Lo Stato Moderno - anno III - n.18 - 20 settembre 1946

• I 410 L O S 'l' A T O M O D E R N O della formazione di quel quarto partito di centro– sinistro di cui tanto si parla e si scrive, si inserisce e si inquadra - come è giusto - nel plastico generale della vita nazionale. In cui ,c'è prima di tutto da osser– vare che i germi di rinnovamento abbandonati e di– spersi in ogni dove dal Partito d'Azione non limitano la loro efficacia all'esempio sopra indicato. Anche tra qualunquisti e liberali sembra in corso - pur tra le smentite degli uni e le riaffermazioni degli altri - un progetto di fusione. Potrebbe essere un evento grave nella vita politica italiana, e converrà seguirlo con attenzione. Saranno i nuovi a sopraf– fare i vecchi, imponendo ai liberali una dialettica che muovenpo dalla demagogia nazionalistica può portare lontano, o saranno i vecchi ad imbrigliare i nuovi, mettendo le pantofole ai piedi di Giannini? Il verificarsi dell'una o dell'altra ipotesi non sarà senza influenza sullo sviluppo della situazione generale. . E poi ci sono i socialisti. E qui il vecchio trava– glio che ha accompagnato sin dal suo sorgere il so– cialismo europeo, accelerato dalle critiche esterne e dalle necessità dei tempi, pare abbia raggiunto il suo acme. Di questo travaglio e della sua eventuale solu– zione occorre parlare con tutta la cautela e con tutta la simpatia possibili perchè qui si giocano vera– mente - se i sintomi non sbagliano - i destini della vita europea; non si tratta soltanto dell;:t organizza– zione interna dei singoli stati (direi anzi, se non te– messi di essere frainteso, che questo è il lato meno drammatico del problema), si tr~tta della sua unità e forse della sua sopravvivenza come elemento cen– trale della storia umana. E' probabilmente questo - il senso cioè della crisi più vasta - che illumina le parole apparentemente enigmatiche pronunciate da Blum al Congresso socialista francese « Dobbiamo ben gerire gli interessi borghesi »; ed è certamente que~to il significato delle parole di Philip: « Noi sia– mo ormai un partito di Governo». La rivoluzione investe ormai tutti; ma non si tratta della vecchia rivoluzione a sfondo economi– stieo-costituzionale; si tratta della crisi dei valori di tutta la nostra civiltà. E qui è bene che nessuno si· faccia illusioni; anche il socialismo è un valore di « qÙesta » civiltà e potrebbe inabissarsi con essa. Nella s'toria non si danno successioni « ex lege ."· Ecco per<:hè i socialisti più avveduti e pensosi prov– vedono alla loro trasformazione in uomini di Go– verno. Il dilemma non si ppne più tra_ riformismo– rilassinialismo, ma tra Governo di democrazia e Go– verno di antidemocrazia. Il che significa che oggi tutti i partiti democratici debbono essere partiti di Governo, ma questo non impedisce tuttavia che par– ticolari circostanze consiglino qualcuno di tali par– titi a passare all'opposizione, come è oggi per il par- Lege,ete PAESE LIBERO Settimanale Politico Indipendente ESCE A MILANO IL LUNEDI' tito repubblicano: l'importante è che il Governo non sfugga ai partiti democratici; ed è fin troppo ovvio che, perchè non sfugga domani, è ne~essario che oggi qualche partito democratico sia all'opposizione. Ma in re~tà oggi l'opposizione non è soltanto una normale linea di sbarramento democratico. Di fronte all'azione inerte, pavida, incostruttiva del Governo attuale, essa è una posizione di lealtà rispetto al Paese e agli stessi tre partiti responsabili della coalizione ministeriale. Rispetto a questi per– chè, avendo essi soli la potenza di far politica, la cri– tica è operante dal di fuori, mentre, nella migliore delle ipotesi, è inconcludente dal di dentro; rispetto al Paese perchè esso ha diritto di trovare una voce de– mocratica che ne definisca politicamente le delusioni e le speranze. Come non è, malauguratamente, avve– nuto nell'ultima crisi. La quale ,poi non può dirsi af– fatto terminata con la sostituzione di Bertone (ah, questi uomini di Facta!) a Corbino; sostituzione che non dice proprio nulla di nuovo rispetto al deplora– tissimo dualismo con Scoccimarro, il quale ultimo - forse per farsi perdonare la lunga inattività - ha ti– rato fuori (sia pur solo ufficiosamente) un progetto di imposta straordinaria sul patrimonio che esige più lungo commento, ma che certo darebbe tardo e poco danaro allo Stato e renderebbe l'inizio della rico– struzione un miraggio malinconico. In questo quadro le dichiarazioni di De 'Gasperi sono apparse a tutti stanche, fiacche, scoraggianti. Il preludio, insomma, di una crisi più vasta, che inve– ste tutto il Governo e, al di là, tutto lo schieramento politico, oggi irrazionale, ma che cerca confusamente un nuovo ordine. Mario Paggi LA REGOLA DEL TRE Si tratta di IUna regdla fondament'ale cwlla mntematica e del.la cabala; div-entel'à anche una norma 'inderogabile della vita politica italiana? · Ormai tutta la vita !Ìtaliana - e in speoie quel.la econo– mica e amministrativa - è posta sotto la protezione di que– sto abracaàabrico vostu~. Si fa IP,lesidente di una ba11C11 un democristiano? ecco socialisU e comunisti chi-edere un compenso. Un ospedale manca di amministratoni? I tre com• pagni, in beli.a fiki orizzantdle si pT1esentano,e fra loro sce– glieranno un presidente, previo_ acoertamento scientifico Idei posti già occupa(i, e delle emergenti percentuali a ciascuno spettanti. , E fin qui non ci sarebbe ·.molto di mal.e o di ~– Ormai sappiamo che un po' di pretoriani ci vogliono anche in democrazia, e che ia rete degli in/leressi creati è la sola valida a trattenere i fasci dii dentro e quelk di fuori.· Il guaio - come al solito - è ne/I.a miSt11ta. Totalitarismo è tutti pre– toriani; democrazia è -nessun-pretoriano. Ma questi sono sche– mi ideali e noi abbiamo imparato da un pezzo a non pre– tendere di trarre l'ideaJe dal ciel-Osulla ~a. Se '(lemocrazia è gooornc; di popolo per il popolo, non .si può snaturarla sino a fare governo di democristiani, socialisti, o comunisti, per i democristiani, sooialisti o comunisti. Potrebbe poi darsi che un bel giorno il popolo si -stancasse della regola del tre e, equivocando o esagerando com'è suo costume, prendesse a calci anche la democrazia, che, poverina, in certe cose pro– prio non c'entra. VI'rl'OR

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