Lo Stato Moderno - anno III - n.22 - 20 novembre 1946

506 LO STATO MODERNO sospinto alte grida di protesta. In realtà chi leggesse le gazzette dei nostri partiti di governo senza previa informazionè, riterrebbe di leggere infiammati fogli di opposizione. Dunque, ai p~nto in cui siam giunti, pareva che nemmeno l'incontro Tito-Togliatti fosse capace di far saltare la cittadella governativa. Ma poi Togliatti ha incalzato, ha investito con irruenza decisa la stessa persona di De Gasperi, lanciandogli addosso un'accusa gravissima; quella di avere sabo– tato il ritorno dei prigionieri dalla Jugoslavia per ragioni elettorali, I democristiani hanno reagito con violenza inusitata, De Gasperi con maggior pacatezza. E oggi tutti parlano di crisi imminente; e tutti pen– sano che se non ci sarà crisi, per assurda che possa· sembrare ed essere, sarà ancora pegg.o, perchè al go– verno si può stare, quando è. nec~ssario, tra dissensi politici, ma non col reciproco disprezzo. Al paese è stato detto che qualcuno ha tradito; il meno che il paese possa pretendere è che accusatori ed accusati non mostrino di mettersi d'accordo ai suoi danni. Uno dei motivi - e pareva fondamentale - per cui si pensava e si diceva che la crisi non fosse immi– nente, era il lancio del prestito. Già questo prestito pareva tecnicamente mal preparato: nessuna ragione effettiva di riduzione del tasso di interesse, nessuna contemporaneità con la imposta sul patrimonio, scar– sa pubblicità nelle campagne dove oggi ·è custodito molto danaro; ·e nessuno pensava che le sue proba– bilità di riuscita dovessero essere ancora diminuite da una -crisi politica, che .non è detto ancora debba scoppiare nel suo aspetto formale, ma è già intolle– rabilmente proposta nei suoi termini obiettivi. La insufficienza tecnica e politica del governo poteva ancora essere scusata, a patto che apparisse (e purtroppo non era sola apparenza) frutto delle difficoltà gravissime che inceppano d'ogni lato la no– stra vita sociale; ma non lo può più essere oggi che appare anche conseguenza di contrasti e dissidi insa– nabili all'interno del gabinetto. Ci sarà dunque una crisi anche formale, con le dimissioni dell'intero ministero? E quale la soluzione migliore, e quale quella più probabile, visto che - sciaguratamente - le due soluzioni assai difficil– mente coincideranno? E quale può essere il motivo che ha indotto i comunisti a sferrare una battaglia così a fondo in un momento che pareva il meno pro– pizio per combatterla? Sono domande gravi, e le risposte debbono di necessità essere caute e prudenti. Abbiamo già detto che la crisi appare inevitabile. E' vero che siamo ormai lontani dal tempo in cui bastava che Napo– leone,, III lamentasse che i. suoi rapporti con la Prussia non fossero più buoni come una volta perchè tutta Europa attonita attendesse la guerra. Anche il peso specifico delle parole si è «storicizzato». Ep– pure si direbbe che anche il limite storico delle in– giurie sopportabili sia stato raggiunto e superato. La crisi appare inevitabile. Se non ci sarà, il paese sarà ancora respinto ·n un più profondo sconforto, in una più penosa amarezza. E i problemi restèranno lì, con la loro massiccia presenza, a ingigantire tanto pjù quanto meno se ne tenti la soluzione. L'ordine pub– blico sarà sempre più precario, il corso della moneta sempre piu precipitoso, la sfiducia d_ell'estero - e non mancheranno ripercussioni sui prestiti, sul trat– tato e sulle nostre possibilità di fare una politica estera, come reclamiamo da assai più lungo tempo che non Togliatti - sempre più marcata, le stesse possibilità con la Jugoslavia, se pur ve ne sono, sem– pre più aleatorie. E se il paese sarà il grande sofferente, le destre - e forse la monarchia - saranno le grandi bene– ficiarie. Il popolo ha fame e sete di governo; se la democrazia non sarà capace di soddisfare questa esi– genza elementare, è fatale che il popolo - che è poi la storia in atto - si volga altrove. E la respon– sabihtà delle smistre sarà scniacciante. Esse devono governare perchè così vogliono i tempi: se gli uomini sono fiacchi, si cambino gli uo– m1ru, ma sia fatto ogni sforzo perchè non cambino le forze al governo. Cedere oggi può significare ca– dere per anru. l!:d ecco perche 1a crisi - necessaria da un lato - si rivela assurda dall'altro. Nitti appare la soluzione più probabile. E' anche la migliore·r lo non so se i comurusti pensino in cuor loro cae N1tt1 è prerenbue a lJe Gasperi, e che un eventuale Facta del 1946 può aprire la porta a una dmamica diversa da quella del 1::,ii. Sta però in fatto - e a me piace dar molto peso ai fatti - che oggi Nitti è un candidato delle destre; sta però _in fano che Nitti ha preconizzato a Milano non solo un alli– neamento con la politica estera anglosassone, ma anche un_ allineamento di politica economica e di poutica soc1a1e. E allora, « quand meme », Nitti con comunisti e sociallsti! Non pare che 1e cose cambierebbero gran che. Nitti, a parte ogni considerazwne sul suo per– sonale valore, è privo oggi di forze politiche di so– stegno. Egli sarebbe pngwniero, e sia pure di cu– stodi discordi. E allora, Nitti senza social-comunisti? Sarebbe un'alea parlamentare, e un tragico errore politico. Forse i comurusti mirano propr.o a questo, a svin– colarsi dal governo, coronando così l'esperienza ini– ziata lasciando fuori Togliatti? Ma allora il problema si porrebbe in termini drammatici per i socialisti che sono oggi, anche se non ne hanno vocazione, un partito di governo. E allora forse, al punto in cui sono le cose, un governo di coalizione, comprendente gli ex-presidenti del Consiglio, e poggiante ancora suì partiti attual– mente al potere, potrebbe avere la possibilità di at– tuare quella politica di forza, illuminata e cosciente, che sola può ormai salvare la situazione. Una politica che - senza far paura a nessuno - vorrei chiamare di dittatura tecnica. Un accordo programmatico esposto partitamente e analiticamente al paese _:_,ancora pronto a tutti i sacrifici, - e poi una esecuzione del programma, concordato senza esitazioni e portato sino m fondo. Se non fosse pos– sibile concordare il programma, lo si dica chiara– mente, e ciascuno assuma le proprie responsabilità. Ma se lo si concorda, lo si esegua; a qualunque costo. Ed è poi proprio costituzionalmer-tte- impossibile sciogliere la Costituente e procedere a nuove ele– zioru? ffùtto è meglio della impossibilità di vivere e governare. A" chi trovasse che questo è un programmà li– berticida dovrei tristemente rispondere che non ac– cettare oggi una dittatura. tecruca della democrazia, significa creare per domani le condizioni per una dittatura politica di una classe sociale. Quale, è sulle · ginocchia di Giove. ' · MARIO PAGGI

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