Lo Stato Moderno - anno III - n.11 - 5 giugno 1946

LO STATO MODERNO 245 11AL.JA E Le gravi rivendicazioni francesi sul Moncenisio e altre zone. per noi vitali, hanno dolorosamente colpito l'opinione italiana. A rischio di esser tacciati da cinici, diremo però che le reazioni sentimentali, in queste faccende, non solo non servono a nulla, ma sono spesso nocive. Tra la Francia e l'Italia poi le eccessive emozioni e gli eccessivi risentimenti hanno contribuito, in modo del tutto particolare, a rendere pesante l'atmosfera, in questi ultimi trent'anni. Prima fu la Frnncia a misconosce(e I-a nostra vittoria contro l'impero degli Absbur– go e i nostri diritti su città italiane come Fiume e Zara. In seguito, fu il fascismo a campare assurde rivendicazioni sulla Corsica e sulla Savoia e ad aggrédire addirittura la Francia, nel momento più difficile della sua storia. In ambo i casi, i democratici francesi ed italiani più intelligenti ed obbiettivi deplorarono fermamente l'imperialismo del preprio governo, ma la loro voce fu sopraffatta da] clamore di opinioni rese passionali dalla retorica. Per sfuggire finalmente a questo male sedicente latino, non indugeremo neppure su fatti che sono legittimo titolo di orgoglio per l'antifascismo italiano, come la partecipazione di molti di noi, in quel biennio tetro che fu il 1940-41, alla resi– stenza francese contro i vincitori tedeschi, come la fattiva collaborazione armata che le nostre formazioni partigiane die– dero nel 1944 alla battag1ia per la liberazione della Francià. Noi abbiamo dàto quel che abbiamo potuto alla causa co– mune e i francesi hanno fatto altrettanto. Le questioni che oggi si pongono, richiedono un altro discorso. La Francia è tra le potenze vittoriose, ma la sua situa– zione internazionale non è brillante. I « tre grandi » la trat– tano come una potenza di second'ordine non solo nei problemi asiatici e africani (ignorando di proposito il cospicuo impero coloniale che la Francia pure ha in questi continenti), ma anche relativamente al problema tedesco, di cui sanno come da quasi un sécolo a questa parte condizioni la vita stessa della nazione francese. La Russia, la Gran Bretagna e l' Ame– rica che occupano i quattro quinfi del suolo tedesco, fanno nelle rispettive zone la poiitica che loro pare e piace, senza mai chiedere l'opinione della Francia. In un primo tempo, hanno trattato ,le popolazioni come dei coloniali privi di di- .. Dal 10 giugno 1946 La direzione, redazione e amministrazione della rivi– sta è trasferita presso la Soc. Ao. R u s so - E d i t o re Milano Via Meravigli 7 • Tel. 81.971 FRANCIA ritti, ottenendo solo la loro persistenza nel nazionalismo hitle– riano. Attualmente, stanno per cadere nell'estremo opposto, e si pteoccupano solo della possibilità di mettere un termine, al più presto, alla costosa occupazione militare; perciò valo– rizzano certi partiti tedeschi, il social-comunista nella zona sovietica, il socialdemocratico in quella inglese, il democra– tico-liberale nella americana, che pensano siano loro docili strumenti, ma che sono ne:Ia realtà gli stessi vecchi partiti sciovinisti che spianarono a suo tempo, sia pure involontaria– mente, la via a Hitler. Come se ciò non bastasse, si prepa– rano a restaurare, almeno in parte, le industrie belliche desche, nell'illusione che possano servire ai vincitori di og;gl e senza comprendere che serviranno invece alla rivincita del vinto. Di fronte a questo -stato di cose, la Francia si è trovata costretta a ripiegare sull'esercizio dell'unico diritto che le rimane, quello del veto - riconosciutole dagli accordi tra gli stessi « tre grandi » - contro l'unificazione economica delle diverse zone in cui è oggi spartita la Germania. Che tale rimedio aggravi solo il male a cui si vuole rimediare, jJ abbastanza chiaro. Senza riguadagnare la propria 1.Ulità economica, per quanto riguarda le industrie di uso civile, la nazione germanica non potrà mai rieducarsi alla vita pa– c,ifica. L'attuale -situazione la tiene immersa nella menta– lità zoologica che l'hitlerismo volle sviluppare. Tuttavia, per quanto molti vedano, in Francia, l'assurdo di questo &tato di cose, nessuno ha saputo proporre una via d'uscita dalle attuali contraddizioni. Non l'ha saputo, perchè non sono problemi che una sola nazione possa risolvere e la Francia è oggi isolata, sullo scacchiere internazionale. Il patto con la Russia giuoca solo in certe contingenze, che non si verifi– cano molto di sovente. L'alleanza con la Gran Bretagna non è "possibile, finchè Londra l'offre solo a condizione di avere mano libera nella Renania e nella Ruhr. E allora non ci deve me~avigliare, anche se dobbiamo deplorarlo t, fermamente opporci ad esso, il fatto che il nervosismo fran– cese si traduca in ingiustificate rivendicazioni nei confronti del suo vicino sud-orientale. Dalla spregiudicata analisi dei fatti, deriva la compren– sione della funzione che noi potremmo avere. Anche l'Ita– lia è isolata, senza alleati. De Gasperi e Nenni sono con– cordi nel felicitarsi di essere riusciti a tenere il paese fuori da ogni blocco. Se ciò significa semplicemente che non '1ob– biamo parteggiare ,nè per gli uni, nè per gli altri, nel duello anglo-sovietico, hanno ragione. Ma se significa che dob– biamo rimanere senza alleati per i •prossimi dieci o quindici anni, la cosa non va più. Lunèi da noi il voler sposare ·rodio tradizionale di molti francesi per la Germania. Noi apprezziamo troppo la cultura tedesca per poter avere una ostilità preconcetta verso la nazione che .l'ha saputa pro– durre. Ma, forse, se la Francia potesse contare su una certa solidarietà dell'Italia - dei 45 milioni di italiani della pe– nisola e degli altri milioni che sono in America - essa sa– rebbe in grado di affrontare il problema tedesco in un modo più realistico e di avere con ciò qualche carta di più nel giuoco verso i « tre grandi » che oggi fanno e disfanno la Germania e con essa l"Europa tutt'intera. E' chiaro che, in tal caso, anche noi potremmo chiedere dalla Francia non solo la rinuncia alle sue rivendkazioni su territori nostri, ma anche quella comprensione e quell'appoggio, nella que– stione giuliana, come in quella altoatesina, coloniale, ecc., che i clamori sentimentali non ci procureranno mai. LEO VALIANI

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