Lo Stato Moderno - anno II - n.17 - 5 ottobre 1945

B 232 LO STATO MODERNU I POSSIBILISVILUPPI DI UNA RIFORMA SANITARIA Risulta che in Sicilia con provvedimenti n. 9 del 23 otto– bre 1923, n. 5 del 6 gennaio 1944 e n. 70 dell'8 febbraio 1944 del Governo Militare Alleato, è stata attuata una radicale ri– forma degli ordinamenti sanitari. Su tale riforma è stata dira– mata un'ampia relazione esplicativa. Si apprende da tale re– lazione che sarebbero stati istituiti in ogni provincia della Sicilia degli Uffici provinciali autonomi ai quali sono state demandate o:tre le mansioni sanitarie già cli competenza degli Uffici sanitari provinciali dipendenti dalla Prefettura, tutte le attribuzioni in materia sanitaria di competenza di altri Enti: come i Laboratori Provinciali di Igiene e Profilassi, l'Istituto Antirabbico, il Consorzio Provinciale Antitubercolare, la Fede– razione Provinciale O. .M.l., il Centro cli Accertamento Dia– gnostico dei Tumori Maligni, i Comitati Provinciali Antima– larici ed altri Servizi Sanitari compreso quello del rifornimento dei medicinali. Gli Uffici Provinciali si occupano anche della gestione dei servizi sanitari e a questo scopo tali uffici sono costituiti su cinque divisioni, la prima tecnico sanitario, la seconda am– ministrativa, affari generali e personale. la terza di ingegneria sanitaria, la quarta di veterinaria, la quinta di ragiuuena. Al di sopra di questi uffici è stata creata una Direzione Regionale di Sanità pubblica con funzioni direttive, ispettive e di controllo e di coordinamento sugli uffici provinciali di Sanità pubblica e su tutte le istituzioni sanitarie della Sicilia. Tutte :e attribuzioni sanitarie, che prima erano di com– petenza del Prefetto sono state devolute alla competenza del medico provinciale, salvo la presidenza del Consiglio Provin– ciale Sanitario riservata al Prefetto. Tutte le attribuzioni in materia sanitaria che prima erano di competenza del Ministero de:l'Interno sono state conferite nell'ambito della Sicilia al direttore regionale della Sanità pubblica. Ciò però soltanto temporaneamente in attesa della istituzione per tutta ritalia di un Ministero de:la Sanità, di– stinto dal Ministero dell'Interno. Una volta creato tale Ministero, la Direzione Sanitaria Regionale della Sicilia passerebbe alle dipendenze dell'organo centra:c e conserverebbe soltanto compiti di sovrintendenza sugli Uffici provinciali, e di collegamento tra il Ministero e gli uffici periferici. Secondo la relazione, la riforma sarebbe vantaggiosa in quanto darebbe la necessaria unità di indirizzo a tutti i servizi sanitari, ora s'.egati e affidati ad organi diversi e spesso in– capaci. Anche economicamente tale conceu,ramento dov1ebbe portare a rendimenti superiori a quelli fin qui ottenuti. La relazione auspica che l'ordinamento di cui trattasi sia esteso ed app:icato a tutta l'Italia, malgrado le prevedibili op– posizioni degli elementi amministrativi e in particolare delle Amministrazioni provinciali che, con l'assorbimento delle loro mansioni in materia sanitaria da parte degli uffici provinciali sanitari, vedrebbero seriamente minacciata la loro esistenza. Noi siamo nettamente contrari ad una estensione a tutta l'Italia di una riforma così concepita. Può darsi che ta'.e riforma, almeno in linea contingente, fosse necessaria in Sicilia e che ivi abbia potuto anche dare buoni frutti. Ma non crediamo che essa possa essere utile pel resto d'Italia, e ciò indipendentemente dalla preoccupazione derivante dal mantenimento o meno dell'Ente Provinçia. Siamo bensì convinti che gli ordinamenti attuali e in par- ticolare quelli sanitari abbisognino di radicali riforme. I com. piti assegnati in particolare a:le provincie in materia sanitaria sono frammentari e non coordinati fra di loro e richiedono profonde modificazioni. Siamo anche d'accordo con la relazione quando ritiene che « nessun amministrativo nè alcuna Amministrazione Pro. vinciale voglia rivendicare per sè il diritto di indirizzare e diri– gere la sanità pubblica d'Italia». Giustissimo. L'indirizzo e le direttive sanitarie debbono appartenere a un organo di Stato - provinciale o regionale - con larghi poteri e larga autorità. Non siamo più d'accordo quando si vog:ia concentrare tutta la materia in uffici burocratici sia pure dotati di una certa autonomia. E ciò anzitutto perchè l'assorbimento e la gestione di tutti i numerosi istituti assistenziali provinciali da parte degli uffici provinciali o regionali imporrebbe loro un compito nuovo a cui sono inadatti e impreparati, e che si risolverebbe nella creazione di una complicata macchina bu– rocratica di faticoso e difficile funzionamento. In secondo luogo perchè l'affidare compiti di amministrazione attiva a un ufficio burocratico, diretto da un funzionario tecnico, sarebbe un iste– rilire e parallizzare l'azione riformatrice e rinnovatrice fin qui compiuta dagli enti locali. Non bisogna dimenticare infatti che molte delle istituzioni che ora si vorrebbero assorbire uegli uffici sanitari provinciali sono sorte o sono state create per le libere iniziative dei Co- 1n1ni e delle Provincie. Il primo laboratorio di igiene e pro– fi:assi fu fondato dal Comune di Torino nel 1856: è stato questo laboratorio che ha servito di modello a tutto il resto d'Italia e anche all'estero. Il primo Dispensario antituberco– lare è stato fondato dal Comune di Milano. Dall'Amministra• zione provinciale di Milano è partita nel 1919 l'iniziativa per la creazione dei Consorzi antitubercolari. Pure a Milano e per iniziativa de:l'Amministrazione Provinciale di Milano è sorta l'organizzazione de['O.N.M.l. che poi si è estesa al resto del– l'Italia. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi. In sostanza quindi l'azione delle Amministrazioni loca:i - Comuni e Provincie - è azione creatrice. L'assorbimento da parte di un ufficio burocratico degli Istituti che i Comuni e :e Provincie hanno essi stessi creato, a parte le difficoltà di tale assorbimento, condurrebbe al pericolo di un arresto dello sviluppo e del perfezionamento degli ordinamenti esistenti. Ripetiamo la nostra convinzione che una riforma degli ordinamenti sanitari si imponga e che essa debba basarsi su principi di largo decentramento. Occorre però. intendersi su tale parola. Si ricordi cne il più sicuro decentramento non è quello « burocratico » ma è que:Io « istituzionale » e cioè quello che fa perno sugli Enti locali, i quali hanno in Italia così gloriose tradizioni. Si tenga presente che gli Enti locali sono i migliori interpreti dei bisogni locali. Gli Uffici buro· cratici sono certamente necessari e utili per l'attuazione di direttive superiori, ma sono assai meno sensibili alle correnti riformatrici e ad ogni impulso dinamico e rinnovatore. Un decentramento basato sulla creazione di uffici provin· ciali o regionali sarebbe quindi sterile e forse dannoso. Se si vuole veramente svincolarsi dal:'azione accentratrice eser· citata dallo Stato, occorre a mio parere valorizzare e rinfran· care l'iniziativa degli Enti locali, riportandosi alle tradizioni autonomistiche italiane. GIOJtGIO SOLM1

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