Lo Stato Moderno - anno III - n.10 - 20 maggio 1946

LO STATO MODERNO 229 lL DOVERE Dl OGNUNO Non mai c11me in questi ultimi tempi mi sono risonati dolorosi nel cuore i versi del Carducci: « ... su'{Jplicarorw, empi, d'essere abbietti». E non è una strana compagnia in neri sacchi avvolta che, fra ridde paurose, invochi il Crocefisso di cui non comprende l'altissima parola, ma è tutto un popolo che - ~opo _aver fotto giustiz,ia del « dittatore » - si prostra wmle ai tre « Grandi », ai vincitori della guerra immane, elaborando per– sino un progetto tendente all'abolizjone del servizio militare obbligatorio in Italia. , . . . . Chi scr-ive ha sempre deplorato l opposJZione de, van nazionalismi all'idea del disarmo generale e non potrebbe se 11~ 11 esultare per l'inizio di un movimento proponentesi la realizzazione delf antico sogno per il quale, fin da giovinetta, leggeva commossa le pagine forti e buone ~i Berta de Suttner e, più tardi, accoglieva fremendo le v1vac1e generose requi– sitorie antibelliche di Romain Rolland. Ma, intanto, il Capo del paese, che non intende rive– lare il segreto della bomba atomica, dichiara di aver impa~ rato che l'istruzione militare obbligatoria è il solo modo d'. risparmiare vite u_mane e risorse materiali; e aggiunge .~i dover rendersi conto del fatto che la pace ha da essere edifi– cata non solo sulla buona volontà e sulle buone opere, ma anche sulla potenza. . . In quale modo si deve, dum1ue, pensare ed _ag'.re? . Se anche noi sommettiamo le nostre concez10m morali .politiche alle « terribili esperienze » fatte in una sola .ge~e– razione, e se non possiamo non consentire al desolato g~ido a Cristo del Campanella: « Se torni in terra, armato vien, Signore! », è impossibile far dipendere dagli altri la stessa nostra facoltà di vivere come uomini liberi e non come schiavi. • Potrebbe mai essere « una pace veramente pace » quella che si fondasse quasi esclusivamente· sulla tremenda potenza dei vincitori, ergentesi senza alcun controllo sulla stanca de– b~lezza dei vinti? « Se realmente - come giudica Truman - non si può sfuggire al dilemma o di affrontare la rna'ltà del mondo o di ritirarsi dalla lotta, quale uomo e quale nazi_one po- _ trebbe, senza offendere la propria dignità, voler affidare ad altri la difesa dei propri diritti e dei propri interessi? Il Capo della democraticissima America afferma ancor oggi che la legge sul servizio militare obbligatorio è una del– le pietre angolari « che possono permettere J'esisten~a di una forte nazione »: e l'Italia può credere ancor oggi che primo ·compito del suo nuovo·ascendere verso b libertà debba essere la rinuncia alle più forti ragioni del vivere? Se odioso ci riusciva l'essere costretti a partecipare, in qualunque forma, ad un falso consenso generale, non pos– siamo ora non ribellarci a qualunque limitazione sia per imporsi alla nostra indipendenza di pensiero e di ~aro~a. Al– trimenti dalla deplorata « storia di ieri » non diffenrebbe veramente la infelice « cronaca di oggi •; poichè l'oppres- ' sione non farebbe che incarnarsi in individuj solo apparen– temente diversi da quelli del miserabile passato. ... Gandhi - l'apostolo della ahimsà, della non-violenza usava le più energiche espressioni per respinge~e o~i viltà. Nel 1921, egli riconosceva che « i suoi conc1ttadllll, spinti dalla collera e dal malanimo, si rifiutavano di com– piere li proprio dovere soltanto perchè erano deboli ed igno- ranti». · I pacifici, che saranno chiamati « figli di Dio», non sono certo coloro che fanno « per viltade » i maggiori ri– fiuti, ma sono quanti hanno fame e sete di giustizia: di quella giustizia che, nella libertà, è l'unico, sicuro fondamento della umana fratellanza di quel senso di giustizia che all9 istesso Gandhi suggeriva la nobrle affermazione: « La mia ·anima non può essere soddisfatta finchè rimane testimone impo– tente anche d'un solo torto o d'una sola miseria». E la così detta « realtà del mondo » in cui sono tanti torti da riparare e tante miserie da sanare, non dovrebbe essere virilmente affrontata pur da tutti coloro i quali cre– dono di non potersi non dire cristiani? Anche ise non sempre si sa ,ripetere, persuasi, co1 poeta: « Tu solo, o ideai, sei vero! », v'è nel fondo della nostra co– scienza una voce che fa ognora rivolgere in alto lo sguardo rattristato dalla visione di troppe viltà e di troppe sofferenze umane: dal limpido cielo la pace fu promessa unicamente agli uomini di buona volontà, ché non con le armi deITaviolenza essa si fonda e si mantiene. La pace, che deve essere difesa e salvata dalle baio– nette e dai cannoni, non è se non la maschera cui si costringe la sorda ribellione dell'impotenza: e volgari gendarmi sono i suoi custodi, non generosi banditori del più grande dei doni di Dio. , , La realtà, che non possiamo non riconoscere, non è qualche cosa di statico: noi la creiamo e la irinnoviamo con– tinuamente. Perché dovremmo chinare il capo, pissegnati, di fronte alla sua asprezza come davanti ad un inaeprecabile destino o fingerci suoi do!Illnatori seguendone fo ,legge in– feriore, piuttosto che muoverle incontro, decisi, per solle– varla a compiere pur essa la volontà del Padre che è nei ~? . E' tempo che i pastori dei popqli abbiano il coraggio di opporsi a tutto il male che profondamente divide una gente dall'altra e che nessun fratricidio può avere reso per sempre insuperabile. - Affinchè l'anima divenga assolutamente libera non ci si può sottrarre - come dice Gandhi - ad una incessante crocifissione della carne; per questo, il pacifismo e la ahimsà sono fta i massimi ideali dell'umanità, che non intende « prop– ter vitam vivendi perdere causas ... »: essi non devono essere un bieco strumento nelle mani di chi vorrebbe servirsi dei beni più alti come di semplici mezzi per raggiungere i propri inconfessabili fini. L'acquiescenza 11i prepotenti non è mai stata né sarà il segno della vera mansuetudine, soprattutto nel campo po– litico: non ~i opponeva San Francesco stesso alla prepotenza del lupo d'Agobbio? Il 1St!gretodella pace fraterna non può consistere affatto nell'attiva imposizione, da parte dei po– tenti, e nella passiva accetta7:ione, da ,parte dei deboli, di alcuna ingiustizia. .Tanto· negli individui quanto nei popoli • fa vita è il paragone de!lle parole »: e chi scrive sente che solo il paci– fismo, il quale voglia con fermezza e dignità modellarsi su quello degli evangelisti « facitori di pace » è degno di tutto il rispetto anche se, purtroppo, « il suo nome è ,pass~to sulle labbra di tanti impostori e di tanti beffa~di ». La pace e la non-violenza sono « uno stato pedetto »: ma, per meritare di conquistarle, non si ,possono -prendere vie traverse né approfitt11re in nessun modo del più comune istinto di conservaz,ion!': per meritare di conquistarle vera– mente e per sempre, è necessario non offuscarne la luce con nessuna ombra né di violenza né di ipocrisia. • · IDA VASSALINI

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