Lo Stato Moderno - anno II - n.21 - 5 dicembre 1945

• I LO STATO MODERNO PROBLEMIDELLARICOSTRUZIONE J· LIMITI DEL; LEGJSLATORÈ , Vi sono dei limiti all'arbitrio del legislatore in materia economica. Vi sono degli ostacoli che l'organismo economico oppòne ali'azione· dello stato, intesa n modificare le condi 0 zioni di equilibrio in regime di laissez-faire; ostacoli che di– ventano tanto più forti quanto più intenso è l'intervento che lo stato vuole operare. Questo non vuol dire che quegli in– terventi siano sempre destinati all'insuccesso: vuol dire che, a grado a grado che essi diventano più intensi, essi richie– dono dosi successive di energie progressivamente crescenti. Al qi là di un certo limite l'ostacolo diventa un limite asso– luto: lo stato non può procedere oltre, qualunque sia l'em:rgia applicata. Esso allora può, se vuole, attuare ancora certi interventi intesi a raggiungere certi fini; ma questi fini non raggiungerà di fatto: alle energie impiegate, corrisponderanno risultati diversi, e talvolta lontaci, o magari anche contrari, a quelli desiderati. , Se lo stato arriva di fatto, coi suoi interventi, a questa situazione nella quale i risultati raggiunti divergono sostan– zialmente da quelli desiderati, ciò mostra che esso ha supe– rato il limite fino al quale i suoi interventi esercitano una funzione utile dal punto di vista collettivo; al Q.i là di quel 1 imite il costo dell'operazione è superiore al ricavo, e la convenienza collettiva di spingere gli interventi è inferiore a zero. Si noti che questa è una questione di pura tecnica economica, non di politica economica: il limite all'arbitrio del legislatore esiste sempre, anche quando la linéa di poli– tica economica segu/ta appaia di indiscutibile convenienza collettiva. Non esistono dunque forme di intervento che siano convenienti in senso assoluto per la collettività: esistono sol– tantò interventi che sono collettivamente convenienti in qu~to vengano attuati tenendo conto degli ostacoli-che essi suscitàno, e in quanto siano contenul!i entro i limiti al di là 9ei quali dànno luogo a risultati sostanzialmente diversi da .que:li desiderati. .i -i Da che cosa sorgono questi ostacoli all'arbitrio del legi– slatore? Essenzialmente dall' interclipendema dei fenomeni economici. Tutti i dati· cl' 5istema economico sono legati l'uno a!l'altro: se se ne spJ°,~:auno, anche gli altri si modifi– cheranno in conseguenza. So!tanto che, siccome il sistema economico è mo!to vasto, le reazioni prodotte dall'interdi– pendenza dei fenomeni economici saranno trascurabili fin tanto che lo spostamento dei dati originari prodotto da un intervento di stato è limitato in importanza. Se l'intervento è limitato, esso si sperde nella massa, come una goccia d'acqua nel mare; )e sue conseg-Jenze sono impercettibili, e p,osson<> sembrare inesistenti. Ma ciò può generare la peri– colosa il!usione che si possa continuare all'infinito con que– gli interventi, prescindendo· dalle reazioni che essi suscitano; e queste illusioni sono irrevocabilmente destinate a naufra– gare sugli scogli della realtà. Si possono fare innumerevoli esempi, riferiti alla nostra realtà economica attuale. Così il sussidio a diecimila disoc– cupati non crea nessun problema rilevante; il sussidio a cen– tomila disoccupati è ancora realizzabile senza ,difficoltà troppo gravi; il sussidio a un milione di disoccupati 51,1scita invece problemi gra\'.i di bilancio, di inflazione monetaria, ecc.; il sussidio a dieci milioni di disoccupati sarebbe poi una que– stione tecnicamente insolubile, Così pure, il risarcime.oto - in denaro o in natura - del Òanno privato per la distruzione di centomila appartamenti è rea:izzabile in un periodo non troppo lungo senza un sacrificio troppo grave per la pub– blica finanza, • senza alterare troppo gravemente l'eq!lili- brio economico generale, cioè la situazione di domanda– offerta di mano d'opera, ceménto, ferro, legname, mezzi fi- nanziari, ecc.; il ri_sarciment<r di un milione di appartamenti distrutti' è invece un problema di prima grandezza non sol– tanto nel suo aspetto finanziario, ma soprattutto per lo spo– stamento radicale che esso provoca .nell'equilibrio economico generale. ICosì. ancora per, il problema del risanamento mone– tario, ossia della morte dell'inflazione: se lo stato emette un miliardo di nuova moneta al mese per far fronte alle spese, non è molto difficile, una volta assicurate certe condizioni generali, riorganizzare il sistema finanziario in modo· tale da sopperire a quelle wese con maggiori imposte anziché con l'inflazione; ma se l'inflazione procede alla velocità di dieci o venti miliardi al mese, allora - come osservava già Gu– stavo Del Vecchio ventitrè anni or sono - il problema non è più semplicemente di sostituire le ilnposte· al torchio dei biglietti. Perchè, anche ammettendo superate le difficoltà tecniche, quella s12stituzionedi una forma di finanza all'altra non muterebbe gran che la situazione sostanziale, che è quella di sovra-consumo del reddito nazionale, E gli esempi potreb– bero moltiplicarsi all'infinito.. Questo concetto, dei limiti all'arbitrio del legislatore in materia economica, è fondainentale per affrontare seriaménte i problemi delta ricostruzione economica del Paese. Troppo spesso si vedono avanzare progetti di interventi ~tatali in questa o in quella du;ezione, senza ponderare sufficiente– mente le reazioni che i provvedimenti invocati susciterebbero nell'attuazione. Con troppa facilità si invocano gli interventi dello stato in ogni campo, come se lo stato disponesse di· riserve illimitate di mezzi e di energie. Sappiamo invec11che i mezzi dello stato sono modest( per circostanze ben ote, che è superfluo illustrare; mentre il fabbisogno in ogni campo è praticamente, illimitato. Quindi il problema pratico' non è que:Jo di escogitare nuove forme e nuovi campi di inter– vento, ma al1'opposto quello di J>occiare le domande di in– tervento meno immediatamente necessarie per 111.. convl'– nienz collettiva. Questa conclusione non è affatto un sinonimo di foissez– fairn. Perchè al contrario quegli interventi· saranno efficaci (in relazione ai fini della politica economica dello stato, da cui prescindiamo in quest'articolo) so:tanto se l'azione dello stato che essi presuppongono è contenuta nei limiti entro i quali lo stato la può svo!gere con efficienz11.Se invece si vogliono o!trepas<are quei limiti, i mezzi a disposizione dello stato saranno insufficienti a superare gli ostacoli derivanti dalle reazioni suscitate dal sistema economico, e allora si otterrà un risu!tato contro-indicato precis'amente dal punto di vista dei fini prefissi alla politica economica dello stato. Infine non vi è soltanto questione di quantità, ma anch1> df qualità, nell'argomento dei limiti posti all'arbitrio del legi– slatore in materia economica. Lo stato non deve distruggere con la -mano sinistra quello che fa con la mano destra. E se questo principio è assiomatico in astratto, non è altrettanto facile da rispettare in concret(!. Anche quJ glì esèmpi at– tuali abbondano. Così, è compito deTI~elevare la pres– sione fiscale, pér TiSanare il_bilancio; . a questa . sua a_uone " ha un limite, non deve fenre le fonti el reddito pnvato, chè altrimenti è compromesso tutto il processo della riC?· struzione economica, ivi co111presa quella fiscale. Cosi ancora, lo stato deve perseguire uh idea1e di giustizia distributiva; ma questa sua politica i;ion deve aqJvare a porre un limite troppo serio ali' esplicazione delle libere scelte -individuali,

RkJQdWJsaXNoZXIy