Lo Stato Moderno - anno II - n.18 - 20 ottobre 1945

LO STATO MODERNO :Hl7 LA DONNA NELLA SOCJETA' D'OGGI Nei momenti di massima crisi, quando più grave è la con– fusione ed urgono necessità vitali, parrebbe buona norma ri– durre al minimo il numero dei problemi da risolvere e scar– nificarli fino ai loro termini fondamentali. Purtroppo in Italia l'amore alla retorica ha superato ogni limite, le mosche coc– chiere si moltiplicano esattamente come le mosche fuor di metafora, e ai più non par vero di riuscire a scovare un pro– blema da prospettare, gonfiare e lanciare al vento come un pallone. Ed ecco per contrapposto, nel popolo di cui fu ma– gnificato un tempo il raro equilibrio, ecco sorgere in questo popolo, fra i pacifici cittadini di buon senso, il deleterio fenomeno dell'agnosticismo e dell'irrazionalttà trionfante; ecco uscire applaudito alla ribalta l'uomo qualunque, l'uomo per cui i problemi o non esistono o si risolvono da sè, purchè tutti continuino pacificamente il proprio mestiere. Come è difficile resistere all'uomo qualunque, perchè l'uo– mo qualunque « ha sempre ragione». Confessiamo di averne subìto il fascino per un istante; confessiamo per esempio che, dinanzi ai vari fronti e associazioni femminili, dinanzi agli articoli e alle riviste che si intitolano « Noi donne:., « Ugua– glianza » e simili, siamo state prese dalla necessità di escla– mare con disprezzo: « Il problema della donna non esiste». Ma poi che un breve esame psicologico ci ebbe mostrato alle radici della nostra affermazione quasi il risentimento della nostra dignità femminile, i termini della questione ci sono apparsi i;otto una luce più chiara. · Se si intende di porre in Italia il problema della donna come battaglia per alcuni diritti civili e politici (pareggio dei salari, diritto a perorare in tribunale, a sedere al governo, eccetera) allora la questione è veramente superata, noi com– batteremmo una battaglia già vinta. In questo senso la que– stione femminile era viva quando la consuetudine vietava alle donne le vie dello studio e del lavoro, quando suonava scandalo ogni tentativo sulla strada della indipendenza e del progresso. Ma ormai le vie sono sgombre e Io sono larga– mente da mezzo secolo e più, nè ha, da un punto di vista giuridico, grande importanza che la battaglia sia stata com– battuta in Inghilterra, in America e in Russia, piuttosto che qui: perchè ormai il mondo è così limitato, che le conquiste di un paese sono presto patrimonio di tutti e, purtroppo, cosi nel bene come nel male. Di ciò sia prova che il voto alle donne è stato concesso in Italia, senza che le donne l'abbiano chiesto. Ma se spostiamo la questione al campo morale, dalla legge al costume, allora siamo costretti a riconoscere che il problema della donna è più che mai vivo, non solo in Italia, dove è mancato il soffio rinnovatore del femminismo, ma an– che, sotto diverso aspetto, altrove, dove le necessità della lotta, lo sforzo d,i màntenere le posizioni raggiunte, e l'esten– sione della libertà a larghe schiere di individui non preparati ad usarne degnamente, hanno condotto talvolta, nella teoria e nella pratica, al di là di alcuni inalterabili limiti umani. Il problema della donna si presenta dunque come un pro– blema di coscienze. Si tratta non più di affermare un diritto, ma di stabilirne le ragioni e i limiti, ragioni e limiti che da– ranno all'erma bifronte del diritto anche il volto più severo e difficile del dover~. Può la donna, rimanentlo tale, con tutti i suoi attributi fisiologici e psichici, assolvere i cosiddetti nuovi compiti che chiede di assumere? In che consistono questi nuovi compiti? Deve la donna tentare con tutte le sue forze di partecipare pienamente alla vita pubblica? Gli infiniti esempi di mogli e madri che, senza trascurare le loro fami"lie, lavorano tuttavia di testa e di braccia, fuori di casa, rappresentano di per sè una risposta alla prima. do– manda. La maternità, grave scoglio contro cui s'imbattono in Italia gli antifemministi, sta alla donna come l'acqua ai pesci: è la sua caratteristica fisiologica, è ciò che fa della donna la donna, così fisicamente cl;ie psichicamente. Comporta delle fatiche fisiche e delle cure spirituali che l'uomo non conosce, cure e fatiche che tuttavia, salvo casi rarissimi ed eccezionali, possono se mai interrompere l'altro lavoro ma non lo esclu– dono necessariamente. Limitare per questo i campi dell'at• tività femminile sarebbe assurdo: se è chiaro che sarà par– ticolarmente aperto il campo della pediatria, della puericul– tura, dell'insegnamento materno ed elementare, mentre com– pito proprio dell'uomo sarà ad esempio la guerra (purtroppo), in tutti gli altri campi non c'è, per dirla in termine medico, controindicazione. A parte il fatto che i caratteri son cosi vari, e in un sesso e nell'altro, che chiunque può annoverare fra le sue conoscenze uomini che vedrebbe volontieri intenti al ricamo dietro una finestra, e donne buone a tagliar querce nei boschi, mi pare che ogni opera umana sarebbe più com– pleta e perfetta se l'uomo e .Ja donna vi collaborassero: essi sono come i due occhi di un medesimo volto. L'immagine di uno stesso oggetto vista dall'uno è sempre diversa da quella vista dall'altra: ma solo riunite dànno la vera figura. Ecco dunque che il problema della partecipazione della donna alla vita pubblica in tutti i suoi aspetti muta di diritto in dovere. La donna è necessaria e perciò deve prestare la sua opera, ma è necessaria come donna non come pseudo– uomo. Sarebbe lungo e difficile tracciare qui, anche in linea molto generale, un quadro che mostri le qualità diverse e corrispondenti del!'animo maschile e femminile, non solo per– chè ciò presuppone un accurato esame psicologico, ma anche perchè l'evoluzione individuale è infinitamente varia e l'evo– luzione della specie ha ravvicinato singolarmente i due sessi. Fra il popolo italiano e, in genere, fra i popoli meridionali, queste differenze sono tuttora più marcate che altrove. Co– glierle e stabilire su questa base una sempre più vera ed utile linea di condotta che precisi i suoi compiti pubblici e privati e la sua posizione di fronte all'uomo, può essere per la donna d'oggi il principio di un nuovo e più completo programma di lavoro. Sarà una specie di esame di coscienza quello che proponiamo, di cui vorremmo tracciare da questa rivista le linee generali e teoriche perchè ognuna le riportasse J1ella vita alle proprie misure, un esame che ci dica chi siamo e quale è stata la nostra storia, che faccia il punto sulle nostre condizioni di oggi e ci mostri le vie del futuro. Esame che ci aiuti a costruire dentro di noi quella femminilità, che per troppo tempo è stata confusa con l'acquiescenza, il sentimen– talismo, e la civetteria del sesso, ma che acquista la sua perfezione solo con una forte base etica e razionale. Alla luce di questa nuova ragione IJiù cose appariranno chiare: prima fra tutte, che per poter veramente fare qualche cosa occorre essere qualcuno, cioè conquistare la propria umanità; che questa completezza nella donna non esiste se essa non ha vissuto l'amore e la maternità (a menìl che un sincero anelito inappagato o una superiore rinuncia non ven– gano a colmare il vuoto); che l'indipendenza, fine ultin10 della maggior parte delle donne lavoratrici, non è un fatto esteriore ma intimo, che si impone da sè e informerà il muta– mento del costume e delle leggi quando sarà una realizzata conquista interiore. LUISA BALDACCI

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