Lo Stato Moderno - anno IV - n.1 - 5 gennaio 1947

16 LO STATO MODERNO problema palestinese, specialmente in seguito alla tendenza di portare fa propria offesa ovunque sia possibi:e colpire il .Governo britannico, trarrà da esse incitamento ad aumentare la p~pria attività. E' vero che :e gesta dei terroristi sono state severamente condannate dal!a maggior parte dei congres– sisti, a cominciare dal dott. Weizmann, l'autorevole presidente de!l'011ganizzazione sionista, il qua!e ha chiaramente dimo– strato qua!e pericolo rappresenti il terrorismo per la causa sionista; è ,vero che neg:i ultimi• tempi sempre più evidente si è fatta la tendenza del:a comunità ebraica palestinese a scin– dere la propria responsabilità dalle criminose gesta del gruppo di fanatici che guida l'azione terrorista; ma non è men vero che la decisione di non partecipare a trattative di sorta sarà interpretata da parte deJ.!e correnti, le quali sostengono che solo con la forza è possibile rea!izzare -I'idea'.e sionista, come un'indiretta conferma de11' esattezza del loro punto di vista. E' quindi d'attendersi un rincrudire degli attentati e degli atti di violenza da parte dei terroristi e conseguentemente l'adozione di sempre più severe misure repressive da parte delle autorità britanniche, fino a che tutta la vita pa•lestinese sarà avvolta in un'atmosfera di sospetto e d'insicurezza gene– ra:e che renderà impossibile lo svolgersi d'ogni ordinata attività. L'intransigenza degli ebrei non mancherà poi di provo– care un ma)?:giorirrigidimento anche da parte araba. E' noto come gli arabi si siano sempre dichiarati ferocemente ostili alla instaurazione di uno Stato naziona~e ebraico in Pa!estina e abbiano sempre difeso la sovranità araba su tutto il territorio pru!estinese. AHa base di questa ostilità vi sono indubbiamente dei motivi d'ordine ·nazionalistico, religioso e culturale, oltre che economico, che rendono diffici:e una soluzione del pro. blema palestinese che possa essere accettata dagli ebrei. Non ,si deve però nemmeno escludere completamente la possi– bilità di un compromesso tra il punto di vista arabo e quello ebraico, come lasciavano intravvedere -le num6fose voci circa progetti arabi che si baserebbero sul principio della cessione di una parte del territorio palestinese ,agli ebrei. Ma perchè questa possibièità possa concretarsi sa,rebbe necessario che anche da parte ebraica si dimostrasse una dose di buona volontà maggiore di quella rivelata <la41edecisioni di Basilea. E' significativo che in seguito ai risultati del congresso sionista i capi arabi abbiano aumentato l'intensità della campagna diretta a -ruscitare una vio!enta a)?:itazione popolare per la creazione di un Governo arabo in Palestina. Ed è significativo anche che la Lega per la liberazione naziona.Je, che è l'oi,ga– nizzazione centrale politica degli operai arabi palestinesi e che ha sempre dimostrato una certa compr~nsione per le aspi– raziQni delle masse ebrl!iche, si sia dichiarata in questi giorni contraria a\·la ·spartizione deDa Palestina e abbia rivendicato la costituzione .di uno Stato arabo indipendente che abbr;icci tutto il territorio del-la Terra Santa. u:teriore motivo di preocc~pazione è determinato dagli evidenti se)!ni d'irrequietudine che da qualche tempo vanno moltiplicandosi tra gli arabi. Con pairtico'lare attenzione viene osservata l'attività di due organizzazioni -paramilitari arabe di recente costituzione: la Nejeda e la Futawa, i cui legami con il Gran Muftì di Gerusalemme, Amin el-Husseini (il quale, non si deve dimentioorlo, vigila attentamente dal comodo rlfugio egiziano) sarebbero, a quanto si asserisce, a-ssaistretti. In questa situazione la possibilità di .un urto tra arabi ed ebrei, che rinnovi le sanguinose violenze degli anni 1936-38, acquista concreta consistenza. Le -accuse da parte ebraica, secon·do ·le quali gli int,esi avrebbero permesso la c°'5titu– zione delle due organizzazioni militari arabe al·lo scopo di provocarè un conflitto arabo-ebraico, non contribur.;cono certa– mente a rumi~uire la tensione che si sente crescere in Terra. Santa. e La necessità di una soluzione del problema palestinese diventa perciò ogni ,giorno più urgente. Un peggioramento del!a situazione potrebbe facilmente provocare un conflitto le cui conseguenze s'irradierebbero molto lontano. Non si ·deve dimenticare che la Palestina è una pedina importante nel gioco egemonico del!e Potenze •nel Vicino Oriente. La politica finora adottata dal!a Gran Bretagna, che quale Potenza mandataria ha la mag,gior responsabilità de:la situazione pafostinese, è stata quella di temporeggiare, alter– nando, a seconda -delle ·circostanze, 1a repressione alle co,– cessioni. Negli anni passati ,questa politica ha offerto al Go– verno di Londra il mezzo di prolungare la necessità deUa presenza ing!ese in Palestina, punto :di importanza essenziale per gli interessi strategici ed economici de!l'impero britannico, ma a lungo andarè ·ha condotto i11 un vicolo cieco dai quale gli uomini po'.itici inglesi sarebbero felicissimi di ipoter uscire. Da1':a fine della guerra Londra •ha ritenuto di trovare la chiave deDa soluzione a4 diffici!e prdblema ne:la cooperazione degli Stati Uniti. Di qui la nomina della commissione ang:o– americana nel 1945 con il compito di studiare in loco la questione pa''.estinese, la costituzione di un comitato d' esperti anglo-americani per l'applicazione pratica dei suggerimenti formu'.ati dalla predetta commissione e i numerosi tentativi da parte ing!ese per far condividere ai cugini d' olkeoceano !a ,responsabilità dell'intrico palestinese. Ma una cooperazione americana, almeno nel senso voluto d:igli inglesi, si presenta assai diffici-!e. Basta guardare alla situazione interna degli Stati Uniti e all'influenza esercitata sull'opinione pubblica dalla forti1Ssima comunità ebraica, ,per convincersi come il Governo di Washington non possa farsi promotore di nessuna so'.uzione che non tenga conto delle rivendicazioni sioniste. E di fotto il Presidente T,ruman ha respinto il piano di canto– ntizzazione preparato nello scorso luglio dagH esperti anglo– americani e non ha mai mancato di sostenere pubblicamente il punto di vista ebraico. Anche 1e conversazioni. che a propo– sito de'lla Pala-;tina si sono svolte tra Bevin e Byrnes a 'New York durante il recente convegno <lei Quattro ,Grandi non sembra abbiano portato -ad alcun risultato. Comunque il Governo britannico sembra deciso a richie– dere la collaborazione statunitense. Atteggiamento del resto molto plausibHe, in quanto, fallita la possibilità di dare al problema palestinese una so'luzione. confortata dal consenso degli ebrei e degli arabi, Londra dovrà decidersi ad adottare una propria so:u2Jione, decisione per essa mO'! to incresciosa perchè, a parte le difficoltà materiali, essa deVe tener conto della triplice preoccupazione di non scontentare gli arabi, di non scontentare gli ebrei e dì non danneggiare i propri inte– ressi imperiali. L'altra alternativa per il. Governo britannico sarebbe di far proprio li •punto di vista di cui Churchill s'è fatto sostenitore: quello d'abbandonare li mandato e deferire tutta '1a complessa questione all'Organizzazione delle Nazioni Unite. Nella situazione attuale ,è forse questo il mezzo più opportuno per dare una so!uzione al difficile problema; ma l'abbandono del mandato significherebbe per la Gran Bre– tagna il ritiro <lal!aPalestina e conseguentemente una revisione radicale della sua po'.itica imperiale, di cui la Terra Sai;ita costituisce una delle pietre all'golari. E' quindi dà prevedere che ben difficilmente il Governo britannico s'adatterà a CO!_D· . piere un passo del genere, speciitmente se (si tien conto del· fatto che nel prossimo avvenire, dall'Egitto al!a Turchia e all'Iran, ipotrebbero yerirfi~arsi avvenimenti· capaci di scon- - v!igere tutto il Vicino e Medio Oriente. · GIOVANNI LOV18E1TI

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