Lo Stato Moderno - anno II - n.20 - 20 novembre 1945

LO STATO MODERNO 301 INGHILTERRA E MEDIO ORIENTE E' necessario, per avere un quadro relativamente chiaro e completo della politica inglese nel Medio Oriente, scen– dere per il corso degli anni e degli eventi dalla metà del secolo scorso ad oggi, cominciando da un esame del pro– cesso di disgregazione de:l'Impero ottomano, per arrivare a quelli che sono i problemi attuali di tale politica. Risulterà, da questo breve riandare nella storia, che alcuni « motivi » risuonano in continuità, ora come allora, e, più che da mo– venti specifiéi, prendono vita con profonda radice, da quello che è il substrato di tutta la politica inglese: la forza d'e– spansione de!J'Impero e la sua solidità da garantire innanzi tutto e sono concretati nei vari e successivi aspetti della difesa ad oltranza della via verso le Indie e l'Australia; del– l'influenza politica e conunerciale sull'Egitto, sulla Penisola Arabica, sulla Siria e la Palestina; della necessità di man– tenere intatto il prestigio tra i popoli Arabi; dell'inF.uenza sui paesi del Mediterraneo orientale, in gara con la Francia in declino. A questi « motivi » che si potrebbero chiamare temati– camente dominanti se ne intrecciano altri, diciamo, secon– dari (se pure è possibile in politica fare definite graduatorie di valori) quali gli interessi strategici, industriali e commer– ciali, rappresentati dallo sfmttamento dei petroli dell'Iraq e del'ia Persia. L'Impero Ottomano, il cui grande corpo era in sfacelo dalla fine del secolo XVIII, si teneva ancora insieme sull:i metà del secolo scorso, più per interventi esterni che per coesione interna. Così l'Inghilterra, sino alla fine del secolo, mentre sotto la spinta delle forze interne l'Impero Ottomano si disgre– gava in Europa, si limitava, nel Medio Oriente, alla fun– zione di accorta guardiana dello status quo. E' indubbio che l'Inghilterra, pure essendo il più grande Impero coloniale, ha agito solo quando le necessità derivanti dal suo vasto corpo lo hanno richiesto, ed in funzione di esso: mai per sola ambizione di conquista o per romantici, e per ciò disa– strosi, sogni imperialistici La Francia aveva nel Medio Oriente una posizione, de– gli interessi tradizionali: le spedizioni crociate erano state seguite da un intreccio di rapporti commerciali mai interrotti nei secoli, cui rapporti culturali e politici si erano legati. Essa era, sulla fine del secolo scorso, la sola temibile concorrente nella gara di influenze nel Mediterraneo orientale, la 15ola Potenza la cui presenza sul Canale (inaugurato nel 1869) potesse fare temere. E' per ciò che, salvo brevi momenti di stasi, ora aperto ora velato, sarà continuo e serrato il duello politico tra le due grandi Potenze, e solo ai nostri giorni esso si potrà considerare chiuso con la perdita, da parte della Francia, anche dell'influenza nell'ultima sua rocca, la Siria. La grande guerra del 1914 trovava l'Impero Turco mo– rente: dopo l'ascensione di Abdul Harnid alla Porta, molte province d'Asia e d'Africa erano state cedute: territori trans– caucasici alla Russia, Cipro alla Gran Bretagna, la Tunisia alla Francia, la Libia all'Italia. Ma c'era ancora di che su– scitare bramosie ed ambizioni: queste e quelle vennero sca– tenate dall'entrata in guerra della Turchia a fianco degli Imperi centrali. La Francia desiderava ristabilire un'influenza declinante, la Russia aveva mire sugli Stretti, l'Italia, ai primi passi come Potenza coloniale, ambiva anch'essa zone d'influe=. E l'Inghilterra? L'Inghilterra doveva cercare di equilibrare queste forze contrarie promettendo ora a questo ed ora a quello, tentando di non impegnarsi troppo a fondo e di salvaguardare le proprie posizioni future, pure curando oculatamente le necessità presenti. Prima tra tutte quella di evitare l'occupazione turca del Canale, occupazione che sembrava diventare, per un momento, realtà quando nel 1915 i Turchi, con una velocissima puntata attraverso il de– serto del Sinai, scendevano al Mar Rosso. Videro allora gli uomini politici inglesi quale grande par– tito si poteva trarre, sia a scopi strategici sia a scopi poli– tici, dalla collaborazione. contro la Turchia di una forza nuova: dalla collaborazione dei popoli arabi del Medio Oriente, che stavano svegliandosi dal sonno plurisecolare sotto il soffio di un risorgente nazionalismo. E qui si innesta questo altro elemento, che sarà poi origine di tante cliffi– coltà ed incerti per la politica inglese: le promesse fatte agli Arabi, in compenso della loro attività di guerriglia, sia dai vari agenti segreti - famoso tra tutti il Lawrence - sia da uomini politici in vista, quale Sir Mac Mahon, Alto Com– missario inglese al Cairo, sul cui carteggio del 1914-15 con lo Sceriffo Hussein si basano le più fondate pretese arabe. Come queste promesse fossero in aperto contrasto con altri impegni che il Foreign Office andava prendendo - l'ac– cordo Sykes-Picot con la Francia, che spartiva le zone d'in– teresse nel Medio Oriente, e le promesse fatte agli Ebrei per una Home nazionale in Palestina - è risaputo. Certo è che quando nel 1917, la Russia bolscevica pub– blicava gli accordi segreti del Governo zarista, tra cui il testo dell'accordo Sykes-Picot, l'Inghilterra doveva usare di molta abilità e giochi di parole per calmare l'Emiro Feisal che domandava spiegazioni. Ma proprio in questo consiste una tra le maggiori forze della politica inglese: il popolo più tradizionalista del mondo ha, in politica estera, un' organiz– zazione tra le più sciolte che esistano. Spesso gli accordi più importanti, le missioni del più grande interesse, furono per lo meno instradati, da poco conosciuti ma abili funzio– nari del Foreign Office, dotati della più larga autonomia, col vantaggio che i loro impegni e la loro opera non sta– vano su di un piano ufficiale e perciò impegnativo. La fine della Grande Guerra trovava l'Inghilterra in una ormai solidissima posizione nel Medio Oriente: e ne erano sanzione i trattati di pace. Il duello Inghilterra-Francia ter– minava, anche in questa fase, con il sopravvento dell'Inghil– terra, che, con i vari trattati di amicizia e mandati, stabiliva la sua posizione chiave nel Medio Oriente. Da allora non si può dire che l'Inghilterra abbia avuto la vita facile in questo settore; il continuo duello tra le aspirazioni arabe ed ebraiche sulla Palestina ha sempre te– nuto in stato di < chi vive > la politica inglese. Il crescere del nazionalismo arabo, il riformarsi di una solidarietà pana– raba che involve i popoli arabi dall'Iraq all'Egitto ha messo molto spesso l'Inghilterra nei più seri impicci; se a questo si aggiunge che il dissidio franco-inglese per la Siria non ha mai ceduto, avendo avuto esca dagli accresciuti interessi delle varie compagnie commerciali sui ricchissimi pozzi di petrolio d'Iraq e di Persia, e che le mire imperialistiche del– l'Italia fascista ha.nno contribuito per un momento ad au– mentare le ragioni di allarme per l'Inghilterra, si vedrà quanto difficile sia stata l'opera politica inglese nel Medio Oriente. Come si è detto, i motivi fondamentali continuano; ele– menti nuovi si aggiungono - quaU, ad esempio, le aspira– zioni russe? quali gli interessi americani? - ma l'Inghilterra è in vigilante attività e non è pensabile che per molto ancora la situazione attuale venga mutata. LUISA LENGHI

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