Lo Stato Moderno - anno III - n.24 - 20 dicembre 1946

Lò STATO MODERNO 563 LA-QUESTIONEDEL"VETO"ALL'O.N.U. Era naturale, dopo l'esperienza fattane nel primo anno di vita dell'Organizzazione, che la questione del « veto » dovesse costituire uno dei principali, e dei più scottanti, ar– gomenti di discussione de'.la seconda sessione della prima A~semblea generale dell'O.N.U. Poiché veramente da questo istituto, dal modo com'esso funziona e funzionerà, dipende la possibilità che .J'O.N.U. viva e adempia al compito per cui è stata creata ovvero muoia o si limiti a vegetare, come la Società delle Nazioni negli ultimi anni, solo per fornire il bersag:io alla critica o all'ironia degli avversari della col– laborazioné internazionale. Per la verità l'istituto, che non del tutto propriamente si suol chiamare del « veto » (e che ricorda nei suoi effetti deplorevoli gli eccessi di certi tribuni del popolo dell'antica Roma al tempo de[a decadenza dell'istituto e il liberum veto del:,a nobiltà polacca che portò il Regno alla catastrofe), ebbe una gestazione particolarmente laboriosa, che denota come gli stessi suoi promotori e beneficiari fossero stati esitanti prima di sancirlo. · Il vecchio patto della S.d.N. disponeva all'art. 5, par. 1, che, « salvo disposizione espressamente contraria », « le deci– sioni dell'Assemblea o del Consiglio sono prese all'unanimità dai membri rappresentati alla riunione »: il che significava il diritto di veto sancito a favore di tutti i membri de:la Società e non dei soli grandi, e per entrambi i suoi organi principali. Vi erano tuttavia alcune eccezioni, e non solo per le questioni di procedura (art. 5, par. 2): così per l'ar– ticolo 15 il voto dei rappresentanti delle parti circa il rap– porto del Consiglio su un conf.itto fra membri della Società suscettibile di ,provocare un,a rottura, non era compumto nel calco:o de'.l'unanimità; e per un analogo rapporto dell'As,. semblea era sufficiente l'unanimità degli Stati membri del Consiglio e la maggioranza deg:i altri, sempre ad esclusione del:e parti in causa. Ana-'.ogamente, per l'art. 16, par. 4, la esclusione di un membro dalla Società poteva e~sere pro– nunciata col voto di tutti gli altri membri rappresentati al Consiglio. Pur con queste limitazioni, la clausola dell'unanimità fu tra le cause del fa}limento dell'organismo ginevrino; e quando, a Dumbarton Oaks (agosto-ottobre 1944), si trattò di trac– ciare le linee della nuova organizzazione internazionale, fu stabilito che le decisioni de:.J'Assemblea Generale sarebbero state prese a maggioranza di due terzi se imporranti, a maggioranza semplice le altre. Nessuna decisione fu presa invece sulla procedura di votazione in seno al Consig:io di Sicurezza, talché nel testo delle proposte di Dumbarton Oaks fu esplicitamente dichiarato che la questione era an– cora al:o studio. La formu:a per la sua soluzione fu trovata dai tre grandi in occasione della Conferenza di Crimea del febbraio 1945, che, su proposta di Stalin, fissò il requisito dell'unanimità dei cinque membri permanenti per la validità delle decisioni del Consiglio di Sicurezza: formula ohe incontrò fierissime resistenze da parte delle piccole nazioni a San Francisco, dove fu patrocinata con partico:are energia dalla delegazione so– vietica, che anzi sosteneva l'esigenza dell'unanimità delle cinque Grandi Potenze anche semplicemente per ammettere una controversia allo studio del Consiglio. La clausola passò' poi a fatica con qualche attenuazione e per la considerazione che altrimenti non sarebbe stato possibile _concludere: e ne naoque l'art. 27, secondo cui le decisioni del Consiglio di Sicurezza debbono essere prese con voto affermativo dei cinque membri permanenti e di altri due membri del ·Con- siglio, ad eccezione di quelle in materia procedurale, e con la riserva che le decicsioni che ricadono sotto il cap. Vtl ( e cioè che concernono la soluzione pacifica de!Te controversie) - ma non quelle più importanti del cap. VII, concernente « l'azione in rapporto a:le minacce alla pace, alle violazioni della pace e agli atti d'aggressione» - e sotto il paragrafo 3 dell'art. 52, d'interesse minore, un membro parte di una disputa dovrà astenersi dalla votazione. Per la procedura delle votazioni all'Assemblea Generale furono mantenute le disposizioni di Dumbarton Oaks che prevedono, secondo i casi, maggioranza di due terzi dei votanti o maggioranza semp:ice. Progresso notevole senza dubbio, sul patto della Società delle Nazioni: ma si tenga conto che i poteri dell'Assemblea de:l'O.N.U. sono assai più limitati di quelli dell'Assemblea ginevrina. Onde la questione de:J'unanimità nelle decisioni dell'Assemblea e del Consiglio - discendente dal principio de:Ja sovranità degli Stati -, che paralizzò a suo tempo la Società delle Nazioni, è divenuta nel nuovo organismo la questione del veto, o meglio del– l'accordo dei soli cinque membri permanenti del solo Con– sig:io; ma è più paralizzante ancora, perché le decisioni in cui è prescritta l'astensione delle parti in causa sono più limitate, e perché i'! patto de:Ja Società delle Nazioni si li– mitava a chiedere « l'unanimità dei membri della Società rappresentati alla riunione», (e l'interpretazione aveva ammesso che non si tenesse conto degli astenuti), mentre l'art. 27 della Carta di San Francisco prescrive tassativamente il « voto af– fermativo » di sette membri del Consig:io, ivi compresi tutti i cinque membri pe1manenti: onde l'astensione o l'assenza di uno di costoro è sufficiente a invalidare la votazione. Ma più ancora del differente disposto dei due testi, è la differenza de!lo spirito animatore dei due organismi, qÙeI:o del 1919 e quel:o del 1945, a rendere paralizzante, oggi, l'istituto del veto. Nel!a Società de: 1919, infatti, i princi– pali membri del Consiglio, a:I'indomani di una guerra com– battuta non solo formalmente in comune, e con uno spi– riY>sostanzialmente comune, e non divisi tra loro da gravi dissensi ( e ciò va!e a maggior ragione per i minori che si trovavano di vo'.ta in volta a far parte del Consig'.io), erano nelle migliori condizioni per trovarsi d'accordo ne'.la maggior parte dei casi e ne: giudicare con serenità le questioni che potessero loro prospettarsi; e quando la Germania entrò essa pure in Consiglio, era in una fase di distensione del suoi rapporti con -le Potenze occidentali, cessata la quale con l'avvento di Hitler ne usci; ed anche l'U.R.S.S. di Litvinov, quando a sua vo'.ta fu ammessa nella Società e nel ·Consiglio, era realmente, almeno nei suoi atteggiamenti po:itici, in una situazione di concerto con le Potenze occidentali. Profonda– ment~ diversa è invece la condizione dei rapporti della U.R.S.S. con Stati Uniti e Gran Bretagna all'indomani della seconda guerra mondiale, e vorremmo drre nel corso stesso della guerra, e oggi più ancora: condizione di equilibrio in– sta:bi!e, di diffidenza reciproca, di divisione in b'.occhi, ef– fettivo e granitico da una parte e tendenziale dall'altra: le vedute divergono quasi in ogni questione. In queste condizioni riesce estremamente difficile al Consigìio di Sicurezza svolgere un lavoro proficuo, come hanno dimostrato le riunioni da esso tenute nel cors_o di quest'anno, tra la prima e la seconda sessione dell'Assemblea GenerU:e. Tipico a questo riguardo può essere il caso delle domande d'ammissione: di nove presentate, solo tre (Svezia, Islanda, Afghanistan) hanno avuto la concorde approvazione

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