Lo Stato Moderno - anno III - n.24 - 20 dicembre 1946

• 41 560 LO ~TATO MODERNO PROBLEMA UNJ.1ARJO Premesse della ricostruzione economica 1) Accade spesso di riscontrare, in ciò che oggi si sente dire nelle questioni economiche, una tendenza errata: quella di credere che ,il disordine economico nel quale viviamo sia paragonabile ad una matassa aggrovigliata di cui non si sappia trovare il bando!o. Fra co!oro che così pensano - e non sono pochi - non v'è accordo su ciò che per esso si debba inten– dere·. ognuno lo identifica con un diverso oggetto (sa,ari, prezzi, esportazioni, moneta, ecc.), ma ognuno è d'altro canto convinto che afferrare quel bandolo significhi scio– gliere il grovig:io: nella vana illusione che esista nel sistema economico un e:emento pròITlinente sugli altri, nel senso che basti agire su que[o per ristabilire fra tutti quanti l'ordine turbato, e dimenticando quindi quel principio della interdipendenza che è la legge suprema dell'economia. Una delle espressioni più evi<lenti e più attuali di questa ,ten<lenza errata nel considerare il fenomeno economico, si ha nella distinzione che sovente si sente fare fra problema finan– ziario e ,problema economico « vero e proprio ». Sostanzial– mente essa ha 'ben poco senso: nasce da un errore assai C'O– mune, que:lo di considerare le questioni monetarie come un p1oblerna a sé stante, se non addirittura il problema centrale del disordine e quindi del risanamento economico. 2) L'organismo economico poggia su di un solo grande pilastro che è la produzione; esso affonda le sue radici, a trame la linfa vitale, nel serbatoio dei capitali che ne deter– minano e limitano le dimensioni e lo sv,tuppo. Alla produ– zione partecipano tutte le forze produttive della società, che da questo processo traggono i mezzi di soddisfazione dei propri bisogni attuali e futuri, in altre parole i mezzi di esi– stenza nel senso ,più lato della parola ed i mezzi necessari a garantire la produzione futura. In questo ordine di idee non sapremmo concepire lo Stato - come soggetto economico - se non come una <li quelle forze, che conC"Orrea:Ja produzione determinando le condi– rzioni che sogliono essere identificate con i bisogni pubblici, e cioè l'ambiente giuridico-economico adeguato al livello di sviluppo della particolare società, ed alla quale la produzione, per aver vita in quella determinata forma, è condizionata. A questo titolo ,]o Stato preleva dal risultato <lella produz,ione la parte del prodotto che è relativa al servizio che presta: sono le imposte e le tasse, tutti i tributi insomma che la so– cietà paga. n fatto che oltre a ciò lo Stato sia anche l'auto'rità che stabilisce unilateralmente il signifiJcato del « vo– cabolario monetario », per dir:a col Keynes, oltre che di renderne obbligatoria l'osservanza, non toglie una virgola alla sostanza di quanto si è detto sopra: la moneta continua a rimanere un bene economico come ogni altro, con la fun– zione particolare di agevolare il trasferimento del va1ore degli altri beni, sia fra diversi individui sia in momenti successivi del tempo. Ciò può so!arnente significare che l'abuso da parte dello Stato di questo suo potere può determinare conseguenze ta1i da alterare profondamente il normale funzionamento della macchina produttiva; ma non va'.e a giustificare l'afferma– zione dell'esistenza <li un problema monetari-O autonomo o ad– dirittura preminente su quello della produzione. In che modo infatti ,o Stato abusa di quel suo potere se non addossando l'onere <li spese eccezionali sull'unico pilastro della produzione, aspor\ando una ,parte maggiore del prodotto se non anche pre:evando al serbatoio dei capitali, anticipando in !lltre parole il consumo di beni futuri çgn !l!i'!lziç~ çhl,l a spesso ha tutte le caratteristiche di una « legale violenza •? In che modo si può riso:vere questo famoso problema mone– tario, che dunque altro non è che un oneroso indebitamento de!la società verso sé stessa, se non con j,J riprodurre quella ricchezza che è già stata anticipatamènte consumata, e cioè riducendo i consumi improduttivi e destinando una· propor– zione maggiore di prodotti alle produzioni successive? Certo, Ja preminenza data nel nostro. ,paese ai valori po:itici su quelli eC'Onomici durante l'ultimo ventennio, ciò che del resto avviene in tutti i paesi, sempre più numerosi, in cui dilaga ,a tendenza al collettivismo, costituisce il terreno più fertile su cui si sviluppa la mala pianta del caos monetario. La guerra poi col sovvertimento totale di ogni ordine, di quello eC'Onomico non meno di quello umano mora!e e giuridico, ponendo in mano allo Stato anche il timone della produzione, necessariamente incana,ata verso la trasforma– zione di ingenti ricchezze in beni improduttivi, ha determi– nato quell'impoverimento che è la crisi di capitali in cui ci dibattiamo. Dunque il problema monetario altro non è in sostanza che la proiezione sul piano dell' « oggi » di un lungo processo di consumo improauttivo delle riserve di ricchezza che dovevano essere la linfa della pro<luzione attua:é e di quella prossima. 3) Ora, proprio per quella interdipendenza dei fenomeni economici cui si è accennato in principio, sarebbe assurdo vo:er negare l'esistenza e l'importanza del problema finan– ziario: è evidente che in una situazione finanziaria cosi pre– caria come la nostra in cui germina facilmente l'incertezza e la sfiducia, la vita de:J'organismo economico non può essere che stentata; ma, a nulla varrebbe altresì dissanguare la residua ricchezza nazionale, proprio nel momento in cui essa si accinge a ritrovare le vie della produzione, per ridurre o eliminare lo squilibrio del bilancio, nella fU:lace illusione di creare C'Onciò la premessa alla ripresa economica. Non che qui si voglia contestare l'opportunità, anzi la necessità di e~ergici provvedimenti fiscali: provvedimenti che adeguino, senza onerose ,riforme del sistema tributaTio, il get– tito delle imposte ordinarie alla effettiva capacità contributiva dei singoli, assicunmdo alle casse dello Stato un gettito annuo permanente che corrisponda almeTUJ alla pressione tributaria già in precedenza raggiunta e dalla quale siamo ora inspie– gabilmente lontani. E ciò mediante un più sicuro processo di accertamento, ma anche una ragionevole riduzione de:le aliquote ad un livello tale <la ostacolare al minimo la pro– duzione e da indurre altresì ad una minore evasione. Ma • siamo piuttosto scettici circa l'efficacia concreta, in relazione all'ordine di grandezza de[e cifre di bilancio, di certe misure straordinarie, pur senza negarne l'U:to valore politico oltre :a loro rispondenza ad un inconfutabile principio di giustizia. 4) Una considerazione partico!me merita a que~to ri– guardo il prestito testé lanciato dal Governo. . Esso va osservato sotto due aspetti: quello distributivo, e quello produttivo. Per quel che riguarda il primo, nessun dubbio che gli urgenti oneri di bilancio e la risoluzione di certe gravi questioni di carattere sociale, non possono venire fronteggiate con l'esiguo gettito delle entrate ordinarie. Se fra le due soluzioni attuabili rapidamente, cioè emissione di nuo– va carta moneta ed emissione di un prestito, è stata scelta la StJC9nda,non po~siamo che compiacercene, Ci sarebbe anche '

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