Lo Stato Moderno - anno III - n.17 - 5 settembre 1946

LO STATO MODERNO 399 Principio di nazionalità e nazionalismo (Continuazioné ie fine dal ,nu11Wro precedente) Scomparso il primo di&tatore popo/Jare della Storia, il nuovo e disturbante fervore emozionale che la democratizza– zione aveva dato ,al '!principio .di nazionalità, 6i va placando; rimane, purtroppo, acquisito da questo primo gigantesco con– flitto di nazioni, .per non rlire guerra nazionalistica, che le relazioni internaziona1i IS-O'IlO ora ,governate ,da .interessi collet– tivi, dalle ambizioni ed emozion.i della nazione, am,ichè da queì:e del sovrano; ma il principio di nazionalità è ancora l'rO!P'PO fresco. ba .tropP.e !forze ideali da svolgere per non riemergere nella sua purezza. E' il periodo che va dal 1815 al 1848; gli anni in cui in tutta Europa si combatte una te– nace lotta contro la Restaurazione, in nome appunto della libertà e della nazionalità; l'epoca dei più nobili e disinte– ressati_sentimenti nazionali, per cui Byron e Santorre di San– "tar06avanno a k:om:b.att-ere a morire m Grecia- Si ,hanno le prime rivoluzioni nazionali, alcune coronate da successo, terne .in G1!ecfa ~ ,in !Belgio,~tre ,nq, come in .Polonia. Libere nazioni Ji liberi uomini sono· ritenute condizione necessaria per una libera umanità. Nel rigoglioso sviluppo d'ogni attività europea, mentre generoisi pensatori, quale, -per f:15., il iSaint-Simon, parlano di riorganizzazione unitaria del vecchio continente, l'istanza delle singole nazionalità, massime di quelle tese alla propria libe– razione dallo straniero, non viene sentita come contrastante con la visione unitaria; anzi quel pr,:,cesso di chiarificazione politica che è il modellarsi degli Stati sullo stampo della Na– zione, viene inteso come il primo gradino d'una futura Eu– ropa-unitaria, inattu"abile se prima non si sia realizzato in essa un ordine di Stati liberi, indipendenti ed uguali: Giuseppe Mazzini fu il fondatore non solo della Giovane Italia, ma anche della Giovane Europa: fu veramente il profeta di una nuQVaEuropa e di una migliore umanità. Egli credeva all'iniziativa e alla missione d'un popolo (per lui, l'italiano), perchè considerava le nazioni·« individui sublima-ti » e, come individui, portatrici di una particolare missione. La missione che Mazzini affida al popolo-guida è uni– versale, mira alla costituzione di tutta l'umanità: « L'uman.ità non sarà ,veramen"te costituita se ,non ,quando tutti i ;popoli che la compongono, avendo conquistato il libero esercizio della loro sovranità, saranno associati in una Federazione re– pubblicana. ,La Nazionalità è sacra ... Senza riconoscimento di Nazionalità liberamente e spontaneamente costituite, non avremo mai gli Stati Uniti d'Europa ». L'ideale di Mazzini è evidente nella sua lumin1Jsità: nazionalità, libertà, federazione, Europa, Umanità, formano per lui gli anelli di una saldissima catena. Il principio di nazionalità r<1ggiunge nell'aP,OStologe– novese r affermazione più elevata: non solo viene investito di un carattere sacro, ma diviene anche l'espressione di quel Dio che sta nello sfondo di tutto il pensiero mazziniano: « La nazionalità è la parte che Dio ha prescritto ad ogni gente nel lavoro umanitario: la missione, il compito che ogni po– polo deve adempiere sulla terra, perchè l'idea divina possa attuarsi nel mondo, l'opera che gli dà il diritto di cittadinanza nell'Umanità». Dio e Popolo; ma Popolo che non è « molti– tudine di uorn.ini erranti••, bensì Nazione. . , Attraverso le schiere dei martiri, poichè il sacrificio non è mai vano, il principio di nazionalità giunse alfine al suo sbocco trionfale: la rivoluzione del 1848, che, per quanto mo– mentaneamente domata, .può considerarsi la maggior sua vittoria. •Ma, nello stesso 1848, insieme alla rivoluzione Hberale ~ nazionale, un'aitira rivoluzione, ,in embrione, ~i svolse: ,que!Ja socialista. E' l'anno del Manifesto di Marx e delle giornate parigine di giugno. Il lavoratore non ha, e non può avere, ·an !€no aX!or.a,pat-ria: la sua !Patria è tla sua classe, è l'un.ione internazionale di tutti i proletari che gli può fare vincere la dura partita contro l'internazionale dei padroni, dei beati possiden~s. Quindi i due moti, il nazionale ed il sociale, che •costi– tuiscono l'anima della storia del sec. XIX, in questo punto interferiscono e, purtroppo, si paralizzano a vicenda. La paura del rosso, la tremebonda, insensata paura del rosso, getta i ceti medi, la cosiddetta borghesia, in braccio alla reazione: è l'impero autoritario del minor Napoleone. La spinta del principio di nazionalità è trlJppo forte, per- 1 chè possa essere arrestata; Napoleone III stesso non dimen– ticava di essere stato il Carbonaro di Romagna. Italia e Ger– mania, realizzern'lllnO allora la loro unità -nazionale, ma non più per moto -s,pontaneQ,democratico, <lal ba6so, ben-sì per l'opera politica, diplomatica e militare dei Gabinetti e delle Corti: dall'alto. Sarà il Regno d'Italia, creato dall'abilità di Cavour e dalle vittorie franco-sarde; ma non sarà il realizzarsi 'del ,sogno di Mazzini. Sarà il Reich tedesco, cre.ato dal Sedo.n– liicheln (il sorriso mefistofelico di Sedan) di Bismarck e dalla lucente spada di Moltke, ma non sarà l'attuarsi delle spe– ranze del Parlamento di Francoforte. Nel 1870, proprio quan– do sembra che il principio di nazionalità abbia trionfato, al– meno per le maggiori nazioni, e n\Jn resti che compiere,J'opera per Je minori, specie bafoaniche, -~i inizia in realtà la sua sconfitta ed esso comincia a cedere terreno di fronte al nazio– nalismo: il 1870 veramente è uno dei momenti critici della storia d'Europa, quello in cui la nazione, per attuarsi, si lascia assorbire dallo Stato. Dopo il 1870, inoltre, si sfaldano rapidamente le due il– lusioni, che prima erano sembrate solide reltà, su cui pog– giasse il continuo progresso del secolo: 1) il liberismo eco– nomico, il sistema, cioè, d'una economia mondiale veramente internazionale, quasi un ordine di natura; 2) la possibilità di mantenere una completa separazione tra il sistema politico e que:Jo economico e, di conseguenza, tra i due relativi po– teri. Il protezionismo che deriva dal crollo di queste illusioni, cioè l'economia subordinata ai ·fini della politica, è il mas– simo, fattore del nazionalismo. Il Reich bismarckiano ha già nel 1879 una tariffa protezionistica definita (manco a dirlo) « scientifica »; la rapida industrializzazi·one del periodo dopo il 1880 segna quasi ovunque il trionfo del prote-zionismo. Lo scopo de1la politica nazional; va d.iventando quello di som– ministrare il ben,essere ai membri della comunità, di proteg– gere e facilitare il loro- vivere. Parallelo e interdipendente con questo sviluppo protezio– nistico, si svoÌge un processo di osmosi tra l'istanza nazionale e quella sociale: il socialismo si nazionalizza e la nazione, a sua V1Jltasi socialaza; ma questo duplice processo, anzichè un armon.ico integrarsi implica un reciproco ,paraiizzarsi dei 'due movimenti. ,Ba5ti ricordare Ja (POlitioa socia1e '<ii Bli-· smarck, che i-n un ,certo l9e'DSo può diI1Sie56ere stara tm vero ·e !proprio tentativo odi rocialismo di stato. ,Respiriamo già l'atmosfera òlel terzo ~et'iodo .del ,Carr. Il lato naturalistico del concetto di nazione ingigantisce sempre più e si svolge in una linea lungo la quale, con quel– l'imp1acabile spirito di consequenziarietà che è proprio della filooofia tedesca, « l'umanità - come disse il poeta austriaco ' Grillparzer - attraverSIJ la nazionalità, si riconverte in bestia– lità», Con l'appoggio di teorie pseudo-storiche e pseudo-scien-

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