Lo Stato Moderno - anno II - n.20 - 20 novembre 1945

LO STATO MODERNO 313 DOCUMENTAZIONE Il problema palestinese Il piccolo paese della Palestina pre– senta dei problemi che fanno strappa– re i capelli agli uomini di modesta in– telligenza, e fanno correre gli estremi– sti ai loro cannoni. Tutti i partiti in– teressati hanno buone ragioni; ne con– segue che qualunque cosa facciano in merito l'Inghilterra o gli Stati Unitit ogni decisione non può non infliggere qualche ingiustizia ed essere pertanto giudicata severamente. Circa 900 anni prima della nascita di Cristo, gl'Israeliti occuparono la Giu– dea e vi vissero per circa mille anni prima che i Romani saccheggiassero Gerusa,lemme e li disperdessero. Nel 632 d. C. gli Arabi conquistarono la Pa– lestina e da a·llora vi sono rimasti: so– no circa 1300 anni. Dal giorno della diaspora, il popolo ebraico si sparse per tutto il mondo assimilandosi sotto vari aspetti agli abitanti dei paesi che die– dero loro asilo, ma non mai interamen– te: senza avere una loro propria pa– tria, essi son riusciti a qualche cosa di unico nella storia, conservando la loro religione e identità razziale in ogni paese in cui emigrarono. Essi hanno resistito al normale pro– cesso di assorbimento; di qui nasce il problema ebraico. Gli ebrei costituisco– no infatti una sfida continua al nazio– nalismo del territorio dove essi si tro– vano, e a mano a mano che il naziona– lismo si è fatto più acuto e barbaro, le sofferenze del popolo ebreo si sono fatte più terribili. Ha perso in en– trambi i sensi. Soffre perchè persiste nel rimanere estraneo entro lo Stato nazionale. Nello stesso tempo ha più stretti rapporti di civiltà e d'interesse coi suoi concittadini d'Inghiltena o degli Stati Uniti che non coi suoi corre– ligionari di Polonia o di Germania. Pur tuttavia egli insiste nella creazione di uno stato ebraico in Palesti-na, la pa– tria dei suoi antenati. Nel 1915 gli Arabi prepararono una rivolta contro i loro padroni turchi, ma prima di mettersi dalla parte degli Al– leati vollero assicurarsi che Ja vittoria av.rebbe rappresentato per loro l'indi– pendenza e non il trapasso da un pa– drone ad un altro. Vi fu un lungo scambio di lettere fra .i capi arabi e MacMahon, alto commissario inglese in Egitto; il risultato fu che l'Inghilter– ra promise solennemente di riconoscere e appoggiare l'indipendenza araba per tutto il territorio del Medio Oriente, che, secondo il punto di vista arabo, comprendeva anche la Palestina dove la popolazione era per il 90 per cento ara– ba. Venne pÒi la brillante decisiva cam– pagna di una armata inglese al co– mando del generale Allenby con l'aiu– to arabo. Il 2 novembre 1917 il ministro degl! Esteri Inglese Balfour inviò una lette– ra a Rothschild con delle dichiarazioni ufficiali che dovevano essere portate a conoscenza della federazione sionista; eccole: « li Governo di Sua Maestà considera favorevolmente la scelta dehla Pallestina nattona! h.ome per il popolo ebraico, e farà tutto il possi– bile per facili tare il raggiungimento di questo scopo, restando chiaramente in– teso che nulla sarà fatto che possa pre– giudicare i diritti civili e religiosi del– le comunità non ebraiche esistenti in Palestina o i diritti e la condizione po– litica di cui gli ebrei godono presso qualunque altro paese •. Tale formula era stata precedentemente approvata dal Presidente Wilson. Nel 1919 l'Emiro Feisal, per conto de– gli Arabi, invitò la Conferenza della Pa– ce ad inviare una commissione in Si– ria e Palestina per studiare i desideri di quelle popolazioni. Alla fine della sua indagine la commissione si pro– nunciò contro l'estremo schema sioni– stico, cioè la formazione di uno Stato ebraico, proponendo agli Stati Uniti di assumere il mandato per la Palestina e la Siria. L'America si -rifiutò e nel 1922 l'Inghilterra accettò il mandato per la Palestina, affidatole daUa Lega delle Nazioni col doppio obbligo di pre– parare la popolazione al più presto pos– sibile all'indipendenza, e neHo stesso tempo di stabilirvi la nazione ebraica, • salvaguardando• (così dice l'artico– lo 2) « i diritti civili e religiosi di tutti gli abitanti della Palestina senza ri– guardo alla loro razza e religione». Nello stesso anno il Governo britan– nico fissò le sue vedute in materia in una dichiarazione politica ufficiale. Il nationa! h.ome ebraico in Palestina, venne dichiarato, non significava « im– posizione di U!la nazionalità ebraica agli abitanti della Palestina in gene– rale»; vi sarà una immigrazione di E– brei ma • questa immigrazione non può essere di tale entità da superare la capacità economica del paese. Nei dieci anni successivi vi furono disordini periodici; una commission!? britannica d'inchiesta f uinviata sul luo– go da dove mandò rapporti annuali alla Commissione permanente dei mandati. Poi, nel 1933, con l'avvento al po,– tere di Hitler in Germania, la situazio– ne mutò interamente ed in modo par– ticolare_ quando coi suoi mostruosi de– creti di Norimberga si iniziò la medi– tata politica che fino a quest'anno ha spazzato via i cinque ottavi degli E– brei d'Europa. Per conseguenza l'afflus– so di capitali ebrei e di persone ebree in Palestina aumentò rapidamente. Nel 1935 vi arrivarono sessantamila colo– ni ebrei - numero quasi corrisponden– te al totale della popolazione ebraica della Palestina prima del 1914. Gli A- rabi non erano contrari, personalmen– te, al vendere le loro terre agli Ebrei a prezzi elevatissimi, ma si allarmarono sempre più per il numero di Ebrei che arrivavano. Perciò nel 1936 gli Arabi insorsero e la rivolta durò fino al 1939. Per tre anni le truppe britanniche fu– rono costrette a condurre una guerra organizza la contro gli Arabi i cui padiri guardavano a Allenby come al loro eroi– co liberatore. Nel 1936 un'altra Commis– sione reale - la commissione Peel - · venne invitata in Paleshna per esami– nare la situazione e sottoporre eque proposte per uscire dalla crisi. Dopo una inchiesta esauriente si venne alla con– clusione che la gravità di una malattia richiede un rimedio drastico. • Manife– stamente • la commissione scrisse nel suo rapporto • il problema non può es– sere risolto da-ndo o agli Arabi o agli Ebrei tutto ciò che vogliono. La rispo– sta alla domanda « chi di loro alla fine governerà la Palestina? • deve sicura– mente essere • nè gli uni nè gli altri•· Non crediamo che nessun uomo po-liti– co giusto penserà, ora che la speranza di armonia fra le razze si è dimostrata insostenibile, che l'Inghilter-ra debba o sottoporre al Governo arabo quattro– centomila Ebrei (ora mezzo milione), l'immigrazione dei quali in Palestina è stata per la maggior parte facilitata dal Governo britannico ed approvata dalla Lega delle Nazioni; o che, se gli Ebrei dovessero divenire la maggio– ranza, un milione circa di Arabi deb– ba essere sottoposto al loro governo. Ma, mentre nessuna delle due razze po– trebbe governare giustamente tutta la Palestina, non vediamo la ragione per– chè, se fosse possibile, ogni razza non possa governare una parte del paese •· La commissione ha di conseguenza suggerito una specie di giudizio di Sa– lomone. La Palestina dovrebbe essere divisa. Nella zona costiera dove la co– lonia ebraica è più densa vi dovrebbe essere uno Stato ebraico indipendente che sarebbe paturalmente libero di ac– cogliere tanti emigranti quanti ne pos– sono consentire lo sviluppo di industrie secondarie e una più fitta colonizza– zione. Una seconda zona dovrebbe es– sere temporaneamente tenuta sotto mandato; in essa i coloni, sia Arabi che Ebrei, pot.rebbero beneficiare delle pro– _gettate bonifiche. Nel resto del paese gli Arabi dovrebbero avere la tanto at– tesa indipendenza. Il grande merito dello schema della commissione Peel consiste nell'aver da– to sicurezza e completa libertà di azione agli Ebrei in una zona, permettendone lo sviluppo in una seconda. Ha dato anche agli Arabi nel resto, non soltan– to l'indipendenza, ma anche il sollie– vo dai timore di vedere la Palestina invasa da una maggioranza ebraica -

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