Lo Stato Moderno - anno III - n.14 - 20 luglio 1946

LO STATO MODERNO 323 IL DITO MIGNOLO Pubblichiamo qu1Mo articolo del nostro amico e colla– boratore Arrigo Cajumi perchè non v< m.em ,rw, noi demo– cratici, far supporre anche· solo per un atthno di 'l.ascux li– bertà di opinione aottant.o a coloro che la pensano in tutto e pe.r tutt-0 come noi. Ma non ~. pubblicandolo, non esprimere chiti– rorMnte il nostro dissenso, sia sulla te8i ge,nerok deU'arlim:o, sia su partiaolari- affermazioni che tale tesi dovrebbero suf– fragare. Il Caiumi, parte per l' amo1'e del paradosso che gli deriva dal p'fooere aoandare oontrocorrente - che nei pos– siamo condividere quando non diventi ab#o mentale di Ba,. stian oont'l'arw-, parte per la comune e giustifia,ta pr,eoc– cupazwrle delle comeguehze di ordine interno, pt'Bnde in questo arlicolo posimne di netoa -0stilità non solo contro le manovre 'IWZWnalistiche, ma anche contro - gli estremi tenta– tivi di difesa dei oosfri dmtti naz~i. Ma con ci ~so. mentre da un lat.o comprometteJebbe all'inflerno e all'estero lé residue probabilità di riuscita di quei rentativi, duft altro egJi favorirebbe p,ioprio quelle manovre che più lo preoc– cupane. In linea genierole, si deve affermare che la difesa dei oonfini etnici nella Venezia Giulia - di quei confin~ che in '6ase alla decisione dei « quattro grandi " avrebbero d<>Vuto essere assunt>i come fondamento per il tiracdamento del fu– turo confine italo-iugoslavo - è uno stretto dovere dei nostri rappresentami. dovere cu.i essi non possono venir meno !l'enza es.'lefe giustamrote tweusati dJ colpevole « rinunciatarismo » o quant.o meno di politica inoapacità. Se poi, assolvendo ~ loro pveci.10 doveré. essi mm-Potranno per cironstafi2'.e più forti di loro ottenerci auel confine etnico che tutelerebbe la ~talianità di tante dittà istriane, allMa si potrà, e pu.lfe si davrà, a1Jviarcia queUa politica di « raccoeliment:Q._ » oavournmo cara al nostro amJoo. Gla.cchè. 11er accettare il suo varaeone, pes– simo uomo d'affari sa,rehbe oofol che potendo liauid01'e le proprie passività paf!Pndo il 80%, offrisse S'T)Ontaneamente molto di più. Cavour certamente non lo atJ11Bbhe fatto! Ouantio oTJ.e affermazioni particolari. molte cose ci sa– rebbero dà contesta7'e. o almeno da 'attenuare: 'tkj1a valuta– zione. prettamente illumimstial in r-ei,me di s{iffraeio uni– versale, di poter 'fare politica, senza tener oont.o alcun.o del– l'ineducato. avventato. hmorante, irriflessivo pubblico che vent'anni di fascismo ci hanno regalato ( qu.asf bastasse pren– derlo 1 di petto per trasformarlo). all'allusione non documen– tata a pretesi ten/Jativi federalistici di Porri e De Gasperi, o internazicnalistiri di alcuni nostri partiti; a1l' affermazione che ci sarem~ m'esentati con arroeanM. nel sinedrio dei vinci- ori, ecc. Ci paiono affermazioni spericolate di uno spirito educato al ,zwco d'astrazioni inteUeuuali di quell'illuminismo - che viene richiamato i:n ogni suo scritto; oonsenffamo invece, e di tutto cuo,,e, sulla necessità di aver l'occhio attento sui vasti e complessi problemi moderni dell'e,cmwmia degli scambi internazionali e dell'impiego <¼1/ama1TO a opera. ar. b. , Profonda e diffusa è l'ignoranza delle nuove generazioni, e credo che tra i loro componenti, pochi sappiano chi fu Rémy de Courmont, e meno ar1<:oralo leggano, ciò che s~– rebbe - tra parentesi - assai utile per prender quel bagno volteriano -di dissociazione delle idee che solo può 8Ciogliere !e incrostazioni intellettuali del fascismo, tuttora delizianteci. All'inizio delYaltra guerra il caso Rémy de Courmont ve~iva invece ampiament'e ricordato, ed era questo: Rémy de Gour- • mont, bibliotecario, noiato della cantilena de11a revanche, un bel mattino .scrisse e· stampò una frasetta famosa: « Per l'Alsazia Lorena, non darei neppure rl dito mignolo che mi serve a scuoter la cenere del:a sigaretta ». E fu, con scan– dalo, revocato dall'impiego. (Il che pÒi non doveva impedirgli di fare con Pendant 1 1' orage, ammenda del giovanile errore). Confesso che la tentazione d'imitare Rémy de Courmont prima maniera ribolle in me da parecchi mesi, e un giorno o l'altro non è escluso che travolga i freni che la dominano. Ma quando per le piazze e le strade del bello italo regno (pardon, repubblica) sento, come !'8 luglio a Milano, urlar in cadenza « Is-tria Is-l!ria » come ieri sentivo « Du-ce Du-ce », e l'eco rispondere « Ti-to Ti-to •, la frasuccia famosa, aome la me!odia di Vinteuil in Proust o il ritornello americano nella Nausée di Sartre, mi viene irresistibile sotto fa penna. Intendiamoci bene: io non contesto, etnicamente, l'ita– lianità <li Trieste e di qualche zona cittadina dell'Istria e della Dalmazia; protesto soltanto contro un'impostazione del problema che non può che sfociare in una ripresa difnazio– nalismo e di fascism~ L'on. De Casperi, che ha molti..,pregi e non pochi difetti, è gravato di un peccato orginale: è un « irredento ». E, per quanto faccia, sentimentalmente, fisiolo– gicamente, davanti al problema di Trieste perde il sangue freddo, e i franoesi, che in queste cose son maestri, hanno buon gioco a rimproverargli le stonature verbali a cui sovente c·ede. Il tono giu~o, nessuno ancora l'ha trovato: i comunisti, preoccupati di rendere immacolata la Russia e di dipinger gli anglosassoni come orchi; i socialisti, che sentono il prurito dell'irredentismo nella stessa guisa del repubblicano Facchi– netti; i liberali (e cosidetti indipendenti) che scrivono come la defunta Idea nazionale di Corradini, Maraviglia, Forges e bellla congrega. E il pubblico li segue, l.'ineducato, avventato, ignorante, irriflessivo pubblico che vent'anni di fascismi? cl hanno regalato: tutte le volte che qualcuno ha proposto di fare macchina indietro, la paura di « perdere delle copie » andando controcorrente ha spento ogni velleità Lluministica, Il mio amico Angelandrea Zottoli, ai te.mpi deIJa Nuova Europa ci rimproverava di dedicar troppo spazio alla politica estera, osservando che sarebbe come lodar le prodezze di Ca– sanova al grande eunuco. Ma nessuno si è messo purtroppo per questa via. Parri e De Gasperi hanno cercato di suscitare uh movimento di federalismo e di ,unità europea, ohe \'li è loro spento in,nano; i: socialisti. di imbastire un'intemazionalè angl~franco-italiana; i c!ericali, un connubio i~alo-francese. Tutto è abortito, s--la legge dell'interesse è la sola che si af– ferma. Cosa che non era difficile prevedere, per chi conosceva !a mentalità anglosassone (e la russa) e bella figura fa_C. M. Franzero con la sua lezioncina nel Tempo milanese del 9 luglio, che ci invita a smetterla con l'illusione che gl'inglesi non dimentiohino. A me, era venuto freddo, il giorno in cui usicì !l fascicolo di Mercurio co1 tito1o Anche l'Italia ha •vinto. Ma quest,a tremenda gaff~ df crederci vincitori è -in realtà stato il fondamento della nostra politica estera dal 25 aprile 1945 in poi. Ed è quella che ci perderà, se continueremo a sragionare. La fiammaba partigiana, col suo stil.e quarantottesco, po– teva rialzare il tono all'interno, e dare una certa nota digni– tosa e pittoresca all'estero. Ma, ch'io sappia, in Francia nes– suno si è &ognatodi attribuire hl vittoria alle F.F.I. (1) anziohè a~i eserciti anglo-americani sbarcati in Nonnandia. E in Ita– lia, ?3 vinto -Alexander, e chi era sul ~eno e sull'Oder. L'avei: (.1) Forees Françoi.ses de I' lntérieur.

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