Lo Stato Moderno - anno II - n.20 - 20 novembre 1945

314 scopo dichiarato del più acceso sioni– smo. Il difetto maggiore dello schema risulta dal fatto che la Palestina è una unità economica e la aivisione del pae– se implica dilficoltà commerciali e fi– nanziarie formidabili che ne ritarde– rebbero il progresso. E' possibile che una soluzione si possa eventualmente trovare in una Palestina federale dopo un periodo transi torio del sistema di divisione; ma il tempo per tale solu– zione non è ancora giunto. L'odio raz– ziale è troppo intenso. La commissione (tecnica) Woodhead è stata inviata nel 1938 per la demar– cazione delle frontiere e per elabora– re uno schema dettagliato per una Pa– lestina tripartita. Gli Arabi si manten– nero inflessibllmente ostili all'idea del– la tripartizione e boicottarono la com– missione. Allora il Governo inglese invitò i capi arabi ed ebrei ad una conferenza a Londra. Si concepirono grandi spe– ranze che finalmente questo spinoso problema sarebbe stato risolto in base ad un accordo comune. Sfortunatamen– te, alla Conferenza della Tavola Roton– da non si ebbe neppure un principio di discussione, poichè entrambi, Ebrei , Arabi, rifiutarono di incontrarsi nella stessa camera. Malgrado gli strenui sforzi dell'ahlora Minisbro Mac Donald, si ebbe un completo fallimento: e la conferenza si sciolse senza nulla aver concluso. LO STATO MODERNO Nel 1939 l'Inghilterra abbandonò l'i– dea della tripartizione. In un libro bian– co pubblicato a quel tempo fu stabii!ito che altri 75.000 ebrei saranno ammessi in Palestina entro i prossimi cinque an– ni. Gli ebrei formerebbero così la terza pa,rte di tubta la popolazione, la loro speciale posizione sarebbe salvaguar– data, e la promessa Balfour del natio– nal home sarebbe mantenuta. Dopo il 1945 gli Ebrei non sarebbero più am– messi in Palestina se non dietro con– senso arabo: l'indipendenza della Pale– stina è stata promessa per il 1949 pur– ché per allora vengano raggiunte con– dizioni di stabilità. Ora il Presidente Truman ha chiesto il benestare dell'Inghilterra per far ammettere altri centomila ebrei in Pa– lestina; è attesa fra breve una dichia– razione ufficiale di Attlee. Nell'Europa centrale vi è un gran numero di Ebrei senza casa. La loro situazione, come quella di molte centinaia di migliaia di persone trasferite con la forza, è deplorevole e le Nazioni Unite hanno l'obbligo morale di venire in loro aiu– to. In Palestina la popolazione araba aumenta rapidamente e per di più sem– bra verosimile che debba far sempre maggior assegnamento sul lavoro sup– plementare che la nuova industria e– braica potrà dare. Sembra quindi il caso che l'ammis– sione di altri immigranti ebrei abbia un fondamento economico ed umanitario, cioè che l'immissione sia accuratamen– te selezionata e regolata, e· che - questo è vitale - ciò ,possa àver luogo col pieno consenso degli Arabi. Le Nazioni Unite non possono chiudere le loro por– te ai rifugiati ebrei calcolando che es– si sono sufficientemente forti per for– zare gli Arabi ad aprire le loro. Il Me– dio Oriente è una miccia di cui la Pa– lestina è l'esca; e un simile tentativo lo incendierebbe. La Lega Araba rap– presenta il risorgimento del nazionali– smo arabo, il che significa che si deve andar cauti, se non si vogliono compli– cazioni belliche. Enitirambi, :Ebrei ed Arabi, sono ben forniti di armi. Gli Stati arabi hanno dichiarato la loro buona volontà di accogliere ebrei profughi dall'Europa, ma nel limite di un concordato schema internaziona– le. L'Eritrj:?a o il Madagascar sono stati suggeriti come regioni adatte per l'as– sorbimento di una estesa comunità e– braica. Gli Stati Uniti e l'Inghilterra non devono permettere di essere spin– ti da una pressante campagna del sio– nismo estremista ad una soluzione e– goistica a spese del mondo arabo che reagirebbe mettendo gli Ebrei d'Eu– ropa immigrati in una situazione ter– ribile. Infatti, se lo facessero, provoche– rebbero indubbiamente una guerra in Palestina, guerra che sarebbe fatale per la futura cooperazione arabo-ebraica, cui si deve tendere sempre e malgrado tutto. HARLOW VINCENT LETTERE ALLO STATO MODERNO Viaggi di Gulli,•er m Italia Lettera a Gi1tliano Pi.schel Caro Giuliano, Non credo di abbandonarnti ad una psicosi di panico se rilancio ingrandito il tuo allarme, non più come allarme sòltanto per H P. d. A., ma come allar– me per la democrazia. Il P. d. A. è il più concreto tenta– tivo di realizzazrlone di una democra– z.ia in Italia e l'allarme per l"uno è allaMTI:e per l'altra. Che cosa minaccia di diventare l'I\Jalia se il nostro par– tito fallisce, cioè se fallisce una de– mocr,azia, armata del!le vecchie e glo– rdose tradizioni della democrazrla ita– liana, forte di una piena coscienza del– la funzione umana del liberalismo e de I socialismo, rinvigordta dall'acuta visione dei problemi nuovi? Diverreb– be quelJa che era l'Austria prebellica, un paese dove un partito marxistico ed un partito clericale dominavano la scena, e dove la democrazia e la li– bertà risultavano non già da solida condizione ambientale, ma dalla neu– tralizzazione d>i queste due forze, le quali possono avere una funzione li– berale, ma non hanno certo un'anima liberale. Hai fatto bene a parlare. Noi dob– biamo affermare oggi il « non posso tacere • che, in og,ni uomo di coscien– za, ad un certo punto Vlince gli scru– po:d di riserbo. Ti i,i<:ordi? Noi ci siamo conosciuti vent'anni fa nei corridoi dell'Univer– sità di Milano; allora tu eri socia,1ista ed io semplicemente anti-fascista. Non volevo fissarmi una corrente determi– nala perchè, se credo a principi etenni cd immortali, sono convinto che un concreto progr:unma po!Jitico corri– sponde solo ad un determinato ciclo. Sapevamo allora che il fascismo non sarebbe caduto •se non dopo molti anni e grandiose vicende, e mi pareva che soltanto da questo complesso di anni e di eventi sarebbero emersi i caratteri del ciclo nuovo. Ci siamo rutrovati nel P. d. A. appunto ,perchè il nUOV'Oci– clo si era delinealo e concordavamo nella valutaz?one del moto del'1a storia e quindi dell'azione da esplicare. I pr,incipì sui quali ci eravamo trovati d'accordo noi e tanti altri erano sem– plici: il campo sociale aperto a tutto quel.lo che la situazione permettesse di realizzare, le necessità di libertà più che mai rjatfermare, la democrazia da fondare. Purtroppo questa visione lim- pida del nostro compito è stata offu– scata, ed abbiamo v,isto il partito di– venire il campo di frazioni organizzate in forma di sette più o meno clande– st.ine, tendenti ad ogni costo ad intro– durre da noi LI morbo che ha paraliz– zato tanti altri partiti e cioè la divi– sione in tendenze, la lotta intestina tra una così detta Destra ed una cosi det– ta Sinistra. Nessun contenuto, nessuna dillerenza seria di programma giusti– Hcava la spaccatura del partito, ma essa destò immediatamente lo spirito fazioso che sonnecchia in ogni ital:a– no. Bastava in un determinato mo– mento dire una cosa sensata, disap– provare un atteggiamento demagogico, per essere immediatamente bollati col marchio « destrismo», che ai timidi fa tanta paura. Naturalmente il marchio non poteva non raggiungermi, perchè io non potevo non dire il fatto suo a chi fa della politica una scuola di de– clamazione. Del che sono molto soddi– sratto perchè vale a con.trappesare la compromettente qualifica che un gior– no mi diede Roveda dopo una discus– sione su problemi conoreti di autono– mia locale: • tu sei di estrema Sini– stra •, o l'epiteto di comunista largi-

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