Lo Stato Moderno - anno III - n.14 - 20 luglio 1946

324 LO STATO MODERNO finto di dimenticare questa dura verità, e proclamato che ci siamo liberati da soli, è ·stato errore grave, e le sue conse– guenze, alla lung,a, 5aranno incalcolabili. Saggezza e<l equi~à avrebbero voluto che si fosse detto suiito, chiaramente,, con il sobrio modo di un liquidatore che assume un'ingrata ere– dità: « Ricordiamoci che abbiamo perduto la guerra, distrutto n 1110stro prestigio internazionale, ringraziamo le twppe al– leate che hanno fatto crollare l'esercito teclesco, siamo rico– noscentt ai partigiani e a coloro che hanno sempre combat– tuto il fascismo, e mettiamo l'ordine fra le T0vine ». _Ma il 25 aprile aprì un'èra di rivoluzionarismo socia!e che non po– teva - nè può - economicamente sostenersi, e un periodo di illusioni romanzesche che dovremo amaramente scontare. Con un paese sconquassato, delle masse paurosamente igno– ranti, una struttura governativ,a in frantumi, ci presentammo per essere accolti nel sinedrio dei vincitori, con qualche ar– roganza, e nessun senso della realtà e cl'elridicolo. E Trieste fu levata sugli scudi. Non sapevamo, nè sap– piamo, la sorte della lira; abbiamo tremendi problemi di di– soccupazione e di rio-rganizzazione, la nostra economia è an– cora quella autarohica e corporativa, mentre è in fuse di ripresa il commercio internazionale in confronto del qua:e tutti i nostri prezzi sono sfasati, e ci concentrammo sulla di– fesa ~i Trieste: mangiavamo pane degli Alleati, e li vitupe– ravamo perchè non difendevano le ,postre frontiere ante– guerra. E oggi abbruc;amo pubblicamente i certificati Alexan– der, forse per convalidare il giudizio che dava di• noi un sonetto attribuito al Tassoni: Oente superba che si mum: di fame, Teste leggere, e Jingue maledetbe. ' Stranissima cosa: su qualsiasi prob!elfla, dal fitto delle case allo sblocco (mai avvenuto) dei licenziamenti, tutti son pronti ad azzuffarsi; per la questione .di 'I;rleste, salvo qual– che comunista fanatico e pochi stravaganti, a parole tutti son pronti a stringersi in ,u,n fascio e a battersi: H naziona– lismo è la cosa che più unisce oggi gli italiani. Sintomo grave. L'affare di Briga e Tenda, studiato storicamente, si presen– tava assai dubbio (parlo per chi ha letto sul serio i carteggi cavouriani): è bastato per risuscitare la gal:ofobia e lo stile fascista. Ohi s'era presa .Ja briga 'di presentarci Paul Eluard comé un grande scrittore e poi ha sentito che; varcata l'Alpe, era per Trieste jugoslava, deve avere avuto gli stessi patemi d'animo di chi si apprestava a far festa a Sartre il giorno della perdita del Moncenisio: anche qui, si zoppica. La minaccia di non firmare il trattato di pace è donchi– sciottesca: non occorrerà altra pressione che il mantenimento dell'occupazione e la sospensione delle import~zioni, e si ,vedrà la lira far la fine del pengéi. Troppo si declama, e pooo si Tiflette. L'internaziona:izzazione di Trieste è una cat– tiva soluzione perchè non fa~lmente mantenibile, come Dan– rz:icainsegna; peggiore sarebl:ie stata l'attribuzione al:a Jugo– slavia. Con quesro bisognerà a9So!utamente cercare di in– tendersi, ma fino a quando la c!asse dirigente italiana la– .scerà che i rapporti con fa Russia si svolgano per il tramite del P.C.I., natura:mente desideroso di monopolizzar:i, ci sa– ranno poche speranze. La conclusione è che la nostra poli– tica estera manca di re~lismo e di spregiudicatezza è impo- 5tata..su di uno schema (la vitf<iriosa« cobe:Jigeranza ») senza consistenza. Noi o 1amocambiare mentalità, e pigliar queHa dell'uomo d'affari che .liquida le posizioni insostenibili e non ha rimpianti a decisione presa; e sqprattutto pensa a nietter in efficienza il nuc!eo centra:e e direttivo dell'impresa, indi– llpensabile per ripartire. Soltanto il giorno in cui il nostro Paese avrà un governo capace di amministrare, un bi:ancio che si reggia, un •ordi<r1atovivere -democratico, potrà iPfillsare ·a una politica estera seria. Non avendo neppur cominciato a ll'iprendere in mano la gestione interna, stiamo pen~iinqQ 11/!e colonie, anziché alla ridistribuzione della manp d'opera e a~li scarti diei costi ooi prezzi internazionali: proprio come quel ta;e che costruiva il tetto dimenticandosi delle fonda– menta! Dopo Novara, il Piemonte ebbe il decennio di racco– glimento in cui mirò a una cosa sola: rifarsi le ossa. L'ono– revole De Gasperi certamente conosce gli atti del Pariamento .suba!pino di quel decennio: memorabili. Cavour e la nuova 'Ita:ia sono nati di lì, da quello spirito di gente pratica e ,po– llitiva, bene informata di quanto accadeva nel mondo, per 111u]aidealista, ma attenta ad approfittare delle occasioni, borghesemente prudente, cauta, che pensava a:J'indipendenza più che all'unità, e che si ebbe a premio del suo operare anche la seconda dopo la prima. Siamo ancora nella fase dei Brofferio e dei Solaro de'lla Margarita: e De Gasperi mi ri– corda un Rattazzi paradossalmente c:ericale. Nessuna traccia, finora, di un Cavour all'orizzonte. ARRIGO CAJUMI ARIA NUOVA IN PROVINCIA Si st,ampa a Bergamo un -esernp~ giornKÙJe di giovani. Si chiama La Cittadella e dimost,,a nei suoi redattori un im– pegno serw, w1a decisa volontà di opporsi ad ogni faciùi– neria, un rifiuto c0111JO.pevole a lascbrsi gicaa.re dalle parole. li gwmaJ,e è poUtico ie ktkrarw, ma rnu;he &z poesia è sentila, e persino scritta àOn un moto immediato e dolente di peraezmiie di 'quest' vra dolqr.osa e umilia.Ila della nostro genl:e. N<m s<m co9€ tutre nuove, com'è mturak, quelle che pen.sonc ; dicono, ma taluna è fondamenpalé dirla oggi, e dtrla bene, dirla forte, dirl4 chiara. Come qoosta, per esem– pio: « Ma se è important,issimn la crea:z:i011e di una struttura &el!o stlatc duttile e non rigida nell' evoluzian,e politico-eco– nomictJ, a noi interessa in primo pio:no che si affermi una voltn per 9empre in Italia la libertà nella coscien:w, ntel pen– siero, nel costume. « Se vi saranno uomini o partiti che per umi tris,e tra– diziane caritroriformatOf'f(J, per cre,co OOf'lfessicnalismo, per int'ewsse di o,ast'a, vommno le{!fJlle nell.~ istituzioni e nella =ln il nostro popolo alha ign.immza e alla risbret!Jez:rodi ormai ammuffiti sistemi, ~i sarMio pronti alln più disperai~ opposiziorre, e ci 'OugW't'amo · che al.tri non verrà in cambio di ccmcessi011i ~-odali, semplle ~ose ,appunto perchè con– cessioni, ccncedere indifret,enza in qu,est'altro importantissimo oampo della vira ffl'lzionafte ». Per mio conro sot.toscrit:€1'ei, 6'€ n,on dovessi notare un oerto irrigidimento anticlericak, e una oerttz fiducio~ attesa oerso altre forTMzio11i. Badiamo b~. qui non si tratta di maggiori o minori simpatie verso questi o quelli, chè se di questo si trat/Jasse, i ovvio doùe si dirige,<ebblerole nostre, e cioè nelui stessa direzione di quelle degli amici di Cittadella. Ma qui si, ù'att'tl di non scambiare un malte vecchio con un male nuooo, la controriforma con il conformismo $i partiti di massa. Che le due cos.e swrw sbPettam.ente legate, non sa– remo noi a ne~rlo; vogli.amo però ne~e che i due termini ooincidl(I1lO, e che il C-Of'lformismopofitiao dalla Russia alla Germania all'Italia '(Jbbia g:i sDessiprecedenti religiosi. Ma questo ;";a detto di sfu.ggitxz, perchè quello che ci preme notare è un'-altira OO<Stl; ed è che l'Italip provincia/,e, l'Italia etlemra e vem. quella di ieri e qtitella d.i domani, co– mincia a scuotersi del vecchio letmgo ed agita iàteie nuove e portterà fra non molto alla ribalta uomini nuovi. Di fronte al falli-mento di Rom•• e di Milano r11ell!a guida del pties,e verso il futuro, quest.o ri3veglio provinciale è uno dei pochi segni di buon auspicio. VITTOR

RkJQdWJsaXNoZXIy