Lo Stato Moderno - anno III - n.20 - 20 ottobre 1946

458 LO STATO MODBRNO i nostri padri dovevano averne di fantasia per preve– dere un cattolico agli Interni e un soqialista agli Esteri. ' E poi l'uomo. Non c'è nessun dubbio che Pietro Nenni sia una personalità eminente, e non ~oltanto nel campo del socialismo italiano. Ma la sua menta– lità di vecchio mass_imalista, che mentre gli consente di manovrare trasformisticamente al Governo non gli dà nemmeno la possibilità di capitanare franca– mente la frazione governativa del suo partito, sem– brava proprio la meno adatta a farne il capo del di– castero ptù ligio alle tradizioni, alfa ortodossa osser– vanza di certi canoni anche sociali, e soprattutto in un momento in cui la direzione degli affari esteri esige lo spiegamento di idee e di forze che sono sem– pre state fuori di ogni concezione social-massimali- stica. · Questo per dire subito e·con franchezza che guar– diamo con un certo scetticismo a qu~sto esperimento, dove appare inevitabile che o la realtà tradirà il so– cialista o il socialista tradirà la realtà. 'E lo scetticismo non è solo nostro, se è vero che c'è stata grossa battaglia alla direzione del partito socialista prima di dare il « placet » alla assunzione di Nenni agli Esteri, e se è vero che la battaglia è stata data proprio dai marxisti di stretta osservanza, mentre inopinatamente Nenni avrebbe trovato ap– poggio proprio in quella destra che, osteggiato, osteg'– .giava. Comunque, una delle due difficoltà che il nuovo ministro degli Esteri dovrà superare, se vuole evitare i grossi scogli che si profilano sulla sua rotta, è ap– punto quella di iniettare nel partito socialista una passione da cui finora fu rigorosamente immune: la passione ?ella politica estera, vista dal punto di vista di uno Stato nazionale sovrano, e per di più, anche se proletarizzato, vivente in schemi capitalistici. Sarà una grossa prova per i socialisti i quali an– dranno incontro a nuove più vaste e deludenti dimo– strazioni che al mondo c'è più roba assai dei loro consunti filosofemi. La seconda grossa -difficoltà sarà quella di darsi urìa politica estera. Noi speriamo vivamente, per ca– rità di Patria, che Pietro Nenni abbia in testa qual– cosa di diverso dalla « politica del discorso di Canzo», · infausta raccolta di luoghi comuni se mai una ve ne fu. E qui la qostra speranza poggia sulla parola che Nenni ha pronunciato, occupando l'ufficio del suo ministero: « revisionismo». Solo per sottolineare il calore del nostro consenso su questo punt~, ricorde– remo le parole con cui chiudemmo l'articolo di fondo dello «Stato Moderno» del 5 luglio 1946: « In un mondo che ripete le cose di ieri non si può che lan– ciare una parola di ieri: la politica di domani .si chia- merà «revisionismo», anche se nessuno di' noi ne sarà entusiasta». Tuttavia dobbiamo chiarire subito, e vorremmo che tosse d'un subito chiaro·· l!-1nostro ministro degli Esteri, che il revisionismo può essere solo uno dei fini della nostra politica estera, e quindi. non può esau– rirla. Resta - oltre alla determinazione degli altri fini che possono essere parziali o generali - la de– terminazione dei mezzi, degli strumenti atti ad ope– rar.e una « effettiva» politica revisionistica; una po– litica cioè che non sia soltanto uri prolungamento della situazione interna del paese, volta, voglio dire, più a •sfruttare demagogicamente certi orientamenti attuali degli italiani, ma risoluta a risollevare il pre– stigio e il valore della Nazione nel campo internazio– nale. E - ciò ammesso - faccia attenzione, il nostro ministro degli Esteri a non cadere nell'agguato di una interpretazione troppo letterale della patola « revisionismo». Sia chiaro che quando noi parliamo di politica « revisionistica » non intendiamo tanto, ad esempio, mirare ad una reintegrazione dei confini occidentali quanto a costruire una nuova e più mo– derna e più amichevole serie di rapporti con la Fran– cia, partendo appunto dalresistenza di quel problema che solo così può essere felicemente risolto e superato. Ma per tutto ciò occorre una politica generale degli affari esteri. E quella tracciata a Canzo è tipi– camente la non politica, la politica tdella quiete che porta impreparati alla tempesta, la politica della bi– lancia che non si possiede, la politica dell'impotenza per paura della responsabilità. Con questo non si fa nemmeno il piccolo «revisionismo», per mancanza di mezzi materiali. Per cui tra non molto Nenni po– trebbe trovarsi - se non pensa sin da ota ai mezzi e agli strumenti della politica estera - al crotevia di questo dilemma: o rinunciare a ogni velleità revisio– nistica, apparendo solo come ·il demagogico sfrutta– tore di un moto popolare e sentimentale, o declas~ sare tale velleità a un piano meschino qi ripicchi. e di dispetti, destinati tutti a chiudersi a completo no– stro danno. :Il: necessario ritrovare l'energia e il coraggio per riaffacciarsi sul mondo; e ricordarsi che riaffacciarsi pa soli non si può. Se Pietro Nenni avrà il coraggio di guardare più 11He cose che alle panie dei sofismi marxisti potrà vin– cere la sua battaglia, e lasci pure che i botoli ringhino. 1\lra se preoccupazioni d'altro genere tenta~sero un giorno d'aver la prevalenza nel suo animo e nel suo intelletto, ricordi che dovunque è possibile far l'uomo di parte, fuor che al ministero degli Esteri. E il socia– lista Bevin glielo insegna anche troppo brutalmente. MARIO PAGGI

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