Lo Stato Moderno - anno IV - n.6 - 20 marzo 1947

ll.10 LO STATO MODEftNO RADJO EDUCA11VA O PUBBLICJ1ARJA? Quando al recente dibattito a:Ia milanese Casa del1a Cu:tura su: problema de!la stampa Giorgio Vigevani conc!use il suo intervento, in cui aveva rammentato resistenza di un prob!ema analogo ma forse più concretamente attuale per la radio, manifestando :e sue preferenze per una soluzione na– zionalizzatrice, io ebbi a congratularmi con lui per l'abilità del suo argomentare; ma espressi il mio dissenso riguardo alla sostanza, dicendog:i che in ogni caso avremmo Spataro a:la presidenza, e che pertanto mai come in questo caso sa– rebbe vero l'aforisma francese che plus on -change plus c'est la méme chose. Questo per dire, in sostanza, che, a prescin– dere dalle qua:ità personali del:'on. Spataro, prevedendo che ancor duri la relativa preminenza del partito democristiano in Italia, sarebbero sempre uomini di questo partito a diri– gere '.e sorti dell'Ente radiofonico nazionale, sia che conservi l'ibrida forma attuale, sia che assuma forma nazionalizzata. Soggiungo, per spiegare it mio accenno all'attua:ità del pro– blema, che con il 31 dicembre del prossimo anno scade il rapporto di concessione monopolistica al!a RA.I. (ex-E.I.A.R) e che lo Stato, a termine del capitolato di concessione, avreb– be la possibilità di assumere direttamente la gestione. Ho avuto poi occasione di ripensare a que:la mia osser– vazione e mi sono convinto della parziale verità della mia accomodante boutade. Confesso che in quei giorni stavo ri– f!ettendo con una certa simpatia sul sistema americano di totale libertà delle imprese di trasmissioni radiofoniche, che attingono i mezzi di vita esclusivamente dai proventi della pubblicità. Ma si tratta forse di cose che sono bel:e a distanza, a prescindere dal'.a diversità di condizioni ambientali, come avrò occasione di spiegare in seguito. Tuttavia sono ferma– mente convinto che, a prescindere dalla natura privata o pubb!ica del monopo:io, il difetto grave consista proprio nel fatto del monopo'.io, o della unicità de!la concessione. Tra :e tante cose di cui si è interessato il C.L.N. piemon– tese nei famosi venti mesi, vi è stato il prob!ema de:Ja radio. Ebbi l'incarico della redazione di un questionario sull'argo– mento, in cui vennero tratteggiate le varie soluzioni ppssibili, con l,a esplicita raccomandazione di un attento e spassionato esame del:e esperienze degli altri paesi. Le risposte non furo– no numerose; e per uno deg:i strani fenomeni di condiscen– denza personale di quei tempi, •il tentativo si fermò a metà perchè saltò fuori un tale - de cuyo nomb-re no quiero acordarme - che aveva, come si è poi visto, interesse che continuasse il sistema di prima. cioè quello ibrido, nè privato nè pubblico, dell'E.1.A.R. Comunque, se risu:tati yi furono, consistettero essenzial– mente nella individu-azioue dei pericoli del monopo:io. Ri– cordo che al:ora vi fu qua:cuno a suggerire la costituzione di enti regionali radiofonici, anche come mezzo per destare il diretto interessamento popolare ai problemi de:Ie autonomie regionali, indipendentemente dai possibili risu:tati di una gara nel mig!ioramento dei programmi. Altri invece pensarono ,ad una limitata pluralità deJ:e concessioni, in modo da rea:iz– zare una essenziale concorrenza tecnica e qualitativa nelle trasmissioni. Adesso il dibattito potrebbe essere riaperto, e vi sarebbe tutto il tempo per maturare soluzioni economicamente e po:i– ticamente opportune. Ma penso che sarebbe un grande errore se ci si limitasse puramente e semplicemente a quei criteri: il probìema del:a radio va considerato soprattutto in re:a– zione all'educazione e al. costume del Paese. Pertanto una soluzione che. desse le mig!iori garanzie politiche - cioè libertà di espressione de:le idee politiche anche della mino- ranza ed obiettività ne::e informazioni - e le mig:iori garan– zie economiche - cioè basso costo pubblico di esercizio - potrebbe essere in contraddizione con gli interessi ideali della col;ettività se fosse condizionata aUa diffusione di programmi artistici ed educativi al live'.lo de::a letteratura dei « fumetti ». Ora, tutta la diffico'.tà de: problema consiste proprio nel contemperamento delle esigenze politiche éd economiche e di quelle educative. In linea teorica si osserva che un ente pubblico, ove si riuscisse a trovare il modo di ridurre al minimo le ingerenze governative illecite, darebbe la garanzia di una maggiore considerazione . delle esigenze educative; mentre la competizione tra società private potrebbe garan– tire una maggiore perfezione tecnica e forse un minor costo di esercizio. Ma è chiaro, o dovrebbe esser:o, che ne:Ja ricer– ca del'.a soluzione ottima non bisogna riferirsi a paradigmi astratti o ideali, ma alla concreta situazione socia'.e politica ed intellettua!e del popo'.o italiano. Tutto il gran parlare che si fa attorno ai programmi di naziona!izzazione, ad esempio, gira per !o più a vuoto, perchè non si naziona:izzerebbero figurazioni economiche astratte ma concrete attività econo– miche in naturale ed intima relazione con il loro ambiente economico e socia!e. Nei confronti dei programmi di nazio– nalizzazione del proprio Governo, il settimanale inglese « Eco– nomist » ha più volte scritto che il problema va considerato caso per caso. Giovanni Giolitti che finora rimane, storica– mente, il maggior nazionalizzatore italiano (Ferrovie, mono– polio statale delle assicurazioni), aveva J' abitudine di ripetere che quando si deve vestire un gobbo bisogna fargli il vestito con la gobba. · In base a queste considerazioni di modesto buon senso, sembrano fondate le affermazioni di co'.oro che sostengono che la soluzione da ripudiare è quel:a della continuazione del sistema attuale, che a parere di molta gente ha insieme gli inconvenienti de['iniziativa privata e que:Ii dell'impresa pub– blica, senza averne i pregi particolari. Molto dipende dalla situazione del:a S.I.P., di cui la RA.I. è una emanazione. E' infatti noto che la S.I.P. è posseduta per il 48 per cento dal– l'I.R.I., ciò che vuol dire che lo Stato è interessato ne!la RA.I., senza tuttavia averne i! contro:Jo. Nella pratica, sia con l'E.I.A.R. sia con la RA.I., si è realizzato uno dei soliti com– promessi; lo Stato, o come a suo tempo osservava la buon'ani• ma di Ch,amberlain, gli uomini al Governo trovano una certa condiscendenza nell'Ente radiofonico in ordine alle esigenze politiche; l'Ente radiofonico dal canto suo è libero di svol– gere una po:itica aziendale ispirata a criteri eminente·mente privatistici. Data una tale condizione di cose, la soluzione naziona· lizzatrice avrebbe per lo meno il vantaggio di chiarificare le posizioni; e per di più non sarebbero da escludere migliora· menti del servizio. Il pro'b:ema, su:le tracce del Jevons e del Marshall, potrebbe essere a questo riguardo impostato così: i: complesso técnico economico dei servizi di radiodiffusione ha ormai raggiunto un grado di completezza da escludere la necessità del:'iniziativa privata per quanto riguarda il rischio di nuovi perfezionamenti, la ricerca specifica di miglioramenti tecnici ed economici? Se la risposta può essere affermativa, non dovrebbero esservi resistenze contro la naziona:izzazione in quanto si tratta di un servizio di cui i: pubb'.ico può quo· tidianamente saggiare l'efficienza. Il dubbio più forte, e l'os– servazione .vale ,anche se si prospetta la possibi'.ità del mante· nimento del sistema attuale, riguarda la convenienza per tutto il Paese di un solo ente per le trasmissioni radiofoniche. A prescindere dal costo economico del servizio, è legittimo pen-

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