Lo Stato Moderno - anno II - n.18 - 20 ottobre 1945

LO STATO MODERNO Qualcuno potrebbe avanzare il timore che ci sia il peri– colo di ricadere, allargando i criteri cli concessione del credito, in quella situazione di pesantezza che fu caratteristica del– !' altro dopoguerra sino al riassorbimento della crisi scoppiata nel 1929, ma non bisogna perder di vista che la forte dimi– nuzione del numero dei fallimenti bancari verificatasi negli ultimi dodici anni è solo in piccola parte dovuta al controllo esercitato dall'Ispettorato del credito ed in larga misura in– vece alla cessazione della crisi anzidetta, alla quale ha fatto seguito, per motivi noti, una continua tendenza dei prezzi all'aumento. D'altronde, è da ritenere che il grande numero d'inso!venze verificatosi allora fosse almeno in parte dovuto all'assoluta incapacità dei dirigenti. Si ricorderà, ad esempio, che molle banche cattoliche si trovarono in gravi difficoltà perchè dirette praticamente non da banchieri ma dai par- Si potrebbe obiettare che le banche in fondo accordano il credito a coloro che meritano la loro fiducia e che questa non si può imporre; ma è da dubitare che la fiducia che ispira una pe1sona debba prevalentemente essere calcolata sulla sostanza che essa già possiede e non possa, invece, avere per base la sua intelligenza, la sua intraprendenza, il suo spirito d'ini?'.iativa, quando queste qualità, senza dubbio no– tevoli, sono accompagnate da scrupolosità e onestà indiscusse. In uno Stato democratico progressista spetterebbe alle banche un'altra importante funzione, quella d'aiutare i la– voratori salariati ad emanciparsi, a svolgere cioè un lavoro senza essere più costretti a stare alle dipendenze di altri. Esiste, invero, un grande numero di lavoratori che non pos– sono fare a meno di vendere la loro forza di lavoro contro un compenso, per lo più inadeguato ai loro bisogni, solo perchè non riescono ad avere in mano un modesto capitale che sarebbe loro necessario, ad esempio, per metter su un negozio, un laboratorio d'artigiano oppure una piccola offi– cina o una casa di trasporti, da gestire singolarmente o rag– gruppati in cooperative. Quando si tratta di onesti e sobri lavoratori non si comprende perchè le banche non possano anticipar loro quelle poche decine di migliaia di lire neces– sarie a questo scopo, s'intende semprecchè le loro iniziative siano giudicate serie e suscettibili di affermazione. Dal punto di vista di una funzione più democratica del credito non merita cli essere considerata con indifferenza la quasi scomparsa della figura del banchiere privato, che adem– pieva, ad una funzione di notevole importanza. Il banchiere privato, da non confondersi collo strozzino, aveva sulla grande banca il vantaggio di conoscere meglio la clientela ed i bisogni locali e di trovarsi nella possibilità, senza dover chie– dere autorizzazioni a nessuno, di venire rapidamente incon– tro alle esigenze dei clienti, sulle quaH egli era in grado di giudicare assai meglio dei funzionari di una banca. Senza dire che a capo delle filiali dei grandi istituti sogliono essere destinate persone generalmente non del posto, che non hanno conoscenza della clientela, nè delle particolari esigenze lo– cali. Anche quando un funzionario, dopo lungo tirocinio, sia riuscito, come suol dirsi, ad ambientarsi, cioè a far sentir meno la sua iniziale impreparazione, non è improbabile che un ordine della direzion_e centrale lo trasferisca presso altra filiale, dove egli dovrà ricominciare daccapo. Bisogna c_onvenire che molte questioni locali rimangono insolute e parecchie buone iniziative lasciate cadere anche a causa dei continui movimenti dei funzionari dei grandi istituti. La presenza del bancJ-iiere privato e delle piccole ban– che, meno impastoiate in regolamenti ed ordini di servizio, riuscirebbe ad eliminare o almeno a ridurre gl'inconvenienti lamentati, anche perchè, come ben dice l'Einaudi, il far grande non sempre equivale a far bene. GIUSEPPE LANZARONE Liquidazione straordinaria Si liquida al ,miglior offerente. Un'occasione veramente straordinaria. U11'occasi01l'issima,si &rebbe in gergo c01n– merciale. Gli eserciti alleati stanno per abbandmwre il iw– stro paese, giardino rdel mondo, per molti tratti ridotto a deserto; e naturalmente no,i vogliono, non possono, riportarsi a casa tutto l'armamentario che direttamente o 'indirettamente è servito per fare la loro e la 1100.ra guerra. Non sanno che farsene. E cercano compratori. L'offerta 11on è una bazze. cola. Si calcola, infat.ti , che il valore di tutto iil materiale al– leato in Italia, il cosiddeito surplus, superi d'assai il miliardo di dollari e che il valore deUa preda bellica ex-tedesca am– monti a qualche ,centinaio di milioni di dollari. In totale, dunque, al cambio favoreoole di 100 lire per un dollaro, un valore che tocca ·i 150 miliardi di lire. · Qualcuno, di fronte a queste cifre, strabilia e gode. E pensa che i nostri govemanti si stiano facei:ido in quattro per assicurarsi così cospicua ricchezza che piove proprio dal cielo, in un momento in cui gli italiani hanno bisogno di tutto. Tanto più poi che i venditori, si pensa anche se lo si tace, non faranno difficoltà per le modalità di pagamento. Si prenda la roba e poi si vedrà. Quel ,qualcuno, però, s'inganna. I govemanti italiani, ind:affarati a discutere problemi dt alta ideologia politica, che non ,debbono essere (;Ontaminati, si capisce bene, da questi vili problemi di cassetta, lasciano passare del tempo prezioso. Cioè si Jasciano scappare roc– casione. Di mcdo che gli alleati, stufi di stare ad aspettare, hanno incominciato a vendere )a privati. E' la stessa cosa, dirà il •solito furbo. Perd1è la roba, in definitiva, resta In Italia. Non è affatto la stessa icosa. Ecl ecco il perchè. Lo stato italiano, mediante suoi organi finanziari e tec– nici, ad esempio l'I.R.I. e le Ferrovie dello stato, potrebbe accaparrarsi in blocco (e quindi a prezzi di assoluto favore) tutto il materiale alleato ed ex-tedesco, senza eccessive preoc– cupazioni per le condizioni di pagamento. E potrebbe cata– logare, selezionare, vendere ai privati lo stesso materiale a prezzi nateuolmente superiori a quelli di acquisto, che sono poi, mi si intenda bene, prezzi piuttosto teorici. Se invece la vendita rVienefatta, come è probabile uenga fatta, dagli alleati direttamente a grossi acquirenti, questi debbono sicuramente paga.re un prezzo superiore a quello che potrebbe •spuntare lo stato, oltre il fatto indubitato che i priuati debbono pagare, e subito, la merce acquistata. fooltre è da tener presente che i grossi acquirenti priuati non ~em– pre hanno ·interesse a cedere al minuto alcuni tipi di ,beni acquistati: talvolta hanno più convenienza a trasformarli in materie prime. Come sta accadendo per gli autocarri, ridotti a rottame da impiegare per nuooe costruzioni. In altre parole i piocoli acquirenti, i definitivi ocmsumatori, invece ,di ricevere subito beni finiti ad un certo prezzo riceveranno beni pure finiti, ma tra parecchio tempo, a prezzi notevolmente supe– riori. E qualcuno naturalmente ci guadagna. E questo qual– cuno non è ce~tame11te to stato. C'è poi da c011siderare la fac-;;enda del rastrellcimento dei mezz:i monetari liquidi detenuti dai privati. Poco piLÌ sopra ho detto che se fosse to stato italiano ad organizzare l'acquisto e la vendita delle rimanenze beUiche il rastrella– me11to verrebbe effettuato a suo uantaggio. Ma se, inwce, tale vendita ai privati viene direttamente fatta dagli alleati il rastrellamento toma a favore di questi. I quali, ad un certo momento, si troveranno in mano cospicue quantità di lire. Si può pensare che essi varcheranno i mari con tutta questa nostra carta mcneta? Mi pare ingenuo pensarlo. Sig1101'i, si liquida al miglior offerente! L. L.

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