Lo Stato Moderno - anno II - n.20 - 20 novembre 1945

lJa coaldzione ro~era o la coa-li- 21ione rossa non saprebbero creare 1n Italia l'ambiente di libertà, se non ~i saTà una forna che della libertà demo– cratica sia garante e custode. Questa forza deve essere U partito d'azione, centro di raccolta delle forze demo– Cl'atiche, non marxiste e non confes– sionali. Invece di seguire questa strada mae– stra, noi st:amo ancora cercando un figurino, discutiamo su li a gradazione rossa che meglio cl si addice e invo– chiamo un partito che cl faccia da protettore. Tutto questo dev·essere detto forte e al più ,presto, perchè, se il partito può aspettare che le idee matu;rino, che le esperienze insegnino e che I dHet– tantl imparino, l'Italia non può aspet– tare. Tuo MARIO BONESCHI La filosofia nelle scuole medie li prof. Salvatore Cherubino, nel numero 18 di Stato Moderno, si do– manda perchè le buone intenzioni della Riforma Gentile non poterono avere, se non parzialmente e temporanea– mente, ef.llettuazione pratica ne.Liascuola seconda11ia; e, sebbene modestamente affermi di non poterne indicare, sulla base della sua sola esperienza, le ragio– ni, lo !a poi egregiamente, quando le identifica, sia, per quel che riguarda l'insegnamento delle scienze fisico-ma– tematiche, nella insufficienza dell'ora– rio ad essa destinato dall'ordinamento scolastico; sia nella prevalenza (ma è un !atto posteriore alla Riforma) di oc– cupa2lion:i extra o anti.scorastk<he, sia nel malcostume della dittatura, solle– cita solo di asservire scuola e cultura. Mi paiono altresì persuasive le sue os– servazioni circa l insegnamento delle materie scientifiche: molto meno quelle concernenti l'insegnamento della filoso– fia, in cui le esigenze metodologiche fatte valere dalla Riforma !.'eno tuttora, a mao parere, fondamenitaJmente at– tuali. Concedo senz'altro che anche l'inse– gnamento della filosofia non si man– tenne nella rea'ltà at~l'ail,tezzae ne!Jlo spi– rito dei programmd e d~le Avvertenze del Gentile, sia a cagione del carattere immediatamente politico assunto dalla scuola, sia per quel virtuosismo quan– titativo che ho altra volta analizzato in questa rivista. E se due cose mi sembrano sostanzialmente acquisite: l'inadeguatezza ai fini formativi del po– sitivistico insegnamento di psicologia, IL MONDO LE'l'TERE SCIENZE ARTI MUSICA Si pubblica il 1° e n 3• sabato del mese COMITATO DIRETTIVO: Alessan– dro Bonsanti, Arturo Loria, Eu– genio Montale, Luigi Scaravelli Giorgio Zampa: Segret. di Redazione FffiENZE - Palazzo Strozzi LO STATO MODERNO logica ed etica, e la per!etta indicazio– ne, agli stessi fini, della lettura dei classici ....: è peraltro evidente che quan– to più questo insegnamento venga sot– toposto alla corrosione delle dispe~sioni e deVliazioni e>Otl'aoU1J.tura1i, tanto più ri– schia di divenire formulistico e vacuo; cosi che in confronto ad esso risulte– rebbero ben più efficienti gl'insegna– menti filologici, e senz'altro più forma– tivo quello delle scienze fisico-mate– matiche, in cui il ragionamento dimo– strativo è ben meno passibile di con– trazioni e accoroiamenti in riassunti e schemi, com'è invece troppo spesso av– venuto, negli ultimi anni di corruzione scolastica, nello studio della filosofia. Io sono dell'avviso che, lerma rima– nendo l'esclusione di un insegnamento informativo e manualistico delle così dette branche della filosofia (psicolo– gia, logica, etica), il riconoscimento dei valori storicistici, cui non si sottrae ormai nessun indirizzo vitale della !ilo– sofia, debba continuare a prevalere. Debba continuare al punto di mantene– re, nei licei classici e scientifici, l'ab– binamento di .storia e filosofia, , a~1a condizione però che l'insegnamento della storia sia promosso sempre più nel senso della storia della cultura (che non significa, beninteso, l'abbandono dell'informazione positiva della realtà storico-politica, ma iJl suo potenzia– mento), in modo da agevolare e affret– tare la realizzazione di un insegnamento teoretico della filosofia, che, ce-rto, non è possibile senza la cognizione pelle condizioni storico-cui turali in cui sor– gono problemi e personalità di filosofi; ma questa dovrebbe essere il più pos– sibit1epresup,postia (cioè già compiuta in sede d'insegnamento della storia) alla lezione di filosofia. Sul metodo di questa, è opportuno domandarsi se sia utile insistere sulla via dello studio generale della storia della filosofia, o se non sarebbe me– glio svolgere questa prc·parazione rac– cogliendola e concretandola logicamen– te nella storia di particolari problemi. Vorrei poter presupporre tuttavia che chi &i dà a.Jl'dnsegnamento delfa filoso– fia si senta chiamato a ciò da una sch!ietta e oper,an te vocazione, che sia cioè egli stesso filosofo: non, natural– mente, in un senso acquisitamente rag– giunto, ma nel senso di un. interesse teoretico personalmente attivo: per la trattazione della filosofia nel suo svol– gdmooto stiordoo, ad opera di un tale in– segnante, poco importa che si prescri– va un programma di storia delle dot– trine o di storia dei problemi, g:iacchè in questo caso le dottrine sono proble– mi, i problemi si svolgono in dottrine, e l'insegnamento, secondo la visione pedagogica kantiana, non è informa– zione sulla scienza costituita della filo– sofia, ma avviamento e prassi del filo– sofare, al preciso livello delle coscienze, delle capacità, delle dispozioni e dei bisogni degli alunni. Messa dunque da parte a questo pro– posito la questione di principio, la cui soluzione è teoricamente pacifica, re– sta da considerare quella dell'opportu– nità e dell'efficienza pedagogica. Im– plicitamente i programmi m vigore, col prescrivere la lettura di classici In relazione a prevalenti ed espressi proble_mi, gnoseologie! o morali o peda– gogici Òd estetici (manca la prescrizio– ne relativa al problemi di filosofia del diritto e della religione, che evi– dentemente il Gentile, con una conces– sione all'empiria, faceva rientrare nel problemi morali) vogliono dar ricono– scimento all'esigenza della problemati– cità, badando naturalmente a non ria– bilitare il carattere positivistico del vec– chio insegnamento. Qui l'insegnante deve essere lasciato libero di adottare li criterio che egli giudica più adatto alla scolaresca e al momento, ora esten– dendosi sullla concatenazione logica e storica delle dottrine, ora trattando nel modo più spregiudicato il problema che preva,l.e nel testo che eg,11spiega: pur– chè in ogni classe si legga un testo classico, vivificato ma non annegato nella conoscenza del periodo di storia dei pensiero in cui è sorto: i limiti della discussione teoretica e dell'infor– mazione storica spettano alla sensibilità pedagogica e scientifica di chi insegna. La lettura del classico, per me è es– senziale; e vorrei si seguisse per la filo– sofia un criterio analogo a quello de– ~ insegnamenti J.etterari: g'1i autori maggiori (cioè I tre classici; per i quali si badi ora di non dare la prevalenza ai testi di filosofia della politica, che sarebbe un'aJltra forma cli demagogia); un manuale nè ponderoso nè semplici– stico, e sfrondato nelle correnti minori, di storia della filosofia; e una ricca antologia di testi, che dia modo all'in– segnante di provare su di essi, con la necessaria mobilità, la sua discussione dei problemi. Quanto agli Istituti Ma– gistrali, è in corso un ritorno all'inse– gnamento della didattica: sul quale provvedimento non posso pronunziare un giudizio, perchè è del tutto agl'inizi; ma è chiaro che la sua efficacia, come quella di ogni sapere empirico, è stret– tamente relativa ad una esperienza di tirocinio pedagogico. Insisto nel carattere storicistico da serbare all'insegnamento della filosofia - e che vorrei vigorosamente nutrito e formativo - perchè questo è il punto del mio dissenso dal Cherubino. Lo svol– gimento della storia della filosofia, o quello della stol1ia di un problema, ha il solo scopo di avviare alla compren– sione seria di un testo, e questo a sua volta è il solo mezzo che riesca a sti– molare criticamente la ricerca intorno alla struttura e al concetto di un aspet– to della realtà, e alle questioni che vi sono connesse, e che nel loro complesso coshtuivano le partizioni ~•insegna– mento preriforma. Queste poi erano ef– ficaci nella misura in cui il professore ricorreva ad accorgimenti analoghi a quelli poi prescritti programmaticamen– te dal Gentile. L'essenziale, dunque, ancora una volta, non sono programmi e metodi ministeriali, ma preparazione scientifi– ca, interesse personale, vocazione peda– gogica dell'insegnante; e il valore dei programmi del ministro Gentile non deriva dall fatto che il Gentile fosse mi– nistro, ma da quello che ministro fosse, appunto, Gentile. UMBERTO SEGRE

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