Lo Stato Moderno - anno III - n.7 - 5 aprile 1946

152 LO STATO MODERNO Dalla lettura della statistica doganale italiana per gli anni precedenti alla seconda guerra mondiale (omettiamo, per ragioni di brevità, di riportare una lunga tabella con dati nu– merici), risu!tata evidente che: 1) Le esportazioni dall'Italia eranQ principalmente co– stituite da prodotti de:l'agrico!tura, destinati all'alimentazione umana. Per cui a questo b1olo non si può aspettare per un certo periodo una sensibile ripresa de1le vendite, data la ca– restia alimentare predominante in Italia; bisognerebbe pun– tare swl' esportazione di prodotti tessili, per cui pare esistano poosibilità. 2) Che le importazioni da:Ba F-rancia erano prevalen– temente costituite da prodotti finiti industriali e da materie prime e semilavorate per l'industria: specie per queste ultime non dovrebbe essere diffici:e un sensibile assorbimento sul meroato italiano. A tale riguardo osserviamo che: 1) nella riorganizzazione dell'industria siderurgica eu– ropea è presumibile che all'industria francese-belga (all'ex Comité des Forges) spetti una parte importante: sono note infatti le aspirazioni proprie di questi mesi del!a Francia di giungere al Reno, cioè di includere nel suo territorio la po– tente siderurgica tedesca; 2) date le future modificazioni della carta geografica, è - sempre per quanto detto sopra dell'espansione territo– riale del:a Ftancia - presumibi!e che la nazione vicina possa diventare da importatrice esportatrice di carbone fossile e coke; 3) f agricoltura italiana in conseguenza delle imposi– zioni dei futuri trattati di pace (vedi recente abo!izione del dazio sul grano) dovrà trasformarsi, cercando collocamenti dei suoi prodotti destinati all'alimentazione umana sui mercati eu– ropei vicini; 4) fa Francia potrà ritrovare nell'Ita:ia la sua antica fornitrice di sete grezze; ma anche i tessuti di seta, i tessuti misti con seta, i tessuti di fibre artificiali, i manufatti di co– tone potranno essere collocati nel!e antiche proporzioni. Dei vari settori dell'industria tessile francese quello laniero è il più danneggiato, ma quello serico è il più bisognevole di rin– novamento. L'età media de'.le macchine è di 30 anni: dei 53 mila tefai oltre il 60 per cento sono di età superiore ai 30 anni. Per i motivi sopra esposti si può aspettare e presumere, nèi prossimi anni, una sensibile ripresa degli scambi italo– francesi. Gli accordi commerciali - cui dianzi accennammo - dell'inverno 1946 sono però ancora alquanto imperfetti e limitativi. Interessanti ragguagli - citiamo un esempio signi– ficativo - sulla capacità di assorbimento del mercato fran– cese si possono apprendere dal piano governativo per le in– dustrie del!' abbigliamento nel 1946. Se ne rileva che nel– l'anno corrente la produzione potrà coprire il 55 per cento del fabbisogno interno di confezioni da uomo e il 71 per cento per la biancheria da uomo, mentre è prevista una pro– duzione di appena il 33 per cento per le confezioni da donna e .del 19 per cento per la biancheria da donna, è noto in proposito l'impu!so avuto, dopo la liberazione, dal contrab– bando di ca!!ze di seta attraverso i valichi alpini. I recenti ac– cordi commerciali sono però piuttosto limitativi al riguardo in quanto comprendono alcune voci del gruppo canapiero, te$– suti ~ coperte di lana. Siamo comunque ~ulla buona strada: i due paesi, scaduti (occorre avere il coraggio di dirlo) dal rango di grandi po– tenze, hanno interesse evidente ad appoggiarsi po:iticamente. A ciò contribuirà molto una intensificazione dei rapporti com– merciali, anzi l'instaurazione di una vera collaborazione eco– nomica fra Italia -e Francia. « La collaborazione intemazio, nale nel dopo guerra dovrà essere genuinamente intemazio• nale, sia in realtà che in apparenza». Affermazione recente dell' Eronomist, che ci auguriamo possa essere ascoltata e se– guita, perchè sempre più si diffonde la convinzione che una de:Je principali cause dei profondi squi.'.ibri economici che, salvo qualche lucido intervallo, si manifestarono durante il periodo troscorso fra le clue guerre mondiali, sia stata la man– canza di intese economiche fra i v,ari stati per la soluzione dei prob:emi di comune interesse. . GIANDOMENICO COSMO Il federalismo e la necessità La « Gazette ila Lausanne » del sedic'i marzo pubbli– cava un articolo che aoova per titolo « Necessità del feiberal.i– smo ». In esso sono contenuti acuti ,s,punti diagrwstici sulla attuale situazione internazionale, e un parallelo pieno di umore fra il 1918 e il 1945. Allora i vincitori sapevano rosa volevano, ma nmi seppero garantirlo; le rettlif-iche di frontiera, i risarcimeiiti in natura o pecuniari non sollev<Uono contrasti troppo violenti. Ma la garanzia di tutto ciò - che doveva essere costituita dalla Società delle Nazioni - fece siibito bancarotta per l'assenza - i maligni dissero diserzione -· degli Stati Uniti. Oggi i termini appalorw capovolti; oggi l'Organizzazione delle Nazioni Unite appare una sufficiente garanzia sia sotto l'aspiecto politico che sotto quello giuridico, ma il disaocordo verte proprio sulla materia da garantire e cioè sul nuotJo ordi:ne internazionaJe che si vuol stabilire, sttllle nuotJe gerarchie che si vogliono fondare, sui limiti delk mii– tilazioni da infliggersi ai vinti, sui limiti dei vantaggi e delle riparazioni da consentire ai vincitori. Da questo esame l'autore - Plerre Bégnin - trova motivo per un lamento e per una constatazione. Il lamento rif,/ette la mancata associazicne deN,13 piccole potenze all'opera della pace. La constatazione è quella. della necessità di una organizzazione federale, non megUo specificata. L'articolo, ricco del resto come abbiamo avvertito di spunti e di notazioni vivaci e piene di verità,· merita di ~– sere segnalato come esempio di come non si dovrebbe ragio– nare in politica, come dimostrazione di quella mentalità illu– ministica e razionalistica che impecUsce di vedere i problemi nella loro viva pal.pitanw dialettica umana, e che si dibatte in con.tradizioni inestricabili. Se si vuole, veramente e non solo intellettualisticamente, Ja federazione, bisogna rassegnarsi al moto discendent;e deiNepiccole nazioni, così come durante il Risorgimento chi voleva l'unità d'Italia doveva rallègrarsi dei segni di decadenza politica dei singoli statereUi. Quanto alla federazione occorre convincersi cli,e non ~si– s-le affatto una « necessità » della sua esistenza_ nel senso na– turalistico della parola. Anch'essa, come tutte le istituzioni po– litiche, è una meta do raggiungere combattendo, anzi meglio un'opera da creare con la fatica degli uomini. La necessità ha. sempre tradito la speranza, perchè '1a storia degli uomini è .af– fidata soltanto alla libertà e dunque alla volontà della nostra. opera (questo, almeno, per quanto ci riguarda; tùtrimenti po– tremmo benissimo comprare una poltrona e assistere tranquil– lament'e al film della vita degli uqmini). Un'ultima osseroozi.one. Se è vero che dopo l'altra guerra. ilz disputa fu sulla garanzia e oggi sulla materia da glifflntire, q1,11Mto non significa - come sembrerebbe - che oggi la si– tuaziorre sia più grave di ieri. E' probabilmente vero il c011- trario, sempre che l'O.N.U. dimostri di avere fcmdamenta po– litiche più salde di quella della vecchia Società deUe Nazioni. La materia di. ogni singolo contrasto può essel'e sempre ccnci– liata, ma non si imbriglia un fiume qumido gU argini sono deboli. VITl'OR

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