Lo Stato Moderno - anno III - n.17 - 5 settembre 1946

I 3go LO STATO MODERNO La quale si presenta tuttavia dn tono minore dii quella del 1919 (essa deve però d.i5cutere solo i trattati minori, mentre oggett()I principale della conferenza del 1919 era il trattato con la Germania), alla quale i quattro grandi di al– lora furono irappresentati dai rispettivi capi del Governo, di cui uno em anche presidente della Repubblica, accompagna– ti dai rispettivi ministri degli Esteri (Wil:son e Lansing, l.Jloyd George e Balfour, Clemenceau e Pichon, 01'lando e Sonnino), mentre le delegazioni del 1946 oono generalmente presiedute dal ministro derJ!i Est~ri. C'è bensì BidaU'1t, ma perchè ou- . mula le due funzioni; c'è -stato Attlee, ma· per breve tempo, in sostituzione di Bevin ammalato; e c'è stato o c'è qualche ~apo di governo tra le delega.moni minori, essi pure in quan– to ministri degli Esteri. IJ lavoro si svolge attraverso dieci co~oni: una commissione generale di coordi~one; cinque commissioni per le clausole ter>ritoriali e politiche dei singoli trattati, una per ciascuno: due commissioni per le clausole economiche, una per l'Italia e una per i Balcani e fa Finlandia; una com– missione giuridica e una militare, uniche per tutti ,j trattati. A un mese dall'<iniz:io della Conferenza, siamo ancora all'esa– me dei preamboli dei trattati; onde si deve ormai escludere che i -lavori rpossano aver termine prima del 23 settembre, data fissata per la ,riunione a New York dell'Assemblea Ge– nerale delìl'O.N.U., che ha già subito un primo rinvio.· Sa– rebbe stato d'altra parre eccessivo in qualunque cil'COstanza pretendere che una conferenza cui partecipano ventuno Stati, più i sei ,invitati in un secondo tempo, si accordasse nel giro di cinquanta giorni sul testo di cinque trattati di pace còn altrettanti ex-nemici, che fu un totale di trentadue governi ammessi a discutere o a dire la foro opinione: il tutto m tre o quattro lingue. Nelle attuali circostanze, poi, col disaocordo di principio esistente fra · r tre grandi {sanato bensì a gran fatica nella formulazione dii • testi concordati, ma sempre pronto a ~rgere, ,come 1,5i è visto in alcuni memorabili duelli oratori tra Byrnes e Molotov e tra Alexander e Molotov), con l'-animosrtà delle piccole nazioni - cui si vpleva !Ìmporre una so=a_ di decisioni prese all'infuori di esse - contro le grandi, con le complicazioni di ogni natura che carat-terizza– no l'attuale situazione - a segno che J'Adbania, considerata paese a1Ueatodel gruppo sovietico, è trattata come nemica dalla Grecia, ciò che ha dato luogo fra l'a-ltro a un violen• tissimo scontro tra il primo delegato greco e quello ucraino - era inevitabile ohe le cose dovessero andar per le lunghe. Lo si è vlisto rfin dalle discussioni sulla procedura, che banno interamente occupato !Ì primi dodici gior,ni dei lavori, per concludere sul punto controverso con una decisione la– palissiana. Molotov voleva che le deliberazioni della O:mfe– renza fossero prese a maggioranza di due terzi, e s.i capisce perchè: con i sei voti de} suo gruppo e almeno due degli al– tri tre grandi, ch'egli considera impegnati a mantenere le decisioni prese in sede di Consiglio dei Quattro, sarebbe stato reso -impossibile alla Conferenza votare qualsiiasi mo– diliioa ai <testi prepa,rati dai Quattro . .Senonohè oi si chiede perchè m tal caso ~rebbe stata riunita così solenne assem– blea; non solo, se si pensa ohe tutta la conferenza non ha ;in definitiva ohe un valore consultivo perohè I.a stesura ultima dci cinque trattati spetta ancora ai Quattro, il ne– gare va'1idità alle deliberazioni votate a maggioranza sempli• ce avrebbe significato soltanto vietare ai Quattro di prendere anche solo in considerazione questi voti, che pur ra1,>presen– tavano evidentemente la volontà della maggioranza. li che è palesamente un rion senso. Mentre nulla più che una affermazione di ibùon senso è l'emendamento inglese sul quale si è fatico.wnente rraggiunto l''<lccordo di quindici de– leg~ioni su ventuno: le decisioni l)«lSe a maggioranza di due terzi dovr=o presso di Ci>nsiglio dei Quattro avere maggior peso di quelie approvate a. maggioranza semplice. Dopo di ohe, il 12 agosto ,potè essere cost-ituito l'ufficio di segreteria della Conferenza, fra il 13 e il 16 furono <in– sediate Je varie commissioni, e i « Ventuno » entrarono final– mente nel merito. Ma già di 29 essi' si sentivano dire dai « Quattro » essere perfettamente inutile che la Conferenza si f~rrnasse su emendamenti non accettati dn precedenza da essi «Quattro», che per l'avvenire avrebbero procurato di esa– minar-li preventivamente: col che oi si 0 domanda se valeva propnio iia pena di scomodare tante egregie persone. Ma forse sì, specialmente se i « diciassette » non ·rinunceranno egual– mente a. discutere anche ciò ohe ai grandi non è accetto, perchè non è i;nale che certe chs~ni si facciano. Anche se non sposteranno le già ferme decisioni dei grandi. Quanto ai risultati, ci riserviamo di esaminarli ;in un prossimo articolo. ANTONIO BASSO Classismo spiritualista Al concetto di classe marxista Domenico Pesce, sul n. 6 di Città Libera, oppone un concetto di classe traente il suo contenuto « non più dal fattore economico, ma da uno spi– rituale ». Si affretta però a precisare che esso ha sol-Ovalore ''di schema empirwo, puramente orientativo. E meno male! Dunque non lo discuteremo. Vedi~mo invece che cosa caratterizza il proletariato, se– condo questa concezi-One.Leggiamc: « mancanza presso che totale di cultura (ove per cultura non si voglia intendere, tome non è, il possesso di certe cognizioni tecniche). Scarsa abitudine alla riflessione, deficienza di sentimento critico; d'altro canto passionalitd e impulsivitd ». E' una figurazione che risponde esattamente a quella dei filologi di Città Li– bera, ,pronti sempre a sotto/,ineare i rapporti etimologici tra parole come folla e fullones, massa e magma ( o non perchè anche Schuft e schuften?), lasciando sospese tra _le righe - con un bel salto dal ùissico alla politica, seconda una loro originale metodalogia - allusioni e illazioni tutt' affatto gratuite e per nulla benigne circa i proletari. Ma questo a me sembra esprimere mclto bene lo spirito « liberale • e corrispondere veraf!iente alla tradizi-One del liberalismo, come storicamente si è concretato i.n correnti politiche; per lo meno di quello ·twstrano; se si vuole - con Salvemini - distinguere il liberalismo dei paesi di lingua inglese dall'altro dell'Europa continentale (v. Critica Poli– tica, Vlll, 6-1). Perciò vedrei volentieri la fine della vana polemica tra « liberali • ·e neo-liberali, preoccupati di rivendièare ciascu– no per sè il vero liberalismc. Se non fosse per· l'amore che ognuno porta al proprio (psicologico) passato, non mi saprei spiegare perchè i neo– liberali pretendano tanto di essere gli eredi diretti del libe– ralismc. Personalmente, a questa ereditd io non tengo affatto. Preferisco essere - mclto più orgogliosamente, _se vole– te - erede di tutta l'esperienza storica, piuttosto che d'un particolare, per quanto illustre, aspetto di essa. . Lo stesso tennine neo-liberale non mi pi(µ;e, e ne prefe– rirei uno che indicasse senza riferimenti e in modo meno equivoco questa posizione spirituale. t)1> .<·•.' . NULLO MINISSI

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