Lo Stato Moderno - anno III - n.2 - 20 gennaio 1946

46 • naio): si traggano, dice iil Terraclni, le conseguenze legittime dal principio del– l'obbligatorietà del voto, come dovere di quel corpo giuridico che sarebbe co– stituito da!la massa degli elettori: « La prima sarebbe l'obbligatorjetà di voto anche in seno ai cori;>i giuridici esplicitamente definiti dahla costituzio– ne, e non soltanto supposti a scopo di tesi, quale ad esempio il Parlamento. Se l'elettore, in quanto partecipe in mi– sura infinitesimale di una funzione del– lo Stato, non può sottrarsi al dovere di assolverla, a maggior ragione ciò do– webbe valere per un membro del Par– lamento che, senza dubbio, impersona in sè una frazione infinitamente più gran– de del potere e dell'attività pubblica ... Basta enunciaré l'assunto per compren– derne J'assurdità •· Altre obbiezioni: in un paese popoloso come l'Italia la maggior parte dei tra– sgressori resterebbero inafferrati dal meccanismo della sanzione; o questa avrebbe pe1· 1 diversl trasgressori un valore troppo diverso, per fa diversa in– tensità degl'interessi colpiti dalla san– zione. Ma soprattutto: « Il voto è una conquista delle masse popolari Jn una lotta secolare contro i privilegi, le discriminazioni sociali, le oppr·essioni politiche,. e non una con– cessione benigna dall'alto. Ma ogni nor– ~a che ne imponesse coattivamente l'esercizio concorrerebbe a darle que– st'ultimo deteriore sapore•· Il voto obbligatorio esprimerebbe il compito, che lo Stato si assume, di ob– bligare i cittadini ad esercì tare la li– bertà: problema, com'è noto, vecchio al– meno quanto Rousseau; e che rinserra evidentemente un ciJ.'colovizfoso. Ma se c'è una questione che non sembra poter essere rjsolt:a da un Governo provvj– sorio e solo molto limitatamente demo– cratico qual'è forzatamente l'attuale Go– verno italiano, è proprio quella del vo– to obbligatorio, che costituisce un'inno– vazione giuridica cosi grave da non po– ter essere sancita se.non da un'Assem– blea che tragga il suo valore dalla pie– na sincerità e dalla qualità il più pos– sibile genuina del voto. Ora, io posso anche intendere l'ansia dei liberali: essi si sentono incompresi dalle masse po– polan (lo dice sinceramente Antonio Capri sul'la Libertd del 4 gen-nado: Pro– paganda politica e ideate liberale) e quindi sostanzialmente impreparati a grossi successi di propaganda, o .diciam meglio, di persuasione nei riguardi de– gli assenteistj. Ma non ci rendfamo con– to della scarsa fiducia dei democristiani di poter scuotere gli apolitici e !Il as– senti dal loro atteslsmo: quando essi ben sanno di poter diffondere il loro programma politico con una facllità che nessun altro partito possiede, perchè muovono già da una situazione di pri– vilegiata• penetrazione etico - religiosa presso la maggioranza delle coscienze degl'ltaliani, che sono, appunto, catto– lici. B ,. LO STATO MODERNO Ancora sullo Stato laico Non ci era accaduto finora di leggere sulla stampa demooristia,na d'Italia de– lucidazioni cosi moderate e moderne come quelle che presenta il Popolo del 2 gennaio (Laicitd), fondandosi su un articolo apparso ne La Croix, nel quale il padre eLone Merklen espone le con– clusioni dei vescovi francesi, nel novem– bre scorso, a proposito della laicità del- lo Stato. Queste conclusioni consistono essenzialmente nei seguenti punti: 1) perfetta autonomia e sovranità dello• Stato nell'ordine temporale: • sostenere il contrario sarebbe cadere nel clerica– lismo che è in contraddizione col vero pensiero della Chiesa•; 2) aconfessio– nalità dello Stato nei paesi dove vi so– no diverse credenze religiose; 3) diritto letterariamente e moralisticament.e ca– ricate da Adolfo Omodeo, nell'ultimo numero di Acropoli (novembre 1945), quando egH ritrae n cosi detto Partito Liberale e la crisi di novembre; ma chi gli ha garbatamente nsposto nel– l'Opinione di Torino del 10 gennaio (V. E. Alfieri, Idea liberale e Partito Liberale) crede veramente che nel pros– simo Congresso prevarranno le • tante altre forze giovani e vive•, cke si dif– ferenZliano dagli abili e dai conserva– tori? Eppure queste forze, è chiaro, non volevano la crisi; e conterebbero di più ora, dopo H successo di Cattani in seno al Partito? e necessità della Chiesa di mettere in guardia coi mezzi di sua pertinenza contro lo Stato asservito al materiali– smo e all'ateismo - come contro quello - dc,te.riormente machiavellico che non ri– conosce alcuna altra autorità morale al– l'infuori di se stesso. Ragioni .di oltim.ismo vengono invece senza dubbio dalla Ju. goslavia: • Al'rivando in una qualsiasi città della nuova Jugoslavia colpisce subito il gran numero di librerie. Per le stra– de si vede gente poveramehte vestita, spesso ·senza cappotto e con calzature in pessime condizioni, che si avvia te– nendo sotto li braccio due o tre libri intonsi appena acquistati •· -Si dirà che questa posizione del pro– blema vale per la F.rancìa ma non per l'Italia; e certo non saremo noi a disco– noscere tutta la diversità dei rapporti tra Stato e Chiesa, che differenzia la storia francese da quella italiana. Ma il fatto che in Francia, ad es., il pro– testantesimo abbia tuttora un'imponen– za numerica considerevole non signifi– ca ancora nulla di risolutivo: la sola presenza di frazioni anche minime di non cattolici esige, in nome appunto dehla libertà di coscienza religiosa, l'a– confessionalità. Del resto ormai, dopo le assicurazioni dei cotnlUnisti d.ntomo alla conservazione dei Patti Lateranensi del '29, la d~cussione andrà affievolen– dosi. .Non tutti però sono pe<rsuasi che ciò sia un bene. Autocritica liberale « Forse l'errore più grave, quello da cui discende tutto l'errarto ,indirizzo del Parqto, è di ritenere il Partito liberale_ partito degli abbienti: è vero che il partito -liberaJe è il partito degli ab– bienti, ma non in senso conservatore, sibbene in senso progressivo: vuole - cioè - non tutelare queUi che hanno, , ma rendere a tutti possiWle il posse– dere. DaU'errata posizione conservatri– ce discende, di fogica conseguenza, la difesa della proprietà a tutti i costi, la difesa del vecèhio Stato monarchico e la lotta contro .i C.L.N., l'alleanza con la Chiesa, l'anticomunlsrno d4sposto an– che all'illegalità pur di non avere a po– sti direttivi i sovversivi; e discende an– che H metodo politico tipico del con– Servatorismo Incline a reazione: il ma– chiavellismo, arma molto pericolosa che si spunta spesso in mano ai fanclu!H inesperti delle clifMcoltà del giluoco po– litico• (Gabriele Pepe, Confusione nei concetti politici, nell'Opinione del 3 gennaio). Ma chi ascolterà questa sag– gezza? Poniamo pure che le t!nte, a proposito del P.L., siano state un po' Cosi è apparsa a Riccardo Longone la Jugoslavfa libera e proletaria (Impa– dronirsi della ciiltu.ra , corrispondenza sull'Unitcì del ~ gennaio); e noi credia– mo a Longone; se ci dicesse però anche quali libri si possono acqwstare nelle città jugoslave, saremmo più tranquilli sulle prospettive di quella veramente equa _intesa pol~tica che non può· non avvenire tra popoli di un grado avan– zato di cultura e di spirito cl,'itico. u. 8. IL CONTEMPORANEO Periodico di oultw-a diretto da Ugo Guanda PARMA SOMMARIO DEL SETTIMO NUMERO, F. Tartaglia: Questo cattolicesimo è falso. u. g.: Il qualunquismo degli ita– liani. L. Salva torelli: I! conservatorismo • anarchico. P. Jahier: Ho. scritto a Vitto– rini. M. Colombi Guidottn: ColUne .fio– rite. R. Maritain: Mare Chagall. S. D'Arzo: Invito a Conrad (Il). A. Ce– chov: Le ostriche. F. Kafka: Frammen– to. u. g. Vincenzo Cento. V. Toruni: Di– fesa_degl'italiani che pregano. E. Buo– naJutl: Un tramonto ed un'alba. Noti– ziari.o Guanda. Un numero L. 15. Abbonamento' an– nuo L. 180.

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