Lo Stato Moderno - anno II - n.18 - 20 ottobre 1945

LO STATO MODERNO L'ITALIA DI DON CICCIO? Il discorso pronunciato da Francesco Saverio Nitti al San Carlo di Napoli (teatro che piaceva tanto al Borbone), lo stesso giorno in cui Parri replicava alla Consulta {studiata contrapposizione?), è stato variamente commentato. I no– stalgicidel giolittismo, che è tutt'altra cosa che Giolitti, uomo di Stato alle cui perspicue qualità facciamo tanto di cappello, hanno guardato a Napoli come ad un salvagente fra-le onde tempestose. E a Napoli, c'era tanta e tanta gente da far temere il crollo ,delle vecchie mura lesionate dai recenti bombardamenti. Il teatro, fortunatamente, non è crollato, sicchè noi, oggi, con un po' di calma, possiamo tentare un breve esame del discorso pronunciato dall'insigne studioso ed uomo di Stato. Purtroppo, brutto discorso. La lunga, particolareggiata disamina critica dei molti mali che affliggono l'Italia e dei modi con cui il governo dell'esarchia tenta risolverli, non è stata sufficientemente motivata; non sono state indagate, di quei mali, le complesse ragioni, che sono poi le sole, allorchè se ne acquisti coscienza, capaci di illuminare e di aiutare a risalire la china. E non un solo contributo costruttivo, fatta esclusione (se per tale lo si accetti) dell'accenno alla neces– sità di non fare un solo passo, in tema di riforme politico– sociali, più in là di ciò che sarà per farsi nell'Inghilterra laburista. Dunque, monarchia e via dicendo, come se, nel frattempo, nulla fosse successo in Italia, paese che è pur pas– sato attraverso una dittatura ed una guerra, la più terribile delle guerre, perduta per giunta. Nitti ha poi parlato di dittatura in atto, dittatura del- 1' esarchia. Quale dittatura? E' forse dittatura quella in cui sono possibili tutte le critiche? Semmai, si può sottolineare una certa lentezza, da parte del governo, nel porre freno alle licenze (ed anche per questo c'è una giustificazione, ove si rifletta al caos senza precedentl in cui siamo caduti tra due invasioni ed il resto). Il discorso di Nitti ha palesato, soprattutto, deficienza ed unilateralità d'informazione, misco– noscenza dei pochi ma sicuri valori che sono emersi dalla guerra di liberazione, del lento e disorganico determinarsi di forze nuove e d'una rinnovata coscienza: tutto ciò dev'essere ignoto a Nitti, se egli si sente di riproporre i termini· del problema come nel lontano 1919. Perchè, se gli aspetti esterni della situazione possono giustificare il parallelo storico, gli italiani di oggi, semplicemente, non sono più quelli di allora, Ovvero: il dramma vissuto, la lezione dei fatti, anche se non completamente recati a frutto d'esperienza, hanno generato il sentimento indifferenziato che se un mondo nuovo non dovesse rinascere da questa guerra e dalle dure sofferenze degli anni trascorsi, tutto allora sarebbe stato invano. Il discorso, poi, è stato anche un discorso « meridionale » e clientelistico, nel senso che ha abilmente puntato sul dif– fuso risentimento serpeggiante nel Mezzogiorno a riguardo dei Comitati di liberazione e del governo da essi proposto (oh infelice s/.ogan « vento del nord > !). Qualunque sia ora il destino dei Comitati di liberazione, è onesto riconoscere che una precisa funzione politica essi l'hanno avuta: co– stmire un fronte di forze progressiste (forze che sono presenti ed attive indistintamente in tutti i partiti) di contro a forze reazionarie (che, con eguale indistinzione, sono esse pure in tutti i partiti). Spariti che fossero i Comitati, è chiaro che il loro frutto più _prezioso,quello della volontà di rinno– vamento del po_poloitaliano, nessun democratico sincero vor– rebbe disperderlo. Nitti, invece, parlando come ha parlato, oltre che pronunciare un discorso ingeneroso, s'è mes~o fuori della realtà politica del paese, ha dimostrato di non inten– dere il vero significato di ciò che è avvenuto, ed ha aggiunto difficoltà a difficoltà anzichè unirsi, come 6arebbe stato lo– gico ed umano, alle nuove forze dirigenti cercando di far fecondare in esse anche il seme della sua prezjosa esperieru.u. La lotta clandestina antifascista, la guerra partigiBJJa, l'insurrezione dovrebbero, potrebbero risolversi in un puro ritorno al passato, in una restaurazione? - e questo in un Paese dove c'è poco o nulla da restaurare? Se ciò fosse, l'Italia, amareggiata e delusa, ricadrebbe nell'inerzia, sarebbe percorsa da una nuova ondata di sfiducia, rinuncerebbe an– cora una volta a diventare un Paese moderno. Quando di– ciamo ~ reazione » diciamo appunto codeste forze, che vor– rebbero farci dimenticare facilmente ogni contributo di pen– siero e di sangue per un rinnovamento non effimero della vita nazionale e sospingerci... nel teatro San Carlo per assi– stere a qualcuna di quelle rappresentazioni che le vecchie dame aristocratiche ricordano lagrimando di nostalgia. Realisti, sì; e tattici>, anche: ma a patto di contempe– rare l'attesa del Paese con ciò che le condizioni interne ed esterne ci permettono di fare, allo scopo di raggiungere al più presto un ordine pacifico e costruttivo. Che cosa vuole l'Italia? Noi possiamo soltanto dire che cosa non vuole. Non vuole essere l'Italia di don Ciccio, anche se a Francesco Saverio Nitti riconosce di buon grado emi– nenti capacità di governo. Ecco, se Nitti abbandonasse il circuito chiuso dei suoi vecchi pensieri ed aprisse il cuore ai sentimenti di questa Italia umiliata e offesa, allora, possiamo esserne certi, l'opera di quel sagace statista che egli è tor– nerebbe a frutto del Paese. Non prima, però, ch'egli abbia inteso e conciliato, in uno sforzo di sintesi generosa ed in– telligente, le ideali aspirazioni e le concrete realtà tra le quali si dibatte la ripresa della vita italiana. G. B. LA NUOVA EUROPA SETT.IM ,UU.L"E D.I POL.IX.IC.A. "E LETTEBATUB.A. Direttore: LUIGI SALVATORELLI. Redattore Capo: MARIO VINCIGUERRA. Redattori: GUIDO DE RUGGIERO, UMBERTO MORRA, PIETRO PANCRAZI. Segretario di Redazione: ALBERTO PICCONE STELLA. Direzione. Redazione·- Amministrazione R O MA - CORSO UMBERTO I, 47

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