Lo Stato Moderno - anno II - n.21 - 5 dicembre 1945

334 LO STATO MODERNO perchè ciò toglierebbe la base ali' iniziativa privata, fonda– mento della ripresa produttiva. Cosi infine .lo stato deve mi– rare ad innalzare il tenore di vita della popolazione; ma que– sta azione incontra anch'essa un limite, perchè la ricostru– zione del capitale e del reddito reale nazionale presuppone non di consumare, ma di investire la massima quota possi– bile dei redditi privati, per destinarli alla produzione futura. E si potrebbe continuare a lungo con questi discorsi. Essi mostrano in conclusione come il meccanismo dei feno– meni economici sia assai più complicato di quanto talvolta qi ritiene. Mostrano ancora il pericolo di affermazioni affret- late e semplicistiche in materia econoiil.ica. In economia non è sufficiente prefiggersi dei fini di convenienza collettiva: è necessario stabilire se e come e quando e fino a qual punto quei fini possano raggiungersi. In economia non vi sono mi– racoli: vi è una logica dei _fenomeni economiçi che non si può violare impunemente. La nosb·a esperienza antica e recente è ricca di errori d'ogni genère in materia economica. Cerchiamo in futuro di non ripeterli, se vogliamo assicurare l'efficienza della ricostruzione. ALBERTO CAMPOLONGO ROMA, OVVERO DELLE SPESE GENERALI L'altro giorno, aprendo U giornale, ho sgranato ad una notizia tanto d'occhi. Eccola. Scmo st{Jti stanziati 800 milioni per spese pubbliche <!,a eseguire i,i noma. E' vero che adesso i milioni, anche m gran n11mero, no11impressionano più nes– suno. E Ve10 che anche Roma ha subito bombardamenti. Ma, nonostante tutto, la pri11u1domanda che viene alla bocca è questa: non sono sufficienti i milioni (a11zi I miliardi) spesi per l'Urbe in vent't111rn di fascismo? Non s'impressioni il iJettore: non ho alcuna competenza per impancarmi a discutere il probl,ema " politico » di Roma. Nè alcuna voglia di ingolfarmi in U!la stupida quanto incon– dudente discus,'icne tra settentrione e mezzogiomo. Piutto– sto cerco di vedere gli aspetti « economici » di w1 probfam<1 che dovrebbe interessare tutti gli italiani pensosi delI avvenire del paese. , Uno stato modemo ha e deve n,ecessariamente avere u11 complesso di leve di comando rispondenti alle esigenze ope– rative di tritta la nazione. Sono i ministeri, gli enti che ai ministeri sono legati, gU organismi statali o parastatali di in– teres;-e nazionale, le organizzazioni politiche e sindacali, e così via. L'esistenza e la manovra di questo compl.esso ope– rativo costa. Trattasi, si capisce ben-e,' delle· spese gene1ali della nazione. Ne~suno nega la loro necessità ed opportunità. Sarebbe come negare l'esistenza di uno stato modernamente organizzato. Piuttosto i dubbi sorgo,w quando fammoota,re cli queste spese gene1ali esce dai limiti normali. E l' espe– rienza del recente passato è Ti a coltivare questi dubbi. Il fa– scismo ha fatto di tutto per incfem,entare e co1icentrare in Roma le ~e generali della nazione. Ha fatto della capitale una città pubblicitaria. spendendo e spandendo senza limiti Vale la pena di continuare su questa strada? Mi rend,o hen oonto della difficoltà pratica, per non dire impossibilità, di contrarre, specialmente in questo mo– mento, T.e spese generali della nazio1w, così come dianzi sono state definite. Tutti conoscono il c11ratteristicofenom,eno del– l'an,elasticità di queste spese. Si dnman.di ad tm imprendi– tore quali sono i costi che più difficilmente riesce a contrarre in momenti di deficiente produzione. Risponderà: le spese generali. Orti il paese attraversa rin mom,ento, che durerà chissà quanto tempo, di deficiente «produzione». E' perciò d'uopo ridurre all'osso le spese generali. Non ci possiamo permettere il lusso di .avere una capital.e di due -milioni di abitanti che vivono come tutti sanno. Soprattutto non ci possiamo per– mettere il lusso di nuove ed ingenti spese pubblicitarie o di rnppresentanza. cosi care ai regimi tota/.itari. La nostra Ita– lia, purtroppo, è ridiventata l'ltalietta di altri tempi. E ,ne deve q'uindi riprendere le sparagnin,e abitudini. Mi $i può obiettare: proprio per i' attitudine dell.e spese generali a crlstalllzwrst, ad -anchil.osarsi,110n è posstbile, oggi, tagliare e tagliare forte. Accetto l'obi,ezione. Ma risprmcfu: rum è possibile, è vero. Però è possibile assu.mere fin da ora un energico i:l chiaro atteggiamento ci.rea queste spese, affer– mando la loro provvisorietà. Inoltre si può approfittare di ogni occasione per liquidarle senza pietà. Ancora: si può smobilizzare appena è possibile e decentrare quando se né presenta l'opportunità. Infi,w: si può evitare in tutti i modi i doppioni. Non •si pretende, oerto, di risofoere il problema con tm sol colpo di bacchetta mogica. Solo si pretende un sicuro · avvio verso forme più « eco,wmi.che » ,wlla guida dello stato. Sarebbe già u11bel risultato. L. L. POLEMICASULLE SCALE • Un potente industriale mi dice: « Oggi, per tirar fuori l'Italia da questo difficile dopoguerra, ci vorrebbe un uonw come -:?uintino Sella». 1 . ,., Non rispondo. Taccio perchè sento la critica a Pam contenuta nella invocazione a Quintino Sella. Parri si, un buon uomo, n.-:i troppo debole e,,soprattutto troppo onesto. Oggi per tirarci fuori da ogni 'l-tnba,•azzo,tra Inglesi, ame– ricani, ru&b'i, jugoslavi, ci vuole un uomo che non sia troppo <mesto, che sappia giocare grosso e se possibile giocare tutti. Taccio. Sarebbe troppo lungo discorso spiegare all'indu– striale che un singolo industriale può giocare grosso per ar– ricchire, che nella vita individuale ·poche o nwlte disonestà possono restare impu11ite, ma nella vita pubblica che 11011 si esaurisce nè in un uomo, nè in tma generazion,e, ogni diso– nestà, ogni rinsuffici,enza viene presto u tardi pagata con la sofferenza di intere generazioni. Tutto questo, cioè l'esigenza. assoluta della 11W1'alità nella politica sarebbe troppo difficile da spiegare perchè va contro l'opinione corrente che insegna l'onestà :sui banchi della scuola, per farla dimenticare nella vita e che ritiene che in politica si possa essere onestamente disonesti quando si. tratta del stU-'10 egoismo nazionale. Taccio. Solame-nte quando sono sulle scale mi ·viene la battuta di risposta: - Mi auguro che tra cinquant'anni t/11 altro industriale debba esclamare: Per tirarci fuori da questi momenti difficili :;i' .vorrebbe un uomo dello stampo di Fer– ruccio Parri. Virtù viva sprezziam, lodiamo estinta. - A. 8.

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