Lo Stato Moderno - anno III - n.19 - 5 ottobre 1946

té) STA'rò MODERN6 439 Spirito della mafia siciliana •« In Sic,luz non ·si fanno rivoluzioni senza il concorso della. mafia! » esclamava in occasione di un processo cele– brato a Palermo nel 1894, Antemio Marinuzzi, uno dei più autorevoli giureconsulti e pernrlisti siciliani, patriota ed uomo politico. « Le rivoluzioni risul'gimentali furono fatte dalla ma– fia! » affermava, in un suo ~'ibro sulla mafia, uno studioso di proMemi socidlogici e criminologici, il Cultrera, sulla fine del secolo scorso. · « Se la mafia non esistesse bisognerebbe C1'earla! », di– chiarava ad un i•tervistatore romano il « leader » del sepa– ratismo, Finocchiaro Aprile, parafrasando una frase pronun– ciata da Vittorio Emanue1e Orlando nelle elezioni prefa– sc1ste. « Senza la mafia la vita nelle campagne e nei latifondi sarebbe praticamente insostenibile per gli agrari » m'i, diceva, quakhe tempo fa, un barone siciliano. · · Di primo acchito, dovremmo credere che da mafia sici– liana sia una potentissima organizzazione segreta la cui uti– lità è riconosciuta, con sicurezza, dalle più note personalità politiche. Chi abbia però letto i .JibTie le relaziorui di Cesare Mori, che condusse a fondo la lotta contro la mafia, sa che essa fu anche presentata come un fenomeno di delinquenza, anzi come delinquenza organizzata; il che, messo in re!a– zione con le affermazioni citate sopra, lascia perplessi. Che cos'è dunque la mafia? E' delinquenxa organiz– zo.ta oppure istituzione segreta? E' banda o massoneria? Ha scopi pdl.itici o interessi crim'ina'1i? Diciamo subito che essa è qualcosa di più. _Dovremo però dooumèntarci att1a– verso quello che ne-scrissero uomini che la trattarono come materia di studio e ne individuarono fo spirito. Che cosa vuol dÌ're· la parola mafia? Non certo delin– quenza. Giuseppe Pitré; che degli usi e dei costumi sicil:ani • ìu insuperato e documentatissimo cultore, ci ricorda che la coscienza della propria virtù, bellezza, forza si suolt>, in Si– ,cilra, chiama'!'e mafia. Ese~io: una ragazza bella e co– ;cienre di essere tale viene nèl. gergo popolare ch:amak1 mafiusa. Sicchè la gente dice: « Talìala, la mafw.seddaf » (,guardala, l:a mafiosa! come cl.ire: guarda come si pavoneg– gia, come va altera, la ragazzina!). Altro esempio: un gela– taro ambulante passa per le strade e grida: « Haiu gelati a 'a mafia; d' 'a maf.ia sunnu U gelati miei!» (ho gelati della mafia, cioè insuperabili!, i miei gelati sono del1a ma– fia!). Il che prova come -la parola mafia indichi anche •ir,su– perabilità di una cosa, quindi perfezione intrinseca. • Ma allora come avvenne che una parola, un vocabolo così innocente (leggiadro, disse uno studioso dei proolemi sociali siciliani!) abbia co1 tempo aoquistato un significat0 negativo? Ricorriamo ancora al Pitré la cui autorità, in mate-ria, è indisC'USsa;egli ci avverte che la degenerazione del vo;.-a– bolo è dovuta alla •fortuna internazionale di una celebre commedia di Giuseppe Rizzotto: I rmafì-usi di la Vicaria. La commedia intendeva na'l1"llrela V'ita dei carcerati nelle prigioni di Palermo (J.a Vicaria) e ne riproduceva le abitu– dmi, i colfoqui, ii! gergo stesso. Si sa che nelle prigioni i maggiori delinquenti vantano sugli altri un'autorità schiac– ciante contro la quale nessuno osa xibellarsi. Questi delin– quenti esercitano un vero dispotismo e si vantano e pavo– neggiano di ciò: perciò vengono chiamati mafiusi (donde :il titolo della commedia del Rizzotto). Mafiusi fu.Tono in breve chiamati in tutto il mondo i d~linquenti siciliani, gli asso– ciati a delinquere, i briganti, i malandrini, tutti i -rappre- sentanti della malavita isolana; sicchè nacque una grande confusione e il 5ignificato del vocabolo, originariamente buono, divenne cattivo a tal punto che g:i italiani del Set– tentrione lo mutarono in maffia, con due f, per dargli un senso ancor più dispregiativo. Ora bisogna obi"ettivamente riconoscere che la · mafia ,1el senw ormai volgare della parola non è, nè può essere, associazione a delinquere, aruzi non è mai associazione a delinquere, pur costituendo il primo gradino, quasi l'indi– spensabile avviamento ad ogni manifestazione associativa. Per chi conosca lo spirito e la psicologia del popotno s:ci- 1,:mo ·la cosa è chiara. Delinquenza associata è un fenomeno crimina'.e. Mafia è un f-enomeno psicologico (e v<.."liremo più avanti il perchè). Difficilmente poi la mafia è brigantaggio. Anzi la mafia è incompatibile col brigantaggio; mantiene contatti e si accorda:, ma non si identifica con esso. • Avviene però che gli elementi che compongono la mafia cadano sotto le sanzioni del Codice penale; ma ciò avviene sempre per doveri di omertà, per manutengo11smo, non per vero e proprio reato, come {ppa-rirà più chiaro in seguito. Alla vita della mafia partecipano uomini di diversa le– vatura e taratura morale, uomini onesti e anche uomini che, pur avendo su:la coscienza uno o due delitti, sono riusciti a non pagare di fronte alla giustiz-ia de!•la società, uomini ;nfine che hanno scontato pene. Per ·conseguenza abbiamo: uua mafia psicologica e morale che è la grand«l mafia dei capoccia, delle autorità politiche, dei despoti di intere con– trade, uomini che appartengono alle più disparate condi– zioni sociali: possidenti, commercianti, industriali, avvocati, professori, magistrati; una mafia ambientale, che è la media mafia di ambiente, costituitia dai gigi er bullo ,siciliani, pic– coli prepotenti che esercitano il .loro· prestigio in un am– biente limitato, che si arrogano il diritto di intervenire in 1 tutte le questioni e di risolverle con fa violenza, che in una zuffa escono sempre vittoriosi e se ne vantano, uomini di poco conto: artigiani, contadini, tavernai, ibettolieri, traffi– canti; una mafia criminale che è la mafia della prepotenza per mestiere, de:Ia picco:a delinquenza, deI.:a schioppettata sparata da dietro un muro di campagna: uomini al servizio dei capoccia, i sicari, i mandatari degli omicidi politici, il bassofondo della mafia, insomma il punto di sutura con la delinquenza vera è propria. Il carattere generale della mafia - che per brevità non è il caso <Ìi esaminare nelle sue origini storiche ed ambien– tali - è sostanzialmente racohiuoo in U:D codice oonsuetu– dinario che stabilisce la maniera cli essere e di compOltarsi da uomo. L'omertà è la regola essenziale, la legge d'onore, la condizione mdispensabile <folla vita della mafia. Essa con– siste nel saper tacere e mantenere un segreto. Non solo deb– bono tacere i. complici di un delitto (la delinquenza obbedi– sce scrupolosamente e fanaticamente alla legge d'onòre del- 1' omertà) ma anche coiui che è stato vittima deilla opera– zione di giustizia, dovuta o meno alla mafia. Togliamo uri esempio da un'opera ohe pochi conosco·no ma che ha un certo val'Ore: il ufuo «Sicilia» del generale Corsi, pubbli– cato da Reber nel 1894. « ln una strada di Palermp i' carabinieri o le guardie di città racool-gono un uomo ferito- è fo portano all'ospedale. 1d brigadiere, il delegato, il maresciallo, tutti quellii che banno diritto di mvestigare, fo intèrrofano, - Chi è che vi <ha ferito? . , - No_nlo so. - Come è andata fa cosa? J

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