Lo Stato Moderno - anno II - n.21 - 5 dicembre 1945

LO STATO MODERNO 331 n·AL PROCESSODI RIOM , AL PROCESSO PET AIN 8. • Voci d'Oltreoceano Il vero processo contro i ,responsabili della disfatta fu fatto a poco a poco, e non dai giudici, ma dall'opinione pubblica e cominciò a istruirsi da prima tra i francesi che. al momento della catastrofe si trovavano in terra straniera o allora vi si feca.rono. Scrittori come Jacques Maritain, come Georges Bernanos elevarono la loro voce dal!'America; uo– mini come il generale De Gaulle parlavano da Londra. Cos'era Vichy? « Il risultato di una forma di profondo scoraggiamento, di trist.e scetticismo, che ebbe una parte importante nella liquidazione della suprema resistenza delle nostre forze metropolitane » (De Gaulle, DiscotJrs, juin 1940- décembre 1942, Egloff, Fribourg, 1944, p. 24). • Certamen– te g.li abusi del regime parlamentare, divenuti intollerabili, ebbero come conseguenza un infiacchimento dell'autorità statale » (idem, p. 115). - Carenza quindi dello spirito pubblico e degli organi di Governo. E' la tesi anche degli scrittori che dall' Ame1ica anda– vano parlando al 111ondo.Georges Bernanos, nelle sue viru– lente Lett.,es aux Anglais, inneggiava agli inglesi che, so– stenuti da un'enorme, inflessibile certezza, da una fede in– discussa, avevano creduto all'incredibile, avevano materiato in realtà quello che appena avrebbe potuto essere un sogno di fanciulli - mentre la Francia aveva ceduto. Però non la Fr,ancia era crollata; non questo popolo che in una lunga teoria di generazion: per secoli aveva seguitato il proprio lavoro, il suo faticoso cammino, mentre il suo sogno di gloria fio– riva nelle gesta dei suoi meravigliosi guerrieri che cadevano nei più leggendari combattimenti; - non lui, ma que1li che si erano posti alla ,sua testa e per lui avevano capito– lato. Era ancora una volta la condanna. della classe dirigente, una condanna pronunciata tra invettive, attacchi, voli re– tòrici. Jacques Maritain istruirà invece il processo minutament~: e metodicamente in A travers le desastre che è del no– vembre 1940. Che cos'è la disfatta? Il punto di incontro di molteplici forze negative. Le correnti politiche di destra e di sinistra sono fallite, anzi, a volte, hanno fatta bancarotta fraudo– lenta. La crisi francese non è crisi della democrazia, ma della democrazia francese; ossia di una democrazia, che. escludendo il popolo - del resto privo ormai, per satura– zione, di 'interesse politico - era divenuta la cosa di una piccola categoria di persone. Il Paese era caduto « sotto l'egida di capi borghesi, che, fossero radicali o reazionari, temevano profondamente e disprezzavano il popolo; dal canto loro un socialismo e un sindacalismo, puniti con l'im– potenza e la sterilità della loro demagogia di classe, del loro egoismo e della loro falsa filosofia della vita, avevano mo– strato di non sapere far altro che disperdere le forze vive dell~ Nazione, e aggravarne le divisioni, mentre rovinavano dai di dentro le speranze e le energie del movimento operaio·». Fallimento della classe dirigente sia come uomini di governo, sia come dirigenti politici. E Vachy non era se non la conclusione logica della politica di una classe che non amava e non voleva la democrazia; che non odiava i ~egimi autoritari, e che nell'armistizio vedeva l'occasione di liquidare la prima e accordarsi con i secondi, inquadran– dosi nell'ordine nuovo ». Ma di fronte a questi, quella che de Gaulle chiamava· la Francia « reale, popolare, profonda " rimane sana. Là crisi . è politica, non è crisi della Nazione, non è crisi di popolo. Tuttavia il Maritain - più misurato del Bernanos - non liquida di colpo tutta la borghesia nella quale era pur in atto, alla vigilia del conflitto, un processo di rinnovamento da questo interrotto. Vichy è l'emanazione del passato - lasciate che i morti seppelliscano i morti. La responsabilità della disfatta non pesa tanto_ su uo– mini singoli quanto su di un intero ordine sociale - vi– viamo una crisi di civiltà. Le masse hanno facilitato e ac– colto le forme tòtalitarie che soddisfacevano un antico loro desiderio di essere irreggimentate; le minoranze responsa– bili - in Francia come altrove - sono venute meno al loro ufficio: i chierici hanno tradito; e il risultato inevitabile è staia la guerra. Tuttavia il bilancio si chiudeva per tutti con un attivo più o meno ricco, ma un attivo non c'era. La soprastrutture sono crollate, l'ossatura della società è scossa, ma il mate- . riale per la ricostruzione è ancora lì, sano; i futuri quadri usciranno dalle nuove generazioni rifatte spiritualmente, rfu– sanguate da elementi socialmente giovani. Un futuro, per il quale al tempo nostro incombe il compito di tracciare lo schema, di ge_ttare le fondamenta. Prima neces9ità inderogabile è il rendere impossibile il ripetersi della situazione della quale siamo vittime. « Niente garantirà la pace, niente salverà l'ordine del mondo, se il partito della libertà non riuscirà, nell'ambito dell'evoluzione imposta alla società dal progresso meccanico moderno, a co– struire un ordine in cui la libertà, la sicurezza, la dignità di ciascuno siano esaltate e garantite a un punto tale che gli appaia più desiderabile di • qualsiasi vantaggio offerto dalla sua scomparsa » (De Gaulle, op. cit., p. 195). Ne! quadro di quest'ordine « io stesso e l'immensa mag– gioranza francese della quale conosco le opinioni, siamo ir– revocabilmente decisi a riconquistare nella loro pienezza la libertà nazionale e la' forma repubblicana di governo» (idem, p. 239). ·Ecco perchè noi vogliamo « restituire la parola al popolo, non appena gli avvenimenti gli permetteranno di far sapere liberamente quello che vuole »(idem, p. 178). Le strade di Parigi, le strade di tutte le città di Francia in quelle sere del lugubre inverno 1940-41 erano oscure, silenziose, nebbiose - nessuna luce filtrava dalle imposte chiuse. Eppure si sentiva, si sapeva che dietro a quelle mura, c'era gente che vegliava. Vegliavano in ascolto da– vanti alla radio la quale, attutita, portava queste voci che facevano il bilancio del passato, pronunciavano la condanna di un mondo, tracciavano a lettere di speranza lo schema di una realtà a venfre che pareva a volte in qµei giorni d'incubo impossibile potesse mai sorgere, ma in cui si vo– leva, si doveva avere una fede incrollabile per sopportare l'ora che si s~va vivendo. FEDERICO FEDERICI

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