Lo Stato Moderno - anno III - n.7 - 5 aprile 1946

LO S T A T ◊ M OD E·R N O 14,7 MONARCHIAO REPUBBLI.CA? I. La questione istituzionalH posta; la competizione ·eletto– rale è aperta. Esaminiamo dunque, con spirito storico e reali– stico, unicamente in base_a criteri positivi, e al di,fuori di ogni tendenza ideologica, le prospettive e i fondamenti delle due correnti, le loro probabilità di riuscita. E anzitutlo, pig:iamo le mosse dal 14 marzo 1861, dal giorno in cui la Camera Subalpina approvò Ja 4egge in un solo articolo, già votata dal Senato il 28 febbraio: « li re Vittorio Emanuele assume per sè e i suoi successori il titolo di re d'Italia'•· Poichè dobbiamo trattare dell'Italia moderna di quella cioè che nasce a Torino 'nel 1861, scartiamo decisa~ente tutta la retorica romana, tutte 4e forme Jetteràrie gabel:ate per rea:ltà po!itiche: i Comuni e Cola di Rienzo, Masaniel.:o e Giulio Ce– sare, Augusto e Loi:enzo de' Medici, Andrea Doria e Cesare Borgia. Vediamo la composizione dell'Italia che si agglomera nel 1861; una monarchia mi!itare e conservatrice in Piemonte, un'oligarchia di mercanti a Genova, fEmilia in parte terra di preti come la Romagna, •le Marche, J'Umbria; principotti au– striaci a Modena, Parma, e in Toscana; una burocrazia au– striaca in Lombardia; una monarchia spagno!esca e forcajola nel meridionale. Le aggiunte del 1866 (Ven.ezia, dominio au– striaco) e del 1870 (Roma, dominio papale), non modifiche– ranno sensibilmente il quadro. Le tre regioni che hanno una tradizione sono il Piemon– te, la Toscana, ilenapoletano: tutte tre monarchiche o gran– ducali che dir si vog:ia. La so:a che possa vantare una se– colare repub~lica è Venezia, poichè Genova - nel disegno complessivo - ha scarsa importanza; ma la repubblica ve– neta (il '48 fu una fiammata) è morta a Campoformio. Bona– parte ha avuto una certa influenza in Lombardia, ma il suo regno d'Italia non ha mai preso corpo, e Mi!ano nòn ha, nel 1861, tradizioni di autogoverno. Peggio ancora i ducati emi– liani e i domini papali. Quanto a];a Sicilia, è monarchica, ma ìl suo peso non è.,~ecisivo, come non lo è quello della Cala– bria e della Sardegna. La repubblica -romano del '49 rientra nelle figurazioni letterarie sopra indicate: non costituisce un precedente. Nulla in ItS:ia di comparabi!e all'ossatura della repubblica francese: 1'89, il '93. Però, anche i regni, o i prin– cipati, sono tra di loro profondamente diversi. H Piemonte, paese di confinei\ha una dinastia locale, di conti diventati principi, poi du~ poi, re. Le sue basi sono militari; la sua amministrazione è feuda!e, il suo 9Pirito di un gretto conservatorismo opportunistico. Passa, a buon ·diritto, per fa Beozia d'Italia, ma ha sugli e!tri paesi una superiorità: i s_u?iabitanti sono attivi e operosi, la -regione'è omogenea, fo spmto pubb:ico concorde. Subisce i riflessi della Francia e della Svizzera, e quindi dei popoli del Nord. Allorchè le nuove 1 ~~ si affacciano, resiste ma se ne impregna, e con la capa– cità costruttiva e l'oswiazione della razza, ci medita su, e si pr~ara. Uomini di Stato, finanzieri, <liplomatici, burocrati, militari, i piemontesi possono formare i quadri di un regime n~o. Il genio di Cavour, che è iJrOfondamente piemontese, f~ il resto. Con .la monarchia, giunge a un modus vivendi: essa s1 trasforma in liberale (non in demoor-atica};e Cavour se ne vale pel suo gioco europeo. D gran ministro non è stato mal, come credono gli ignoranti, il paladino de:ia monarchia, .6 ~ep~ure in cuor suo piuttosto monarchico che repubblicano: a dinastia gli serviva all'estero e all'interno come garanzia di ordine e di serietà, e.se ne valeva. Il successo, andò natural– mente a vàntaggio della mqnarchia sabauda, che lo seppe sfruttare appieno, grazie alla debolezza degli avversari, alla di– fettosa « unità ». In Toscana, infatti, i forene;I non rappresentano la re– gione, il popo!o. Sono degli stranieri chi pfù chi meno bene acclimatati, ma senza la !inezia, l'indo:enza, la pervérsità~ dC:– gli abitanti. Imparano la « cineseria » toscana, quella to:leran° za fatta di scetticismo e di vig:iaccheria che poi, ,per stralfo fe– nomeno talora si muta in fanatismo sèttario e attivissimo, ma si soreditano nel '48, nel '49, nel '59 quali servitori dello stranieroJ Un granduca mediceo, nel 1861, sarebbe stato in– sopprimibile: con tutto ciò, la Toscana fu tra le più restie al– l'unità, per ·boria, insofferenza dei piemontesi «prussiani• e deJ.:aloro rigida amministra:ilone. Lo spirito di autonomia lo– ca!e, non fa della Toscana un paese monarchico. ll granduca, indigeno, oppure la repubblica comunale: non v'è legittimi– smo in Toscana, tour de foroe facendo:a accettare. Napoli, a sua volta, è schiettamente monarchica. « O' re » è popo:are, ma in veste e figura ,borbonica. Con torti inespia- 1 bi!i, di crude:tà, insipienza, ignavia, il « regno » è il solo paese d'Italia in cui, anche dopo il 1860 e il 1870, esista un « ~egit– timismo », borbonico. Neg!i anni successivi, lo· spegnersi della. dinastia produce una cufiosa deviazione: i Savoia, in quanto regnanti, vengono a beneficiare de:l'entusiasmo monarchico insito nel popo:o meridionale (la repubblica partenopea rien– tra nelle figurazioni letterarie di cui sopra; quattro intellettua– li, anche eroici, non bastano a creare un'ideologia e un par– tito; g:i interessi deµa borghesia napo:etana s'aCCOl;llodano fa– cilmente con le forme monarchiche). Per la Sicilia, che per di più era avversa alla casa napoletana in quanto napo:etana, e ne avrebbe voluto un ram.o.siciliano, si ~ò ragiohare allo stesso modo. Roma ha un re, che è il papa-re. Secoli di storia hanno penetrato perfino i muri di questo fenomeno. Repubblicano,· a Roma, vale :\nticlericS:e e non à:tro. Il romano, anche rés pubb!icano, trova infatti che la sua città è rappresentata bene • dal papa. Può avere con quest'ultimo seri dissidi, fino a but– tarne in Tevere la stilma, ma non lo rinnegi, non éoncepisce' Roma SElnza il papa. La Calabria, ia Basilicata, le Puglia, ;le Marche, l'Umb.iia,.: gli Abruzzi, sono un peso preponderante quanto materiale: stanno pel « governo » qualunque esso sia. Non mostrano vel– leità repubblicane, nè entusiasmi monarchici, ma in fondo si adattano alla dinastia regnante, ~enza assumere iniziative. La Sardegna è sabauda e « Jegittimista » perchè rientra nei domini sabaudi da qualche seco:o, e poi perchè sta ·a sè. Una grande influenza può esercitare Milano. Che non: è monarchica, nè sabauda. La Lombar.dia, anzi, è con la To– scana, la sola che abbia reagito vivacemente alfa presa· di possesso monarchica. Si divide -in zona di influenza clericale: e conservatrice (e per questo fato dipendente dall'attèggia- _ mento della Chiesa, che vedremo) e in zona pro!etaria e affa– ristica. Fedetalismo, socialismo, opportunismo: la burocrazia– non interessa i lombardi, gl'impieghi pubblici, neppure. Ten~ dono a far tutto da sè; in luogo un slndaéo, val più di 'Ull ministro. La forma <li governo importa poco, purchè chi. go– verna sia il clan milanese. La: repubblica genovese non ha avuto pelùr storia d'Italia che un'importanza più che modesta, ma' ne ha avuto una assai graru:le per Genova. La quale è antipiemontese e, nel , Risorgimento, antisa,bauda. Analogamente a Milano, ha un nuc!eo pro:etario, e uno aEraristico,che contrastano in loco, e s'adombrano a ogni intervento romano. ,Roma (come un tem- ·

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