Lo Stato Moderno - anno III - n.8 - 20 aprile 1946
cosa sarà restato del nostro patrimonio zootecnico? Pare ohe ae perdi te si ag– girino sul 25-30 % !ra :bovini ed equini. 'fenendci conto deUa Jegge sopra enun– ciata e volendo butta,re giù delle cifre, arnvando a 30.000.000 cti capi di be– stiame tra cui 8-9 di bovini molta parte delle manchèvolezz~ della nostra agri– coltura sarebbero r,isolte, ma bisogna passare per ii solito « ihiic Rlhodus hic salta» e cioè: diminuk la superficie a grano, alllargar i pra ùi e gli erbai e sparger per tu tl'a Italia e specie nel mezzogiorno e nel/le isdle in aziende grandi e piccole il silo. Questo sem– plice istmmento a parità di quantità di erba da affienare dà una economia del 20-30 o/o e permette d!i çonservare le erbe che non possono dar fieno (gran– turco verde, fava, avena, orzo, ecc.). Re– stando nel campo gell'aillevamento bo– vino è da considerare che in molte zone dell'Afta Itall~a si fa spr'eco di forza di trazione bovina (ah! le ma– gnifiche parig,!ie di candidi bovi o 'vac– che che nelle ,Pianure emili•ane a volte fino in numero d'i 10 trascinano un aratro) che ,P<>trebbe esser sosl'ltuita dal trattore, permettendo dl trasfor– mare il foraggio non in forza di tra– zione ma attraverso la mucca in burro, formaggio etc. sostituendo cioè al be– stiame da lavoro quello da reddito. ,Esportavamo ancora nel '38, per 145 milioni di formaggi che ragguagliati alle lire attuali darebbero la somma di forse 3 miliardi! Non è detl'o che non possiamo accrescere questo cespite. Ho già considerata la possibilità di au– mentare la nosbra popala:1'lione bovina con opportuni cambiamenti nella col– tura, sta di fatto che una parte dei bovi può esser sostituita da vacche in molte aziende (i bovi non tiglian'G!) e molti. da tratl'ori e si può già cosl ,aumentar la produzione di latte e carne la qua– le, in parte e per una cifra altissima, importiamo. Me c'è altro. Bisogna <agire entro il paitr-ìmondo zootecnico se– lez-ionando le razze opportunamente, in vista degli scopi cui diette razze debbon rispondere .(1a\/'oro, carne, latte) pa<r– tendo dal conce~to che le migliori razze sono economicamente le più favorevoli e questo tanto più per le vacche lat– tifere. Si pensi che soggetti di selezione posson dare 1 kg. di l1Hte per ogni chilo di fieno o di un equivalente mangime, mentre da noi nella ,generalità, per avere un litro di latte ci vogliono fino a tre chili di fieno! _ In Italia si consuma troppo poco lat– i-e; 36 litri a testa in un anno, il che vuol dire çhe in enormi plaghe del paese i bimbi crescono e divengono adulti senza aver mai bevuto altro latte che quello della madre! In un regime di sia pur relativa libertà economica è &i>erabileche sia faci!le importar pan– nelli da semi oleosi, che integrando erbi– e fieno e_yermettano alte produzioni di latte. Eaa questa intensificata pro– duzione di bestiame e di latte non è del.lo che debbano restar assenti il me- LO ST~TO MUDER~O ridione e le isole. Il problema del lati– fondo imperante laggiù forse troverà la sua soluzione tecnica nella immissione di · trattori in quelle aziende e nella costruzione di sili « pescaresi ». Il co- •rollario sociaile dehl'appoderamento non dovrebbe poi tardare ad ,arrivare a compimento, una volta avviato a so– luzione il problema tecnico. I In questi anni di carestia ci siamo tutti accorti noi itali ani come siamo scarsi produttori di gras~i- e malgrado ogni contraria tpparenza anche di olio di oliva. I:l consumo a!IlilUia[e di ogni italiano in grassi era in tempi normali di oir<:a 12 kg. per testa di oui un de– cimo era costituito da burro e 1/5 da Oilio di oliva, iJ resto è da.to dia olii di seme imp0<rtati e da g<rassi vari. Non era mol11issimo. Potendo- aumell,tare in me-. dia il reddit'O per albero di oliva di un 30 o/o in olio, arrivando cioè .alla media spagnola, avremmo coperto il nostro bilancio in g,rassi vegetali. A parte le distruzioni della guerra che pare arri– vino solo al 3 % del nostro totaile di olivi, a parte il mancato normale au– mento delle piantagioni, conseguenza ovvia pure della guerra, con una razio– naie potatuxa che ora si :fla ilil limi– ta te zone, con le cure contro la « lupa • e le malattie parassitarie che son state assai neglette, con concimazioni meno avare, con un ahlar,gamento delle pian– tagi9ni di olivi suhle colline dove non è economica la coltivazione del grano, non dovrebbe essere impossibile ani– vare ai 3.000.000 di ·quintali di olio di o1iva necessari per il consumo e per una esportazione di qualità che si è , sempre fatta. Da nota.re tra parentesi però che abbiamo sempre importabo dal bacino medite~aneo olii di bassa qua– lità per raffinarli in quanl'ltativi quasi ugua\Ji a quelii esportati. L'attrezzatura ✓ dei nostri oleifici è più che sufficiente per lavorare un.a aumentata produzione. Nel campo della frutticoltura molto si era fatto, molito si potrà iare ma la rimessa in funzione dei frutteti non sarà un piécolo compiio: oltre ai danni cli<retti dehla guerra, la mancanza di cure, la insufficienza,o carenza di anti– crittog;imici, di preparati chimici, ,di concimi, le potatur~ lnsuffieienti deb– bono per- forza aver ridotto la produt– tività dei nostri fr>utl'eti sino a renderne in molti casi antieconomica la ·vita! E' d:iffi<:ile però in un campo cosi va– s.t,o aver dei dati esatti, e basterà aver notato di sfuggita questi fatti purtrop– po incontTovertibili. L'avvenire della nostra frutticoltura sarà anch'esso in futuro determinato dalla nostra poli– tica commerciale o - ahimè - piutto– sto da (:iuehla delle nazioni che, -uscite v.iitoriose de1la guerra, la determine– ranno. Comunque è probabLle che il no– stro volume di esportazione composto sopraùtutto di agrumi, ma anche di :l'rutta secca, oastagne, frutta tresca, riusciremo a mantenerlo se (e questo va,lga per tutte le n06tre produzioni ed esµorbazioni di ogni ~re), il no- 187 stro sistema di iTasporti sarà rapida– menté ordinato e reso efficace con tutti i presidi necessari per l'esportazi@ne di frutta Jiresohe e prodotti o<rtivi, cioè va– goni e magazzeni frigoriiferi! Parecchi sacrifici però bisognerà ben farli per– chè, è utile ripeterlo,n~a nostra es,POT– tazione un quinto era costituito ancora nel '36 dai prodotti ortcxflrutticdl<i. Ra– gione per cui se, come è sperabile, i fu– turi governanti d'Italia comprenderanno l'importanza fondamentale che hanno le nostre colture arboree dovranno dare maggior aiuto non solo a scuole specia– liz2lllte, a vivai cooperal'ivi o consorziali, ma a tutto ciò che tenda a razionaliz– za.re, accrescere, sviluppare questa arte della frutticoltura alla quale si presta in modo mirabile il nostro paese e per la varietà degli ambienti e per il clima. L'ortiodltura ha caimbiato faccia a certe zone (l'agro Cecinese, già Marem– ma è ora tutta un ori'O!) ed è destin;;ita certo a progredire in que1la fascia Iito– ranea cui si è accennato più sopra. Per intanto si valuta a mezzo milione di et– tari la terra occupata da orti. Le condi– zioni favorevoli per lo svi.Juppo di que– sta attività e per l'esportazione dei suoi prodotti son comuni con la arboricol– tura. Però è da rHevare che era la Ger– mania che assorbiva la maggior parte dehla nostra esportazione e che la sosti– tuzione di questo mercato non sarà fa– cile: Altrove, Francia, Olanda, Belgio ci sbarrerann·o il cammino, aiutate dalla vicinanza dei gran mercati dell'Inghil– terra e della Scandtnavia e sorrette da una tecnica più mo.derna che non 1a no– stra. In Olanda ci sono facoltà univer– sitarie di orticoltura e floricoltura! Po– sto per noi ci sarà perchè ci aiul'a il clima, ma è nell'adeguamento ai'la .realtà economica del dopoguer,ra che si porrà l'abilità nostra, abilità che sarà necessa– rio sia aiutata tra al>tro-da un servizio cli informazioni dall'estero che per for-' za dov.rà esser assunbo da camere di commercio e da addetti oommerciali e consolari che dovranno esser molto so- - !erti per non Ìasciarci soppi •lnta.re da altri. Nel campo ortofrutticolo è evidente che ha un'importanza enorme l'indu– stria del'le conserve alimentari in q\.ian– 'to può assorbire quantità considerevoli di materia prima e far.,--da regolatore così deNa produzione e del mercato. An– cora net '34 espo~vamo per 140 milioni di conserve vegetali, ciò che dà un va– lore in' lire attua1i di due milliardi e mezrz.o, poi tale apporto si restrinse in s·ègui,to a•lla poliitica a,u tarchilca fascista. L'attrezzatura industriale nostr,a dlO– vrebbe esse ancora più che su;ffici'ente a farci r.itorna>re a queJae pUIIlte, ma il cammino sarà lungo. Tale industria è infatti legata s1lretUimente ai problema degli involucri,. cari da noi; a buon mercato fuori, all prezro delllo zuccliéro, a quello del car.bone, deLl'energia elet– trica, che costituiscono problemi intri– cati già di ,Pe[' sè. Aàtro ra.mo dell'.indu-
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