Lo Stato Moderno - anno II - n.19 - 5 novembre 1945

274 LO STATO MODERNO i;chemi - alcunchè di simile, emettono alti lamen– ti e forti strida di sapore talvolta grottescamente na– zionalistico. Frutto anche questo di una visione pu– ramente demagogica della vita politica. Se dunque il mondo si va progressivamente bloc– cando occorre che l'Italia decida, e decida tempesti– vamente, di assumere il proprio posto di responsa– bilità in uno di tali blocchi. Può darsi che taluno sorrida alla parola . decisione » e pensi in cuor suo che noi purtroppo non siamo in grado di decidere, e che sarà la situazione, saranno gli altri e decidere per noi. Chi ragionasse in tal modo dimostrerebbe di non aver compreso che la politica è l'arte di ade– rirè tempestivamente, rapidamente, coraggiosamen– te alle situazioni che si sono create, senza attardarsi in pericolosi e ingannevoli rimpianti, o in incerte esitanze; e che solo così si può riafferrare il timone degli eventi e tentare di drizzarlo in conformità ai propri interessi e alle proprie aspirazioni. In caso contrario si è solo eterni succubi dei movimenti del– le cose, che sono poi interessi e aspirazioni altrui. Ir. Europa si vanno disegnando due grandi gruppi, l'uno intorno alle potenze anglosassoni, l'altro intor– no d!la Hussia. Non escludiamo eh..:: domani il gio– ~o delle •·0rze possa diventare più !argo e quindi più libero, e che, per agevolare il sorgere di questo domani non convenga a noi sin da oggi intrattenere più stretti rapporti con altre potenze, per e.5empio con la Francia che, insieme con noi, ha grandissime possibilità di recupero. Dico soltanto che - anche per raggiungere questo fine di una maggiore mobi– lità di politica estera - è necessario per noi appog– giarci fortemente, saldamente, sicuramente a quel– lo dei blocchi che meglio risponde alle nostre tra- dizioni e ai nostri interessi, e cioè al gruppo anglo– sassone. Non si dica che questo avrebbe il sapore di un atto ostile verso l'Unione Sovietica. Nessuno di co– loro che potrebbero lanciare questa accusa si sogne– rebbero mai di affermare che quegli stati i quali per motivi geografici, economici e politici fanno franca– mente adesione al blocco russo attuino per ciò stes– so una politica ostile agli anglo-sassoni. Possono es– sere argomenti polemici, ma non sono argomenti se– ri. La collaborazione alla costituzione di un nuovo equilibrio internazionale è atto di cordiale saggezza verso tutta la comunità degli stati, ed è del resto l'at– to più normale di una sana politica estera. Del resto, il dibattito serio non può essere, in ve– rità, sulla metodologia della nostra politica estera. Nessuno oserà pensare alla possibilità di un nostro atteggiamento indipendente quando le nostre fron– tiere dipendono da decisioni altrui, quando la nostra ricostruzione interna dipende dall'afflusso di capi– tali esteri, e quando è chiaro per tutti che questi verranno soltanto - almeno in un primo momento - più per spinta politica che per spinta economica. Non sono certo gli investimenti utili che oggi man– cano nel vasto mondo, tutto fremente di nuove e sconfinate possibilità che attendono solo gli adegua– h mezzi finanziari per tradursi in opera. Il dibattito dunque non può essere metodologico: il dibattito è di decisione politica. Si pone per l'Italia il problema della scelta di una comunanza interna– zi_onale. E il problema non può essere nè eluso, nè differito. Si tratta del tema pregiudiziale ad ogni no– stra ripresa. MARIO PAGGI Trieste e l'unità sindacale Questa è dedicata ai credenti (non ai fautori) ,11elsinda– cato unico apolit-ico. A Trieste, durante l'occupazione jugoslaoa, furono orga- 11izzati i sincwoati unici che ,doveoano raggruppare tutte le forze lavoratrici della città. l sindacati unici, 11aturalmente, fecero titto d'adesione alla Confederazione ;5indacale Jugo– slava di Belgrado. Sopravvenuta J'occiipazione alleata, i lavora/ari di fede ita/ia11a 11011 tardarono a wtaccarsi dai sindacati unici e crea– rono i sindacati giuliani e, poichè Trieste è ancora parte in– tegrante dello stato italiano, si ritenevano rpacificamente mem– bri della Confederazione Generale ltal-iana del Laooro. Furono suo/ti 1;aritentatiDi di composi::ione del conflitto. ma tutti naufragarono per la pretesa messa aoanti dai sinda– cati unici che si rinunciasse a far •parte della Confederazione Generale Italiana del Laooro. Per rendersi conto della reale situazione Ja C.G.l.L. man– dò a Trieste quattro suoi delegati, appartenenti rispettioo– mente ai partiti comunista, socialista, democratico-cristiano e di azione. l delegati si recarono isul luogo, soolsero la /,oro missione e tornarono formulando una dichiarazione ,li fatto com11ne e tre co11c/11sionidiuerse. Nella dichiarazione comune si riconosce come uerità obiettiva che i sindacati unici tinsistano nella opposizione ad una adesione alla C.G.l.L., mentre i sindacati giuliani sono decisi a non moUare s11 11110 q11estione che è di .semplice ap– plicazione del diritto comune, in base aJ.la non contestabile appartenen::a attuale di Trie1,·te allo Stato italiano. Si ag· giunga che, (l1Jendo i sindacati giul-ianiiespresso ,il desiderio rche un osserootore defla C.G.l.L. si stabilisse a Trieste, i !Sindacati unici hanno fatto sapere che -in questo caso analoga r·ichiesta sarebbe da loro ai;an:.ata alla Confederazione del Lar;oro fo. goslaua. Le tre concl11sionisono .del seguente tenore: una, a firma del rappresentante dei partiti democratico-cristiano e d'a::ione, conclude per la ineccepibilità del di,ritto - dovere dei larora– tori triestini di far parte de/la C.G.I.L.; la seconda, firmata dal rappresentante socialista, conclude allo stesso modo, co11 qualche riserva di carattere puramente formale in ordine a/111 non ancora aove1111tacostituzione di una Camera Confederale del Lavoro in Trieste; la t:erza, del ruppresentante comunista. cono/ude per la non ammi~sione alla C.C.l.L. dei laooratori triestini. Giova aggi.ungere che il partito ~omunista gi11Jiano in data 24 settembre 1945 uotaua una 'l'isoluzione con c11i .1i chiede /'annessione della regione gi.iilia e di Trieste alla Fc· derazione Jugoslaoa. Questo interessante coso in cui si intrecciano così sottil• mente politica sindacale e politica internazionale ci è ;em· brato utile segnalarlo all'atten:::ione dei nostri lettori. VITTOR

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