quanto più accura– tamente nascosto, è di àccorato rimpianto' per quei beni per– duti. Anche questo è risaputo. Ogni .1?:iovane è nato troppo tardi. Non ci ingannino i loro gesti spregiudicati, che sono so:tanto àpparenti. Se irridono al:e abi,tudini dei padri, è per ritornare a quelle dei nonni. Davanti ,ai loro occhi il passato si spiega come una stoffa cangiante, che suscita il rammarico di non esser$ene vestiti, e di non fare più in tempo a goderla. Che cosa è il passato de: giovane se non un futuro che, per lui, non si è realizzato? Questo gli pro– voca una malinconia che è quasi un'angoscia. E' prover· <•> Qu.esto saggio tu acntto • Roma nel 4!.0emlbrie del 1941. ~ tu obbiettato -allora che ,la tesi, 11>eo- quanto generale, era sugg<!';à 1 QllU 'aml:tl<!nte -rom:ano. Ben "1 tro I '<mlmo dell·a g!ov>entìl in'el N<;.,, Al saggio, rimasto Inedito, <! capl!tata Jnveoe questa singola.re - tuna (e a noi questa òds ~az.la ): d4 d.Lventare plìl attuali! col pas- 91,re de! eiornJ. oan, plìl <ti alloni,

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