Lo Stato Moderno - anno III - n.6 - 20 marzo 1946

LO STATO MODERNO 137 RICATTO o GUERRA L'EUROPA DI IERI Si preoccupò molto, specialmente, dei mutamenti nella condotta del– la politica estera verificatisi in Bel– gio. I suoi sforzi anti-russi lo condus– sero anche a tentare di rendere la Po– lonia una grande potenza protettrice e mediatrli::e per i paesi ba1canici e cen– tro--europei. Anche in questo campo egli servi, forse senza averne l'inten– zione, gl'interessi della Germania, poi– chè 11 suo scopo era di tenere questi paesi lontani dai1la poMica societaria della sicurezza co1lettiva e di indurle a cercare l'equilibrio tra gli assi Ro– ma-Berlino e Parigi-Londra. Tale equi,!ibrio non poteva essere che mstabile. In quella situazione que– sti paesi dovevano inevitabHmente av– vicinairsi a Roma e a Berlino, perchè da questo lato sarebbero stati conti– nuamente minacciati dalla guerra. Era difticl.le aspettarsi ohe essi si oppo– nessero ad una pressione cui anche le grandi democrazrle non erano state ca– paci di resistere. Dapprima Varsavia, poi Be1grado e Buearest mdsero piede sulla via sdrucciolevole che li avrebbe resi strumenti e poi vittime delle am– bizioni ita,liane e germaniche. La sola Cecoslovacchia, fermamente devota alle democra2Jie, fedele a se stessa e alle proprie atJ!leanze, ha ri– fiutato di deviare anche in minima parte della propria p~li tica. Essa non si è arresa nè alla pressione polacca che prende la forma d-i provocatori In- , cidenti di frontiera, nè ailla Germania che, nascostamente, fomenta· LJ ma.1- contento fra de m<ina.ranre tedesche. Questo malcontento è de1 tutto i,nfon– dato, poiché le minoranze godono In Cecoslovacchia di diritti che non sono concessi altrove a nessun'altra mino– ranza spedalmente in Germanàa ed in Polonia. Il 27 settembre 1937 si decise a Ber– lino che l'Italia si sarebbe unita al pat– to anti-comunista tedesco-nipponico. I due di·ttatori si incontrarono a Monaco, poi a Berliino e discussero la situazione interna:1'Jiona,legl<tmgendo al– la conclusione che la .dottrina anti-eo– munista sollevava dappertutto maggior interesse che qualsi,asi altr!i forma di Politica estera. -Essi decisero qu~ndi che i tempi erano maturi per trarre il mas– simo vantaggio da questa tendenza. · Fu Mussolini che si rese conto più d'ogni altro delle nuove possi-biJità del– l'asse Roma BerJiino. Jacques Bardoux fece quest'osserva:1'Jione nell' articolo che scrisse sul Temps tr 16 ottobre 1937: • Mentre . neJJ'iincontro di Be11lino il di GENEVlÈVE TABOUlS (Continuazione dal numero precedente) F-uehrer alluse assai brevemente alla sua politica anti-comunista, il Duce invece ne parlò con deliberata enfasi. Alla presenro di un milione di tede– schi egli dichiarò: « Quando le parole non bastano più e le citcostanze sono abbastanza minacciose da renderlo ne– cessario si deve ricorrere alle armi. Questo è quel che abb:amo fatto in Ispagna dove mildoni (?) di volontari fascisti caddero per salvare la coltura europea•· Mussolini aveva imparato a memoria il .discorso in tedesco che pro– nunciò in quehl'occasione. La sua pro– nuncia era tale da riuscire quasi inin– tclligibile per i tedeschi. A peggiorare le cose, la folla, nonostante le istruzio– ni ricevute, si mostrava divertita dalle pose cli Mussolini, che durante i discor– si di Hitler e di--Goebbels si alzava, in– chinandosi, ogni volta che si faceva il suo nome, cioè due o tre volte al minuto. La nuova fase di attività dell'asse Roma-Berlino fu la più dannosa. L'ac– cordo di Roma del 6 novembre 1937 tra Germania Italia e Giappone, osten– tatamente conoluso allo scopo d~ dar battagìia al comunismo, attirò neces– sariamente a sè que!Ja parte di pub– blica opinione sempre ostile ad comu– nismo. Cosi la dottrina di Ginevra, es- • senzial.mente democratica ed egua.Uta– taria, si troverà a poco a poco ad ac– oonsentire alla dottrina anticomunista. Questa dottrina derivante la propria ispirazione dal materia1ismo fascista e dal razzismo nazional-sociaJ,ista è una aberrazione. Per quanto riguardava i,l Duce ed il Fuehrer essa non si propo– neva che uno scopo definito e cioè di tog,liere aHe grandi democrazie occi– dentali i loro più fedeli seguaci. Ap– punto come la guer,ra s1ngnola, il suo fine prinoipa,le è di mettere in grado la r..... , .,..,,..,;a e l'Itailia d'estendere l" loro infiluenza neLl' Europa Centrale senza giungere alla guerra, mentre il Giappone a sua volta se ne serve di pretesto per colonizzare la Cina, scac– ciarne le potenze occidentali, minac– ciare l'Indocina ed i possedimenti in– glesi dell'Estremo Oriente. Non c'è dubbio che la guerra fn cui il Giappa– ne si è recentemente impegnato fu fa– ciiitata dai due altri esponenti del triangolo antd.eomunista. L'addetto mi– lital"e tedesco a Tokio, generale Ott, ri– cevette ordine da HitleT di restare al qua,rtier generale di ShangM e man– da,rgll rapporti dettag,llatl sullle opera– zioni miJitarl. Inoltre la Germania ha fornito al Giappone armi, munizioni ed equipaggiamenti belllci. L'Ita1ia a sua volta è pronta ad agi– re in Estremo Oriente di concerto col Giappone .. E' già possibile scorgere i tratti di un vasto schema di guer-ra di– retto contr-0 la Gran Bretagna, gli Sta– ti Uniti e la Francia, come è stato ac– cennato in un discorso tenuto da Mus– solini nel lontano marzo 1934: « I fini storici dell'Italia sono indicati da due parole: Africa ed Asia. Il sud e l'est sono i punti cardinali che interessano g1i Italiani e le sorgenti dalle quali deriveranno uno stimolo a.lla loro vo– lontà •· U giorno in cui Hong Kong e Si-nga– pore fossero minaccia te, in cui la Gran Bretagna mandasse la flotta a difen– dere i propri interessi in Estremo O– riente, quando fosse obbligata a r.iti– rare il grosso delle sue forze dal Medi– terraneo, si affaccerebbe l'occasione nel– l'eventualità del:la qua1e Hitler e Mus– solini si sono accordati col Giappone, per scatenare una strepitosa guerra in Europa. - I diplomatici residenti a .Roma R ~ Berlino sono d'opinione che gli uo– mini di stato italiani e tedeschi non abbiano mai nemmeno contemplato tale atto di aggressione. Ma questi stessi diplomatici rifiutavano di cre– dere alla possibilità di una rottura dei trattati cui la Germania e l'Italia pen– saivano già da patleoclii anni prima di metterla in esecuzione. Secondo noi la soluzione del proble– ma dipende da!Ja Gran Bretagna e dalla Francia. Se esse, entrambe fer– mamente unite e sicure della simpa– tia se non della collaborazione degli StaH Uniti, fronteggiassero risoluta– mente le minacce e le inframettenze arbitra-rie degli stati totalitari, il pe– ricolo di una guerra sarebbe evitato, perchè non bisogna dimenticare che, dietro la pomposa facciata dei regimi nazista e fascista si nasconde lo spet– tro della oovertà e della rovina. Dietro la facciata A!1 presente l'Italia non potrebbe so– stenere una guerra per pdù di sei mesi. Sulla carta, almeno, è possibile dirno– strarl-0 sen1.a tem'<Idi sm-entita. L'Italia manca di materie prime, nè ha aJ,Jeanze che le permettano di ottenerle senza che ne sia preteso il pagamento In valu– ta estera. L'Abissinia SM"à anoora per molto tempo una passività. La guerra

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